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Tutto ciò che ho imparato e che mi sta a cuore è passato dal Braille

Display Braille donato a Emilia

Il display Braille di ultima generazione donato a Emilia

Secondo i dati prodotti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono circa 36 milioni le persone cieche nel mondo, e circa 216 milioni quelle con disabilità visive da moderate a gravi. Grazie al Braille, il geniale sistema di lettura e scrittura tattile inventato dal francese Louis Braille nel primo Ottocento (di quest’ultimo si legga ampiamente nel box in calce), in cui ciascuna lettera, cifra o simbolo musicale è rappresentato da una combinazione di sei puntini, anche le persone non vedenti hanno avuto accesso ai libri e alla cultura.

Proprio oggi, 21 febbraio, è la Giornata Nazionale del Braille, istituita dalla Legge 126/07 come «momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti», data scelta in quanto coincidente con la Giornata Mondiale della Difesa dell’Identità Linguistica promossa dall’Unesco.
In occasione di tale evento, la Fondazione Lucia Guderzo di Loreggia (Padova) e la Lega del Filo d’Oro, la nota organizzazione impegnata dagli Anni Sessanta sul fronte della sordocecità e delle pluminorazioni psicosensoriali, hanno conferito ad Emilia, sedicenne studentessa romana non vedente, il Premio Braille 2020, consistente in un display Braille di ultima generazione, compatibile con gli screen reader più diffusi, che consente di interagire con più strumenti contemporaneamente (smartphone, tablet e PC). Oltre ai comuni tasti di scorrimento accanto alle celle e alla tastiera Braille, infatti, nella parte superiore ci sono diversi tasti equivalenti a quelli di una tastiera standard, che permettono di gestire il PC senza spostare continuamente le mani dal display e senza utilizzare tante combinazioni di tasti.

«Siamo stati orgogliosi di conferire il Premio Braille 2020 a una studentessa promettente come Emilia – ha dichiarato Davide Cervellin, presidente della Fondazione Lucia Guderzo -, certi che questo dono le sarà di aiuto per continuare a studiare con più facilità e raggiungere traguardi importanti».
«La condizione di disabilità nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Con Disabilità e non solo – ha sottolineato dal canto suo Rossano Bartoli, presidente della Lega del Filo d’Oro – viene ricondotta all’esistenza di barriere di varia natura che possono essere di ostacolo a quanti, portatori di minorazioni fisiche, mentali o sensoriali a lungo termine, hanno il diritto di partecipare in modo pieno ed effettivo alla società. Nel nostro Paese disponiamo di tecnologie molto avanzate, ma è fondamentale che queste siano molto più semplici per essere utilizzate anche da insegnanti, operatori, familiari e amici di persone con disabilità affinché siano sempre più accessibili. Le tecnologie assistive, infatti, hanno un impatto decisivo nella vita di persone con disabilità plurime, permettendo loro di avere un canale di comunicazione con il mondo esterno».

Particolarmente significativa anche la sede scelta per l’evento, vale a dire La Taverna degli Archi di Belvedere Ostrense (Ancona), di proprietà dello chef Antonio Ciotola. Quest’ultimo, infatti, ha perso la vista nel 2005 a causa di un incidente e oggi racconta: «Dopo sei mesi di chiusura sono rientrato in cucina e ho preso in mano un coltello per vedere se ero ancora in grado di usarlo. Volevo riportare il ristorante ai livelli precedenti l’incidente e poi dedicarmi ad altro e invece sono ancora qui e fiero di ospitare la cerimonia di premiazione e unirmi al festeggiamento per Emilia in questa giornata così importante».

Emilia frequenta il terzo anno del liceo classico e la barra Braille è per lei uno strumento indispensabile, non solo per lo studio. Grande lettrice fin dalla tenera età, aveva vinto un concorso di lettura sul Braille organizzato dalla Fondazione Lucia Guderzo già nel 2013, quando frequentava le elementari. Oggi coltiva la sua passione per l’inglese, che studia da autodidatta da quattro anni e grazie al quale ha ottenuto anche una borsa di studio che la porterà a New York.
Le parole da lei pronunciate dopo avere ricevuto il premio ci sembrano il modo migliore per concludere il nostro resoconto nella Giornata Nazionale del Braille di oggi: «Tutto ciò che ho imparato e che mi sta a cuore – ha detto infatti – è passato dal Braille!». (Stefano Borgato)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: segreteria@fondazioneluciaguderzo.it;  ambrogini.c@legadelfilodoro.it (Chiara Ambrogini); a.dinatolo@inc-comunicazione.it (Alessandra Dinatolo); f.riccardi@inc-comunicazione.it (Francesca Riccardi).

Louis Braille
Francese di Coupvray, località non lontana da Parigi, Louis Braille vi nacque il 4 gennaio 1809. Il padre era un modesto artigiano che viveva fabbricando finimenti per cavalli.
A 3 anni, giocando nel laboratorio paterno, il bimbo si ferì gravemente ad un occhio con una lesina e nonostante le premurose cure dei genitori, la conseguente infezione si estese rapidamente anche all’altro occhio, portandolo nel giro di un anno alla cecità assoluta.
A 10 anni, Louis fu accolto nell’Istituto Reale per i Giovani Ciechi di Parigi (INJA – Institut National des Jeunes Aveugles), fondato nel 1784 da Valentin Haüy. Lì manifestò molto presto le sue straordinarie qualità, suscitando lo stupore degli insegnanti, soprattutto per la capacità di concentrazione.
In quel momento si guardava con estrema attenzione all’invenzione di Charles Barbier de La Serre, ex ufficiale di artiglieria, che aveva ideato un sistema detto di “scrittura notturna”, costituito da punti in rilievo i quali, a suo dire, avrebbero consentito ai militari di leggere al buio, per non essere individuati dai nemici. Barbier pensò quindi di far testare la sua invenzione proprio agli allievi dell’Istituto per i Ciechi di Parigi.
Quel sistema, però, risultava piuttosto complesso e poco pratico, perché fondato su due colonne parallele di sei puntini ciascuna. E tuttavia, l’esperimento fu accolto con entusiasmo dai giovani allievi, alcuni dei quali – tra cui Braille – iniziarono una corrispondenza con Barbier, utilizzando il suo laborioso metodo.
Rispetto ai numerosi tentativi precedenti per far leggere i ciechi, Barbier aveva introdotto una novità molto significativa per chi avrebbe dovuto leggere con le dita: aveva cioè sostituito i punti in rilievo al tratto continuo (ovviamente in rilievo), utilizzato da Valentin Haüy per stampare i primi volumi per i suoi alunni. A quel punto la speranza di poter trovare un modo per scrivere adatto ai ciechi e un’innata attitudine per la ricerca metodica condussero Braille, pur ancora adolescente, ad intuire il valore che avrebbe potuto assumere, per sé e per i suoi compagni, la disponibilità di un sistema di scrittura semplice e razionale.
Egli, dunque, riconobbe certamente il suo debito verso Barbier de La Serre, ma è esclusivamente a lui che va il merito di essere riuscito ad ottenere risultati definitivi, dopo alcuni anni di studio tenace e sistematico sulla posizione convenzionale di punti impressi su cartoncino. Era il 1825, Braille aveva 16 anni e il suo sistema poteva dirsi virtualmente compiuto.
Nel 1829 pubblicò l’opera Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro, con la quale fece conoscere la scrittura da lui inventata, che è quella ancora oggi utilizzata dai ciechi di tutto il mondo (compresi i dialetti africani, la lingua araba e persino quella cinese).
Braille morì il 6 gennaio 1852 a soli 43 anni.

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