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Quando un’alternanza scuola-lavoro funziona davvero

Roma, Alternanza Scuola-Lavoro sulla disabilità visiva al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II

L’incontro con gli studenti del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, impegnati nel programma di alternanza scuola-lavoro sulla disabilità visiva

«Come descrivere le emozioni che si provano quando ci si siede intorno ad un tavolo con i ragazzi del Liceo, terzo anno, età sedici anni, con il mento nella mano e le orecchie ben aperte, mentre i nostri amici non vedenti spiegano come si cammina con un cieco, come vive oggi il non vedente, quante sono le differenze anche tra i ciechi, le loro difficoltà ma anche le loro numerose capacità?»: così Paula Morandi Treu, presidente dell’Associazione romana Vivi Vejo, si sofferma sul recente incontro di addestramento avuto con dodici ragazzi del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, che partecipano insieme alla stessa Vivi Vejo al programma di alternanza scuola-lavoro, con un progetto sulle disabilità visive, l’integrazione, l’informatica per la terza età e a favore dell’ambiente.
Insieme a Morandi, erano presenti per l’occasione Antonio Grauso, ex militare e non vedente da una decina d’anni, Fabrizio Marini, autorevole esperto di mobilità per le persone non vedenti, membro dell’UICI di Roma (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e Adele Masci, non vedente e professoressa di Lettere del Liceo.

«È molto importante – sottolinea Morandi Treu – comprendere il mondo di chi non vede e sapere che chi non può comunicare con gli occhi può comunque confidare nell’udito, nel tatto, nell’olfatto, rimanendo la stessa persona che sarebbe se fosse in grado di vedere. La tecnologia, del resto, ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e le persone non vedenti possono oggi uscire di casa da sole ed essere guidate dalle sintesi vocali dei loro dispositivi mobili, che le avvisano di eventuali ostacoli, le guidano lungo il loro percorso e le avvisano quando arriva un mezzo pubblico o quando è ora di scendere».
«Quei ragazzi – aggiunge poi – sono entrati nel mondo del cinema e del teatro con l’audiodescrizione, comprendendo cosa voglia dire integrazione nel vero senso della parola. Allo stesso tempo hanno iniziato a crearsi un curriculum che li accompagnerà per sempre durante la loro vita lavorativa, crescendo con l’esperienza di un lavoro mediante il quale hanno offerto il loro aiuto ad un altro essere umano, diverso solo perché è stato privato del senso della vista».

Insieme agli studenti del Vittorio Emanuele II, le persone non vedenti hanno camminato su e giù per le scale, nel giardino sottostante e lungo i marciapiedi verso il viale. «Lo hanno fatto – racconta la Presidente di Vivi Vejo – in una zona bella di Roma [riva destra del Tevere, quartiere della Vittoria, N.d.R.], ma pur sempre resa difficile, per quanto concerne l’accessibilità, dai cittadini che parcheggiano selvaggiamente sulle strisce o in seconda fila, dalle buche dei marciapiedi, dai motorini e dalle biciclette parcheggiate sui marciapiedi e anche dalle siepi e i rampicanti che crescono troppo al di là dei muri, finendo inevitabilmente in faccia a chi cammina dritto per la sua strada senza vederli pensando di trovare libero il percorso».

«Per i ragazzi – conclude Morandi Treu – è stata un’esperienza di vita e non solo di lavoro. Da parte nostra non possiamo fare altro che ringraziare il Convitto Vittorio Emanuele II per l’apertura e la sensibilità che ha dimostrato con questa collaborazione. Abbiamo incontrato ragazzi fantastici, educati e maturi, e ci solleva la speranza che possano riuscire a rendere migliore il futuro di questo Paese». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: paula.mtreu@vivivejo.org.

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