Laviamoci tutti bene le mani!

Come sempre tra il serio e il faceto, Giorgio Genta fornisce una propria personalissima interpretazione del gesto di lavarsi le mani, una delle fondamentali azioni da attuare in questi giorni di emergenza sanitaria legata al coronavirus, per prevenire la diffusione del contagio. «A quanto sembra – scrive tra l’altro Genta – per molti secoli nemmeno i medici ebbero grande dimestichezza con questa semplice operazione di pulizia personale»

Persona che si lava le maniLa prima azione atta a prevenire il diffondersi del contagio di malattie infettive (coronavirus compreso) è il lavaggio delle mani.
Per lavaggio “sociale” delle mani si intende quello effettuato utilizzando sapone neutro, energica sfregatura su tutta la superficie delle medesime, unghie e polsi compresi, per la durata di almeno 45 secondi, e successiva asciugatura con carta tipo scottex “a perdere”.
L’utilità del lavaggio delle mani, nota fin dai tempi di Ippocrate, venne ribadita da Ponzio Pilato, un po’ abbandonata nella Roma Imperiale, nel Medioevo e nel Rinascimento, riscoperta dal genio di Semelweis (morto poi in manicomio) che usò tale pratica igienica prima di visitare le puerpere.
Si può quindi dedurre che anche i medici, per molti secoli, non ebbero grande dimestichezza con questa semplice operazione di pulizia personale.

Nel corso della mia ormai declinante esistenza, ho avuto il previlegio di imbattermi in due casi emblematicamente opposti sempre sul tema in oggetto.
Il primo riguarda una scrupolosissima caregiver, che purtroppo per lei è mia moglie, e che si lava le mani almeno quaranta-cinquanta volte al giorno anteponendo la salute dell’assistita a quella della sua cute.
Il secondo episodio  è relativo a un primario ospedaliero che cambiò una cannula tracheostomica senza lavarsi le mani e senza infilarsi i guanti sterili, con conseguenze non certo lievi per il paziente. Si dice anche che in precedenza quel medico avesse avuto un diverbio con il parente di un altro paziente (sembra un gioco di parole!) e che quella volta le serie conseguenze furono per lui…

Concludendo: laviamoci tutti bene le mani e salutiamoci a un metro di distanza, meglio se in silenzio ed evitando posture delle mani medesime che rammentino regimi dittatoriali di varia natura. E non facciamo nemmeno l’alzata imperiosa del dito, gesto davvero poco civile, che nel mio dialetto natio suona come «pigiasela in tu streppu» (utile consultare un glossario marinaresco linguistico alle voci Scalmo e Streppo), ovvero quello che speriamo non accada a noi tutti con il Covid-19…
Se ciò non accadrà, potremo allora fare la celebre “V” di Winston Churchill per celebrare la vittoria, oppure alzare il pollice destro in segno di “OK” alla Trump, come fa mio nipote di un anno di età, non già per salutare il nonno come speravo, bensì per avere un biscotto!

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