La beffa di avere 65 anni

«Chi arriva ai 65 anni – scrive Maria Pia Amico, riprendendo un tema recentemente denunciato anche dall’Associazione ANFFAS – non viene più considerato come “disabile”, ma come “anziano”, quasi che la sua condizione di prima cessasse di colpo e non avesse più bisogno di certi servizi, per altro indispensabili. E il dato forse più curioso è che nessuna legge o documento istituzionale stabilisce che una persona con disabilità debba considerarsi anziana dopo i 65 anni e, di conseguenza, che le vengano interdetti i servizi di cui usufruiva fino al giorno prima»

Donna con disabilità anziana in carrozzinaLa disabilità è una condizione di vita che può essere permanente o temporanea. Per chi la vive in maniera continua, essa comporta una serie infinita di problemi che non si esauriscono certo con l’età, semmai aumentano.
Nonostante ciò, però, secondo le Istituzioni c’è un limite in cui si passa automaticamente dall’età adulta alla vecchiaia e questo fa sì che molte agevolazioni fornite fino a quel momento cessino del tutto o in parte. In altre parole, chi arriva ai 65 anni non viene più considerato come “disabile”, ma come “anziano”, quasi che la sua condizione di prima cessasse di colpo e non avesse più bisogno di certi servizi, per altro indispensabili.
Questa convenzione di comodo, però, non può essere accettata passivamente e per vari motivi.

Innanzitutto perché le aspettative di vita si sono allungate ulteriormente e quindi è arbitrario considerare anziana una persona sessantacinquenne, tenendo conto che molti sono ancora in piena forma psicofisica.
Inoltre, bisogna tenere conto dell’impatto emotivo che si crea nella persona con disabilità quando si vede cambiare le abitudini di vita: nuovi luoghi, nuove persone e modi di vivere possono disorientare e scombussolare i soggetti psichicamente e psicologicamente più fragili e deboli.
Togliere servizi essenziali come l’assistenza domiciliare o il centro diurno, che per anni hanno costituito dei punti fermi nell’esistenza di una persona con problemi fisici o psichici, solo per “raggiunti limiti d’età”, significa mettere in serie difficoltà l’assistito e la sua famiglia, con ulteriori disagi e aggravi finanziari che si aggiungono ai già tanti problemi di gestione di un disabile.

Il dato forse più curioso è però un altro. Non è stabilito da nessuna legge o documento istituzionale che una persona con disabilità debba considerarsi anziana dopo i 65 anni e, di conseguenza, le vengano interdetti i servizi di cui usufruiva fino al giorno prima. Evidentemente si tratta di una formula di comodo ormai acquisita, con la quale i Servizi Sociali e i Comuni cercano di risparmiare sul budget, forse “dimenticando” che una persona con disabilità resterà tale per tutta la vita e avrà comunque sempre bisogno di quei servizi.

L’augurio, quindi, è che le Associazioni di categoria possano interloquire con le Istituzioni e gli Organi di Governo, per far cambiare questa legge non scritta e fare in modo che tutti i servizi necessari vengano forniti vita natural durante.

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