Improvvisazioni e pasticci nel nuovo Decreto sulla valutazione

«L’argomento della valutazione degli alunni con disabilità, DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) e altri BES (Bisogni Educativi Speciali) – scrive Flavio Fogarolo – è uno dei più caldi nelle nostre scuole, spesso occasione di contenzioso con le famiglie, e c’era semmai bisogno di una nuova normativa che chiarisse i punti ambigui, non di una, come quella fissata dal recente Decreto Legislativo 62/17, che aumenta pesantemente la confusione»

Bimbo alla lavagna con aria corrucciataDevo purtroppo tornare ancora sul nuovo Decreto riguardante la valutazione, contenente varie novità, per gli alunni con disabilità e DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento), che lasciano quanto meno perplessi. Corretto infatti, a furor di popolo, il “pastrocchio” dell’Esame di Stato del primo ciclo in merito all’obbligo delle prove equipollenti per conseguire il diploma, la lettura del Decreto Legislativo 62/17, pubblicato recentemente in Gazzetta Ufficiale, ci riserva parecchie altre sorprese ed è forte l’impressione che tutta la vicenda sia stata gestita con molta superficialità, da gente che mastica poco la questione e ha pochi contatti con la scuola reale. È triste, ma temo sia proprio così.

L’argomento della valutazione degli alunni con disabilità, DSA e altri BES (Bisogni Educativi Speciali) è uno dei più caldi nelle nostre scuole, spesso occasione di contenzioso con le famiglie, e c’era semmai bisogno di una nuova normativa che chiarisse i punti ambigui, non di una, come in questo caso, che aumenta pesantemente la confusione. Provo dunque ad analizzare le novità e le relative criticità che ho rilevato.

Differenziato diventa sinonimo di personalizzato
Nel Decreto 62/17 si usa (ma non sempre, come vedremo) il termine differenziato nel significato generico di “modificato” o “personalizzato”. Si legge infatti al comma 2 dell’articolo 20: «La commissione d’esame […] predispone una o più prove differenziate, in linea con gli interventi educativo-didattici attuati sulla base del piano educativo individualizzato e con le modalità di valutazione in esso previste. Tali prove, ove di valore equipollente, determinano il rilascio del titolo di studio conclusivo del secondo ciclo di istruzione [grassetti dell’Autore in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».
Secondo la normativa, e relativa terminologia, in vigore nelle nostre scuole da almeno una ventina d’anni, questa affermazione conterrebbe una evidente contraddizione in termini: se le prove sono differenziate non possono in nessun caso essere anche equipollenti. Ma il fantasioso Legislatore Ministeriale del 2017 ha deciso che da oggi le parole hanno un valore diverso, come si vede anche leggendo il successivo comma 4: «La commissione potrà assegnare un tempo differenziato per l’effettuazione delle prove da parte del candidato con disabilità». Ove differenziato sta evidentemente per differente, ossia più lungo, rispetto agli altri.
In sostanza con questo Decreto le prove per gli alunni con disabilità sono sempre differenziate, ma a volte possono essere equipollenti, e portare a un titolo di studio valido, altre no, e portare quindi all’attestato.
Non si capisce proprio il senso – e l’utilità – di questo cambiamento lessicale che rischia di generare invece enormi equivoci e tanta confusione negli anni a venire.
Del resto lo stesso Decreto è ambiguo quando, parlando degli studenti con DSA del secondo ciclo esonerati dall’insegnamento delle lingue straniere (articolo 20, comma 13), si dice che essi «seguono un percorso didattico differenziato». Ove il termine differenziato è usato alla vecchia maniera, come ben si capisce.

L’attestato del primo ciclo si rilascia solo a chi non si presenta all’esame
Nel Decreto è stata introdotta – sia nel primo che nel secondo ciclo – una clausola destinata ad evitare che i genitori, non presentando il figlio all’esame, potessero di fatto decidere per la ripetenza e quindi mantenere il ragazzo nella stessa scuola. In sostanza si dice che se il candidato con disabilità non si presenta all’esame, consegue automaticamente l’attestato dei crediti formativi (articolo 11, comma 8 per il primo ciclo, articolo 20, comma 5 per il secondo).
Il Decreto non prevede la possibilità che l’assenza possa essere dovuta a motivi di salute, o ad altri impedimenti documentati, ma di sicuro andrà previsto il diritto a prove suppletive anche per i candidati con disabilità. Ma questa dovrebbe essere una dimenticanza a cui facilmente porre rimedio con circolari o ordinanze successive.
È invece soprattutto il comma 8 dell’articolo 11 (primo ciclo) che lascia perplessi: «Alle alunne e agli alunni con disabilità che non si presentano agli esami viene rilasciato un attestato di credito formativo». Solo a loro? Se un candidato con disabilità viene a scuola il giorno dell’esame, consegue il diploma in ogni caso? Anche se non è in grado di sostenere nessuna prova per quanto adattata e personalizzata? Anche se manca ogni requisito minimo in termini di intenzionalità? Anche se è un ragazzo che neppure riesce a capire che il giorno dell’esame si fanno cose diverse dagli altri giorni di lezione?
La scuola in questi casi aveva fino ad oggi la possibilità di concludere dignitosamente il percorso scolastico con un attestato dei crediti formativi, ma con il nuovo Decreto potrà scegliere solo tra la forzatura di un diploma dato anche senza sostenere nessuna prova valutabile e una iniqua ripetenza.
Si è passati da un estremo all’altro: dal diploma solo a chi sostiene prove equipollenti nella versione di gennaio, al diploma dato a tutti. Basta venire a scuola il giorno dell’esame!

Diploma del primo ciclo anche agli alunni con DSA che vengono esonerati totalmente dalle lingue straniere
Un’altra sorpresa presente nel comma 13 dell’articolo 11 riguarda l’esame del primo ciclo per gli alunni con DSA.
Come è noto, secondo il Decreto Ministeriale n. 5669 del 2011, è possibile l’esonero totale dall’insegnamento delle lingue straniere, del resto previsto anche dalla Legge 170/10, «quando risulti utile» (articolo 5, comma 2/c), ma con una pesantissima penalizzazione: la perdita della validità del titolo di studio, sia nel primo che nel secondo ciclo.
Il nuovo Decreto Legislativo 62/17 cambia radicalmente la situazione per il primo ciclo: anche con l’esonero totale si consegue un diploma valido. Ecco infatti cosa dice il comma 13: «In casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, risultanti dal certificato diagnostico, l’alunna o l’alunno, su richiesta della famiglia e conseguente approvazione del consiglio di classe, è esonerato dall’insegnamento delle lingue straniere e segue un percorso didattico personalizzato. In sede di esame di Stato sostiene prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, con valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma».
Non so da dove venga questa nuova disposizione, chi l’abbia richiesta, quali problemi voglia risolvere… Temo che con essa ci sarà una corsa all’esonero totale dalle lingue straniere, che sarebbe però un grave errore, perché potrebbe dare diritto al diploma di terza media, ma renderebbe praticamente impossibile un percorso regolare di studio alle superiori.

Le novità che non ci sono
Sono parecchi i punti della normativa esistente sulla valutazione degli alunni con esigenze particolari che vengono spesso equivocati e che andavano pertanto definiti meglio, ma di cui il nuovo decreto non parla.
Gravissimo a mio parere è il silenzio sugli alunni con Bisogni Educativi Speciali individuati autonomamente dalle scuole, per i quali si sono aperte negli ultimi anni alcune modeste possibilità di personalizzazione anche nella valutazione certificativa, definite però tutte da semplici Note od Ordinanze Ministeriali. Avere inserito finalmente queste tutele – per altro molto modeste, come detto -, in una legge ordinaria avrebbe dato un minimo di dignità formale a tali procedure, diffondendo il messaggio che la scuola inclusiva, di cui tanto il Ministero si riempie la bocca, non può valere solo per quelli che portano a scuola un certificato medico redatto nelle dovute maniere. Il fatto che il Decreto non ne parli rende purtroppo ancora più debole la posizione degli alunni senza certificazione di disabilità o DSA.
Ci si aspettava inoltre un serio chiarimento normativo sulla questione della validità del titolo di studio alla secondaria, considerando anche che praticamente tutte le procedure in uso si basano ancora su un’Ordinanza Ministeriale di sedici anni fa, la n. 90 del 2001 per l’esattezza, per vari aspetti superata (pensiamo all’abolizione degli esami di qualifica) e interpretata in modo scandalosamente disomogeneo a livello nazionale, con zone d’Italia in cui tutti gli alunni con disabilità o quasi conseguono il diploma, altre in cui tutti o quasi ricevono l’attestato.
Su questo punto non solo non arrivano chiarimenti, ma, come dicevo, si fa anche nuova confusione, modificando il lessico in modo inutile oltre che arbitrario. Servirebbe quindi con urgenza una nuova Ordinanza su questi argomenti, al posto della vecchia 90 del 2001, ma visti i precedenti, c’è da toccare ferro e forse conviene almeno aspettare la nomina del nuovo Osservatorio sull’Inclusione.

Formatore.

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