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La dignità dell’autismo adulto, smarrita nel deserto culturale

Giovane adulto con autismo insieme a un'operatrice

Un giovane adulto con autismo insieme a un’operatrice

Il 2 Aprile, dunque, ancora una volta i monumenti si sono accesi di blu, in occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo, voluta alla fine del 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su proposta di Mozah bint Nasser al-Missned, consorte dell’emiro del Quatar Hamad bin Khalifa al-Thani, per incoraggiare gli Stati Membri dell’ONU a sensibilizzare le società riguardo ai disturbi dello spettro autistico.

Illuminare di blu i più importanti monumenti degli Stati Membri, aderendo alla campagna internazionale Light it up blue, è un modo per dire che le comunità sono vicine alle persone con autismo e alle loro famiglie. Un’intenzione che in Italia, spente le luci blu, ha riscontri ancora insufficienti nella quotidianità della vita, considerata la quasi totale assenza di servizi utili soprattutto riguardo agli adulti. Tuttavia sarebbe un errore ignorare la Giornata del 2 Aprile o contestarla.
Non è la “festa” delle persone autistiche. È un giorno in cui chiunque può partecipare a una miriade di incontri, spettacoli, conferenze, attività di tutti i tipi, quasi in ogni città italiana, in cui l’impegno di organizzazioni e associazioni fa in modo che chi non ha un coinvolgimento diretto possa saperne di più.

È una Giornata di incontro. Per capire, ad esempio, perché quel continuo riferimento all’autismo – quando si vuole insultare qualcuno – è basato sul nulla. Oppure per poter rispondere ai propri figli quando pongono domande sul compagnetto di scuola autistico o chiedono di essere aiutati a mettersi in relazione con lui.
Troppe volte respingiamo la loro curiosità; per noia, come se la cosa non ci riguardasse perché quella “sfiga” non è affar nostro. Errore. Riguarda proprio i nostri figli che con il compagno autistico condividono la vita, crescono con lui, ne interiorizzano le esigenze e gli comunicano in mille modi i propri pensieri e stati d’animo.

La Giornata può essere utile a chi ha appena ricevuto una diagnosi, per rendersi conto di quanto sia diffusa e di quante siano le sfumature; e con esse gli approcci e le articolazioni degli interventi. E come sia importante che la paura e il dolore dei familiari non prevarichino sulle difficoltà dei veri protagonisti, quei figli o fratelli che hanno difficoltà a badare e spesso a rappresentare a se stessi.

Se la Giornata è un luogo in cui tirare le somme e ordire trame per il futuro, i veri protagonisti non possono mancare, soprattutto se adulti. È su di loro che si gioca la vera partita: sono loro la sintesi delle cure di ogni tipo che li hanno coltivati fin lì. Però non ci sono risorse materiali e soprattutto culturali a garanzia della loro dignità. Curati e abbandonati dopo i 18 anni, non ricevono più nemmeno attenzioni. E le famiglie coinvolte che tentano di risolvere qui e adesso le urgenze dell’autismo bambino e adolescente quasi mai viaggiano con uno sguardo prospettico all’età adulta. Nemmeno le grandi associazioni li rappresentano sufficientemente.

Restiamo con una speranza attaccata alle nuove Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità che saranno rivolte anche all’età adulta.
È come se, una volta cresciuti, fosse negato loro il diritto di maturare e di invecchiare. Di essere felici, che è il concetto più relativo che ci sia, “nel blu dipinto di blu”…

Il presente testo è già apparso in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Autismo nell’età adulta: il deserto culturale che nega ogni dignità”. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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