Cogliere l’occasione di questa emergenza, per realizzare una vera “Buona Scuola”

«Spero che lo sviluppo di un nuovo modo di fare scuola – scrive Zoe Rondini -, dettato dall’attuale emergenza, rappresenti l’occasione per sperimentare l’importanza dell’inclusione; non vorrei infatti che, finito questo periodo, la didattica a distanza diventasse un pretesto per lasciare a casa gli alunni con disabilità. Mi auguro invece che sapremo cogliere l’opportunità di questo tragico momento per creare una società nuova e più attenta ai bisogni di tutti, a partire da una vera “Buona Scuola”»

Didattica a distanzaIn questo complicato momento storico nulla sembra essere certo: non si sa quando la pandemia avrà fine e si tornerà alla vita normale. Le scuole quest’anno non riapriranno, ma il diritto e dovere allo studio non può essere sospeso.
Come sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, gli Stati riconoscono al fanciullo il diritto all’educazione in base all’eguaglianza delle possibilità. A tale scopo i Paesi aderenti si impegnano a garantire la gratuità e l’obbligatorietà dell’insegnamento primario, l’accesso all’insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno, la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.

Restando al presente, per far fronte all’emergenza in corso, il Ministero dell’Istruzione, com’è noto, ha promosso la didattica a distanza, alla quale ha dedicato una specifica sezione a supporto delle scuole.
Nell’àmbito di questa iniziativa è disponibile un canale tematico per L’inclusione via web, dedicato agli alunni con bisogni speciali, uno strumento pensato per affiancare e supportare il lavoro dei dirigenti scolastici, del personale e degli insegnanti nei percorsi didattici a distanza per gli alunni con disabilità.
Tra gli strumenti messi a disposizione, vi è Dida-LABS, piattaforma fornita gratuitamente per due mesi dal Centro Studi Erickson [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.], che offre un ambiente online a supporto di attività didattiche della scuola primaria, e in un secondo tempo anche di quella secondaria di primo grado, da svolgere a distanza.
All’interno della piattaforma sono disponibili circa quattrocento attività multimediali interattive, create dagli esperti di Erickson per rafforzare e potenziare le capacità dell’alunno, attraverso esercizi e giochi motivanti, nei settori della letto-scrittura e della matematica. Inoltre, il Ministero ha attivato una specifica casella di posta relativa ai Centri Territoriali di Supporto, allo scopo di offrire consulenza e informazioni sulla didattica a distanza per alunni e studenti con bisogni educativi speciali.
E non da ultime, anche alcune emittenti radiofoniche stanno dando il loro contributo, tra cui Radio Magica, che offre storie in Lingua dei Segni e Slash Radio Web, la radio dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).

Questa emergenza ci ha colti, inevitabilmente, alla sprovvista. Il livello di digitalizzazione del Paese, ahimè, non è sempre, e in tutti i luoghi, all’altezza delle sfide poste dalla necessità di implementare, dall’oggi al domani, il cosiddetto smart working (“lavoro agile”), ma soprattutto la didattica online.
Per ridimensionare questi ostacoli il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione ha promosso l’iniziativa Solidarietà digitale, nell’àmbito della quale sono consultabili i servizi e le soluzioni innovative per le diverse esigenze digitali.
Per quanto riguarda l’apprendimento via web, ad esempio, Telefono Azzurro risponde all’emergenza con una serie di Sfide didattiche create per aiutare i docenti a coinvolgere gli studenti in attività formative e di apprendimento autentico. E ancora, Smart Tales mette a disposizione un abbonamento gratuito di tre mesi a una libreria di volumi interattivi e animati creati da educatori che insegnano le materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), rivolti a bambini dai 3 ai 6 anni, e tramite una collaborazione tra Cisco e IBM, viene reso disponibile gratuitamente alle scuole di ogni ordine e grado l’accesso a Cisco Webex, piattaforma che consente di tenere lezioni da remoto, far interagire studenti e docenti, collaborare e condividere documenti e dati.

Numerose e interessanti iniziative creative si stanno quindi sviluppando ovunque per colmare questa distanza tra docenti e alunni. Tra queste merita una menzione anche #radioscuolaincasa, avviata su tutto il territorio, tra gli altri, dall’Associazione Matura Infanzia e rivolta ai bambini della scuola dell’infanzia (nido e asili, i “grandi dimenticati” della didattica a distanza…) e della scuola primaria e secondaria inferiore.
Il progetto, nelle parole dei promotori, «mira a raccogliere i contributi di tutti, insegnanti, bambini, adolescenti e genitori, formando una sorta di “radiocomunità”, tramite una connessione a misura di bisogni, idee, spazi vuoti e pieni e possibili abbracci tra chi è in casa e chi è lontano».

In questo straordinario periodo storico la scuola è chiamata ad adottare, seppur con molte difficoltà, un nuovo tipo di didattica. I docenti scolastici e universitari si stanno impegnando a mantenere viva l’offerta formativa, utilizzando quello che hanno a disposizione e spesso anche facendo ricorso alla propria inventiva.
Forse ad accusare maggiormente questa situazione sono proprio i bambini, che sentono la mancanza dei loro amici e del gruppo classe e nell’àmbito delle diverse disabilità, probabilmente l’assenza fisica dei docenti, dei compagni di classe e dell’insegnante di sostegno pesa maggiormente sugli studenti con disabilità cognitive. Per questi ultimi, infatti, il contatto visivo ed emozionale è fondamentale e i mezzi tecnologici non possono sostituirlo. Lo sforzo maggiore è quindi richiesto ai docenti di sostegno che, nonostante le difficoltà e le distanze, cercano di rimanere vicini empaticamente ai loro alunni, creando un ponte tra la scuola e la famiglia. Altro compito rimane quello di trasferire una didattica personalizzata e calibrata sulle esigenze formative.
Ma procediamo, dando uno sguardo anche al passato.

Dall’abolizione delle classi speciali nel 1977 [Legge 517/77, N.d.R.], fino ad oggi, si è compiuto fortunatamente un lento percorso per andare incontro alle esigenze degli alunni con bisogni speciali. Se fino a cinquant’anni, infatti, ai bambini e ragazzi con disabilità non era riconosciuto il diritto allo studio e, nei casi più fortunati, vi erano appunto le classi speciali, in questi giorni la scuola, travolta dall’emergenza, pensa a tutti, cercando di tener in considerazione le esigenze individuali.
Forse in questo periodo siamo un po’ più empatici perché il momento di difficoltà riguarda tutti, nessuno escluso. Porre l’attenzione sull’inclusione e le diverse esigenze didattiche significa non escludere nessun allievo, rispettare il principio di pari opportunità e incentivare la partecipazione attiva di ciascuno.

Dal 2012 ad oggi, grazie al progetto pedagogico Disabilità e narrazione di sé; come raccontare le proprie piccole e grandi disabilità, che chi scrive porta avanti nelle scuole di Roma e Provincia, ho conosciuto docenti e presìdi entusiasti del loro lavoro e attenti ad ogni singolo alunno.
Si tratta di un progetto che mira a promuovere la condivisione degli stati d’animo, dei sogni, delle paure e delle speranze degli alunni coinvolti. Grazie ad esso si crea un canale preferenziale che mette in comunicazione docenti e studenti. È entusiasmante favorire tale dialogo e ascoltare le narrazioni di ogni ragazzo e ragazza. Rilevo con soddisfazione che, nell’àmbito del piccolo campione di scuole da me incontrate, non sono emerse rilevanti criticità per quanto riguarda la vita scolastica.

Secondo una ricerca dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, si parla di circa 4 milioni e 360.000 persone con disabilità in Italia, che allargando lo sguardo al mondo costituiscono la principale tra le minoranze sociali. Nel nostro Paese prevalgono le donne (54,7%) e le persone anziane (61,1%) e all’interno di questo gruppo generico, comprendete comprende tutte le disabilità, il 23,4% riferisce di avere limitazioni definite “gravi”, cioè il massimo grado di difficoltà nelle attività essenziali della vita quotidiana, e in questo caso parliamo di circa 3 milioni di persone.
La scuola è socializzazione, è il primo luogo di incontro dopo la famiglia, ma è anche un’importante opportunità di emancipazione dal proprio contesto sociale e familiare di partenza. Dev’essere quindi all’altezza di questo ruolo, educativa e formativa ed è pertanto necessario incentivare varie forme di didattica, come l’uso del computer, i programmi personalizzati, le attività formative svolte in piccoli gruppi, per favorire l’inclusione degli alunni con diverse disabilità.
A questo punto spero che lo sviluppo di un nuovo modo di fare scuola, dettato dall’attuale contingenza, rappresenti l’occasione per sperimentare l’importanza dell’inclusione; non vorrei infatti che, finito questo periodo, la didattica a distanza diventasse un pretesto per lasciare a casa gli alunni con disabilità.
In questo periodo di sospensione scolastica, di chiusura dei centri diurni, di scarsa assistenza domiciliare, emergono la forza, ma anche l’esasperazione, di tante madri che si sentono lasciate sole a gestire i figli con disabilità complesse. È fondamentale che tutta la società non abbandoni chi necessita di maggior aiuto. Una “Buona Scuola” è la base di una società più giusta, che non lascia indietro nessuno. Spero quindi che coglieremo l’opportunità di questo tragico momento per creare una società nuova e più attenta ai bisogni di tutti.

Pedagogista e curatrice del portale “Piccolo Genio.it”, nel quale la presente intervista è già apparsa e viene qui ripresa, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione. È inoltre autrice del libro “Nata Viva” (Feltrinelli, 2018).

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