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Centri diurni del Piemonte: servono interventi pubblici immediati

Centro diurno piemontese per persone con disabilità (© Gabriella Fileppo)

Un centro diurno piemontese per persone con disabilità (© Gabriella Fileppo)

«In questo momento di emergenza sanitaria nazionale, dobbiamo fare tutti la nostra parte per contenere la diffusione del coronavirus, limitando al massimo le occasioni di contatto. Siamo in linea con la Direttiva della Regione Piemonte di sospendere l’attività dei centri diurni e di concentrarci sull’assistenza domiciliare, come di limitare gli accessi alle strutture residenziali, ma servono attenzioni e le giuste risorse per non far collassare il sistema. È il Terzo Settore, in particolare le Associazioni e il privato sociale, a governare questo àmbito e a sopportarne il peso economico e sociale: servono dunque misure e risorse straordinarie per sostenerlo».
Lo si legge in una nota prodotta congiuntamente dall’ANFFAS di Torino (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e dal Gruppo Agape, organizzazione che si occupa di servizi per persone con disabilità e anziane, in relazione alle direttive comprese negli ultimi Decreti del Presidente del Consiglio e alla loro applicazione, da definire di concerto con la Regione Piemonte e la Città di Torino.
In tal senso, a rendere necessario il confronto è in particolare la norma che sospende l’attività dei centri semiresidenziali (centri diurni) e dei centri socio-occupazionali per persone con disabilità su tutto il territorio regionale, proponendo nel contempo percorsi di domiciliarità, al fine di prevenire ancor più efficacemente il rischio di contagio di fasce deboli della popolazione, per le quali è raccomandata una permanenza domiciliare in forma di tutela. Quanto poi alle strutture residenziali per persone con disabilità, l’indicazione è quella di limitare al massimo l’accesso dei visitatori e di ogni utenza esterna.

«Come ANFFAS – sottolinea Giancarlo D’Errico, presidente dell’Associazione torinese – gestiamo vari centri diurni e residenziali in Piemonte, ma nella stessa identica situazione si trovano gli altri enti gestori, come il Gruppo Agape. Abbiamo pertanto bisogno di indicazioni chiare su come comportarci, di una procedura che attenui il rischio del contagio e contemporaneamente supporti i casi più complicati. Dobbiamo infatti tenere conto di molteplici aspetti, perché siamo naturalmente responsabili del benessere delle persone con disabilità che assistiamo, ma dobbiamo anche pensare alle ricadute sulle famiglie, che sono in moltissimi casi anziane, in caso di domiciliarità».

«Un altro problema da non sottovalutare – prosegue D’Errico – è la tenuta del personale impiegato, già chiamato a prestazioni straordinarie, che sarebbe comunque largamente insufficiente a coprire prestazioni domiciliari per tutti gli utenti, sia nei numeri degli operatori che nella vastità del territorio su cui operare. E ancora, esiste un problema di tenuta delle imprese e delle cooperative che erogano il servizio: la remunerazione, infatti, è legata alla presenza degli utenti e non alla disponibilità del servizio stesso, pertanto, in mancanza di utenti, salta anche la copertura economica. In questo senso serve un intervento pubblico immediato, con la messa a disposizione delle risorse necessarie alla tenuta del sistema territoriale contingentato. Portiamo come esempio la Regione Emilia Romagna che su questo aspetto ha già stanziato i primi 5 milioni di euro». (D.P. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: media@inspirecommunication.it (Daniele Pallante); segreteria@anffas.torino.it.

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