Sognando un mondo senza Huntington, c’è tanto da fare nel presente

«La splendida costellazione delle Associazioni che in Italia si impegnano per migliorare la vita delle persone con una Malattia Rara si arricchisce di una nuova luce rivolta a una fra le più complesse e problematiche patologie genetiche, la malattia di Huntington, rimasta troppo tempo nell’ombra. È un evento atteso da molto tempo e anche se il nostro sogno resta quello di un mondo senza Huntington, ora c’è tantissimo da fare»: così Claudio Mustacchi ha commentato la nascita dell’Associazione Huntington, ufficialmente annunciata in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare

Maria Grazia Fusi e Claudio Mustacchi

Maria Grazia Fusi e Claudio Mustacchi, fondatori dell’Associazione Huntington ONLUS, firmano l’atto che ha dato vita alla nuova organizzazione

Prende il testimone dalla Rete Italiana per la Malattia di Huntington, incorporando anche l’AICH Milano: è l’Associazione Huntington, la cui nascita è stata ufficialmente annunciata in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare di ieri, 28 febbraio. La nuova ONLUS opererà su tutto il territorio nazionale per migliorare la qualità dell’assistenza e delle cure ai malati di Huntington e alle loro famiglie, per tutelarne i diritti e sostenere le eccellenze della ricerca.

«La splendida costellazione delle Associazioni che in Italia si impegnano per migliorare la vita delle persone con una Malattia Rara – ha dichiarato per l’occasione Claudio Mustacchi, presidente di Huntington ONLUS – si arricchisce, in questa importante Giornata celebrata in tutto il mondo, di una nuova luce rivolta a una patologia neurologica, l’Huntington, rimasta troppo tempo nell’ombra. La nascita di un’Associazione Nazionale Italiana dedicata a questa malattie, una fra le più complesse e problematiche patologie genetiche, è un evento atteso da molto tempo nel nostro Paese da quanti operano al servizio delle Malattie Rare».
«È evidente – ha concluso Mustacchi – che il nostro sogno è un mondo senza malattia di Huntington, ma nel frattempo c’è tantissimo da fare».

Nel dettaglio, la nuova organizzazione si propone di offrire una risposta ai bisogni dei malati e delle loro famiglie, mettendo in rete le migliori conoscenze, esperienze e competenze del Paese; collegare tutti coloro che in Italia e all’estero si dedicano alla malattia di Huntington; stimolare e sostenere la ricerca italiana, attivando anche nel nostro Paese le conoscenze e le sperimentazioni più avanzate a livello mondiale; informare sulla natura della malattia e sui diritti del malato sia i familiari che gli operatori della cura e dell’assistenza; coinvolgere le strutture del territorio, in una condivisione di buone prassi, per il miglioramento della qualità di vita dei malati e delle loro famiglie. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: press@aichmilano.it (Benedetta Brambilla).

La malattia di Huntington
È una patologia del cervello di origine genetica, determinata dalla perdita progressiva di cellule nervose. Anche se sono state descritte forme giovanili, si manifesta tra i 30 i 50 anni, con disturbi emotivi e del movimento. L’evoluzione della patologia comporta la perdita delle capacità cognitive e motorie.
La causa è stata individuata in una mutazione nel gene Huntington, all’interno del quale è stata identificata una sequenza di triplette CAG che si ripetono l’una dopo l’altra. La mutazione consiste nell’espansione del numero di triplette ripetute: se questo numero supera la soglia di 36, insorge la malattia.
La trasmissione del gene è indipendente dal sesso: se uno dei genitori è portatore, un eventuale figlio ha il 50% di probabilità di ereditare il gene mutato. Questo comporta che, spesso, nello stesso nucleo familiare più persone possono essere affette dalla malattia. L’Huntington diventa, quindi, una malattia della “famiglia” e la sua gestione richiede un intervento integrato di numerosi specialisti, quali il neurologo, il fisiatra, il nutrizionista, lo psichiatra, lo psicologo, l’assistente sociale e l’educatore professionale, con i relativi enti sanitari e socio-assistenziali.

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