Uno sguardo oltre l’indifferenza

«L’Europa – scrive Gianluca Rapisarda – sembra soffrire di una sorta di “sindrome della Torre di Babele”, ove intere “categorie” di persone – tra cui anche quelle con disabilità – nella rappresentazione mediatica e conseguentemente nell’immaginario collettivo, esistono pressoché solo come stereotipo. Pertanto, il primo ostacolo da abbattere è quello culturale, spingendo cioè la società civile a volgere lo sguardo oltre l’indifferenza che “acceca” la solidarietà. Una “nuova alba”, infatti, può compiersi solo in un’Europa civile che faccia dei più deboli i protagonisti della collettività»

"L'incontro" (titolo attribuito)

“L’incontro”

Mai come stavolta le parole di Papa Francesco, durante l’Angelus del giorno dell’Epifania, mi hanno colpito nel profondo dell’animo. Il Santo Padre ha affermato infatti che «molti degli uomini del secondo millennio vivono alla stregua di Erode al tempo della nascita del Bambino Gesù. Egli, infatti, avendo paura delle novità e “vedendo” soltanto il proprio tornaconto personale, chiude il suo cuore a Gesù e fa di tutto per ucciderlo e toglierlo di mezzo. Bisogna invece comportarsi come i Magi che, spogliandosi di ogni pregiudizio, vanno alla ricerca di Cristo e lasciandosi illuminare dalla sua luce, lo trovano, lo riconoscono e lo adorano».
Altrettanto toccante è stato l’appello finale con cui il Pontefice ha invitato in modo accorato i leader europei a dare fine all’odissea nel Mediterraneo delle due navi umanitarie tedesche Sea Watch e Sea Eye, accogliendo finalmente la loro richiesta di concedere approdo ai migranti da loro trasportati da ormai una decina di giorni.

Effettivamente, l’Europa dell’euro, della Brexit e dei “gilet gialli” sembra soffrire di una sorta di “sindrome della Torre di Babele”. Vittima dei sovranismi populisti e degli egoismi nazionalisti e di frequenti attentati terroristici, appare incapace di elevarsi alla dimensione di una sintesi che esprima un pensiero forte in grado di animare le sue Istituzioni.
Nonostante strumenti estremamente avanzati come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, nonostante gli impegni politici previsti nei diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, la cronaca del nostro Vecchio Continente, da Nord a Sud, riporta quotidianamente, ancora e troppo spesso, storie di esclusione sociale e discriminazione di cittadini migranti e, per quanto ci riguarda, anche con disabilità, facendo tristemente di tali condizioni fattori comuni e determinanti di impoverimento.
Intere “categorie” di persone – tra cui, appunto proprio le persone migranti e quelle con disabilità – nella rappresentazione mediatica e conseguentemente nell’immaginario collettivo, esistono pressoché solo come stereotipo o, nel peggiore dei casi, come bersaglio facile di campagne propagandistiche di odio e di discriminazione.
È come se si venisse educati a considerare in linea di principio le differenze tra le persone, le diversità e le peculiarità di ognuno come la ricchezza stessa di ogni situazione sociale, ma al contempo, si venisse abituati in maniera più o meno conscia a viverle concretamente come un pericolo, un rischio.

Pertanto, il primo ostacolo da abbattere è quello culturale, spingendo cioè la società civile a volgere lo sguardo oltre il proprio cortile, oltre l’indifferenza che “acceca” la solidarietà, verso nuovi orizzonti di umanità. Un messaggio, questo, che, sin dall’inizio di questo nuovo anno, tutte le nostre Associazioni dovrebbero lanciare con ulteriore forza e determinazione, chiedendo un confronto diretto e immediato col mondo politico, anche e soprattutto in vista dell’importante scadenza elettorale delle Elezioni Europee del prossimo mese di maggio. La politica, dunque, deve ritrovare la propria natura, rimettendo l’uomo al centro della scena.
Una “nuova alba” può sorgere, una “rivoluzione copernicana” può compiersi solo in un’Europa civile che faccia dei più deboli i protagonisti della collettività.
Soltanto una politica di “ nuovo Cristianesimo” potrà far ritrovare al nostro Bel Paese e alla vecchia Europa un percorso di autentica inclusione, solidarietà e accoglienza. Come spesso ripete Papa Francesco, infatti, occorre che nessuno Stato dimentichi che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro».

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo