Occorre valorizzare e non “specializzare” le diversità

«Non mi interessa vivere in una città “a misura di disabili” – scrive Simonetta Nunziata, a proposito di un progetto avviato nella sua città -, mi sentirei discriminata e discriminante. Voglio vivere sulla base delle pari opportunità in una città accessibile ed a misura di tutti. Non mi interessa essere assistita, mi preme partecipare». E conclude sottolineando che «per costruire e promuovere una cultura della partecipazione sulla base delle pari opportunità occorre valorizzare e non “specializzare” le diversità, promuovendone i giusti contenuti e la corretta informazione»

Realizzazione grafica sul tema "Tutti i diritti umani per tutti"Sono una persona con disabilità, presidente dell’Associazione AbilmenteInsieme, federata alla FISH Campania (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Una quindicina di giorni fa veniva pubblicato su un quotidiano locale un articolo in merito a un discutibile progetto, promosso per facilitare l’ingresso delle persone con disabilità nei negozi, da parte del mio Comune di residenza, Battipaglia, in provincia di Salerno.
Il titolo (Sinergia per sostenere i disabili. Commercianti, scuole e amministrazione per aiutare quelli più sfortunati) mi è sembrato oltremodo discutibile quanto oltraggioso. Da parte dell’Amministrazione, inoltre, l’“innovativa” iniziativa veniva pubblicizzata accompagnandosi ad espressioni quali: «Una città a misura di disabili è una città a misura di tutti. La nostra è solo un’idea di normalità».

Premesso che la mia vuole essere una critica costruttiva ai fini del bene della mia città, vorrei esprimere il mio netto dissenso al progetto proposto nelle scuole dal Comune, in collaborazione con la Consulta Comunale per le Problematiche dei Disabili, poiché lo ritengo incapace di promuovere i concetti di inclusione e di valorizzazione delle diversità come risorse di accrescimento e completamento della comunità. Tale progetto, invece, favorisce la costruzione di simboli quali archetipi di “eccezionalizzazione” con tanto di logo del tipo… «io che sono sfigato qui posso entrare» [il Comune di Battipaglia ha lanciato un concorso nelle scuole per la realizzazione dello slogan e del logo più efficace per l’iniziativa, N.d.R.]. L’esatto contrario, cioè, di quanto sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Ma che cos’è la disabilità? Può apparire inutile ritornare su questo concetto. Ma a questo punto non lo è, data la continua adozione di espressioni quali “diversamente abile” o l’impiego  di aggettivi tipo “sfortunati” nel linguaggio mediatico, pubblico e istituzionale.
Condividere la corretta definizione significa non solo comprenderne e promuoverne il contenuto valoriale e culturale, ma anche le scelte, le azioni concrete e gli strumenti con cui si intende procedere.
La sola e unica definizione possibile, sul piano scientifico (ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e sul piano culturale e giuridico (Convenzione ONU), è appunto: persona con disabilità.
La disabilità è una condizione di vita determinata dal rapporto tra la persona e il suo ambiente. Essa, pertanto, è la risultante di una relazione (persona/ambiente sfavorevole) condizionata da trattamenti differenti ingiustificati (discriminazione) e da carenza di pari opportunità.
Io, persona disabile, non mi considero “sfortunata” in quanto impossibilitata alla fruibilità dello spazio pubblico e privato; mi ritengo invece discriminata in quanto cittadina italiana e lesa nella mia dignità di persona allorché le politiche del Comune nel quale risiedo non rendono esigibili gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana e gli articoli della citata Convenzione ONU, pur avendone deliberato la sua attuazione.
Credo dunque che nelle scuole vadano promossi progetti d’inclusione: significa curare la comunità per curare le persone.

Tornando all’iniziativa promossa dal Comune di Battipaglia, presumibilmente i negozi che abbatteranno le barriere osserveranno la legge e verranno premiati con un aumento di consumi. Ma la persona con disabilità – spesso privata dell’esercizio dei propri diritti inviolabili – probabilmente non potrà dedicarsi allo shopping, dovendo provvedere ad altro genere di soddisfazione di ciò che in sé sarebbero diritti, ma che un contesto politico-culturale sbagliato identifica quali “bisogni da sfiga”.
Non mi interessa vivere in una città “a misura di disabili”, mi sentirei discriminata e discriminante. Voglio vivere sulla base delle pari opportunità in una città accessibile ed a misura di tutti. Non mi interessa essere assistita, mi preme partecipare.

Per farmi comprendere meglio, vorrei fare un esempio. Qualche giorno fa ho accompagnato il mio nipotino di 5 anni al Palazzetto dello Sport Zauli, al fine di avvicinarlo a un’attività sportiva. Il luogo è stato per me – persona con disabilità in carrozzina a motore – completamente accessibile, sia nello spazio sia nella relazione; un contesto inclusivo in cui non si è determinata l’eccezionalità di una diversità, quanto invece l’offerta di una competenza.
Sulla base delle pari opportunità, io, tetraplegica, ho avuto modo di portare su un campo di gioco la vivacità di un bimbo non per un evento specializzato, ma nel pieno esercizio di un’affettività parentale. L’accessibilità di un contesto ha reso possibile la mia partecipazione attiva e l’esempio della mia partecipazione ha restituito valore e risorsa sociale a tutti gli attori di quel contesto, senza sottolineature del caso. Questo a significare che se è il contesto a determinare la possibilità o meno di un’azione, è pure vero che la stessa azione può formare il contesto a una data possibilità. Dicesi inclusione.

Credo che la mia città non parta da zero, ma per costruire e promuovere una cultura della partecipazione sulla base delle pari opportunità occorre valorizzare e non “specializzare” le diversità, promuovendone i giusti contenuti e la corretta informazione.
Rendere la mia una città a misura di tutti è un impegno che tutti – cittadini, enti, associazioni e istituzioni – sono chiamati ad assumere, abbattendo, insieme ai gradini, tutte quelle barriere d’insalubre competizione, inutile diffidenza, sciocca conflittualità. Sulla base di una solidale collaborazione. Si vince il bene di tutti.

Presidente dell’Associazione AbilmenteInsieme, Battipaglia (Salerno) (simonetta10001@gmail.com).

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