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La nuova veste necessaria ed efficace di un servizio di riabilitazione

Bimbo con disabilità visiva a scuola

Un bimbo con disabilità visiva

Ormai da quasi quindici anni l’IRIFOR Lombardia (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione dell’UICI) offre alle famiglie dei piccoli con disabilità visiva un servizio riabilitativo e formativo di intervento precoce, attivo presso le sedi di Brescia e Milano. Un’équipe di operatori formata da neuropsicomotricisti, psicomotricisti, logopedisti, musicoterapisti, osteopati, fisioterapisti, esperti della stimolazione visiva e basale e istruttori di orientamento, mobilità e autonomia personale accompagna i piccoli e i loro genitori in un percorso riabilitativo su misura, secondo un calendario di incontri a cadenza mediamente settimanale.
Eccezion fatta per la pausa estiva, in tutti questi anni il servizio non ha mai visto interruzioni, ma nelle scorse settimane l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 ha reso impossibile attuare gli incontri nelle loro consuete modalità: con rammarico, dunque, ci siamo trovati costretti a sospendere il servizio fino a data da definirsi.

Per sua natura, l’intervento precoce non è solo un servizio a sportello al quale le famiglie accedono, ma è anche un momento di dialogo e confronto, una presenza che conforta i genitori, una certezza che conferisce fiducia e spinta motivazionale. Ha un risvolto umano ed emotivo che è imponderabile: la sua assenza, la distanza che si creerà – ci siamo detti – determineranno nel tempo ricadute psicologiche negative per le quasi ottanta famiglie che si trovano nel bel mezzo di un percorso. Abbiamo quindi deciso che, in un modo o nell’altro, avremmo dovuto porre rimedio alla situazione.
«La tecnologia ci è venuta incontro – spiega Simona Roca, coordinatrice dell’équipe del servizio di Brescia – cosicché le consulenze fisioterapiche, logopediche, psicomotorie, neuropsicomotorie, della stimolazione basale e visiva, nonché l’attività di orientamento, mobilità e autonomia personale, sono arrivate a domicilio, nelle case delle famiglie, con la simpatia, la fiducia e la professionalità che ci lega da tanti anni. Ognuno dei professionisti si è messo a disposizione come poteva, con le strategie, gli obiettivi e i mezzi che più si addicono alla propria disciplina: commenti condivisi ai video realizzati dai genitori, giochi guidati a distanza in videochiamata, registrazioni audio ecc. ecc.».

La necessità è stata quella di reinventare il servizio a distanza, puntando su quegli strumenti che tutti utilizziamo in maniera informale e che sono entrati a far parte della nostra quotidianità senza che ci accorgessimo pienamente della loro potenzialità e versatilità: Whatsapp, Facebook, Facetime, le infinite app per le conference call, le videochiamate e così via.
In tutto questo abbiamo trovato collaboratori d’eccezione: le famiglie. «Grazie alla loro voglia di riprendere l’attività – sottolinea infatti Roca – i genitori si sono rivelati ascoltatori attenti e riflessivi anche sui consigli a distanza; è prezioso il tempo trascorso con loro, anche solo per fare quattro chiacchiere e risentirci vicini; grazie al loro pronto rimboccarsi le maniche, sono “prolungamenti” delle nostre mani e tutto ciò che hanno appreso e osservato durante gli anni di viva presenza nelle varie attività, ora lo mettono in pratica».

È vero: fin dall’inizio abbiamo puntato molto sul coinvolgimento delle famiglie nelle attività riabilitative ed oggi – purtroppo in un frangente triste e inatteso – ne raccogliamo i frutti. «Ovviamente non è affatto facile, sicuramente non è la stessa cosa degli incontri in presenza, ma è la nostra risposta al nulla… e sta funzionando», conclude Simona Roca.

Anche sul versante milanese la formula ha trovato proficua applicazione. La terapista Gloria Dal Zovo conferma infatti che le famiglie hanno accolto l’iniziativa con spirito costruttivo: «È essenziale – dice -, soprattutto nel caso dei bambini più piccoli e con maggiore compromissione, che la famiglia collabori e nella stragrande maggioranza è stato così».
«In taluni casi – aggiunge -, preliminarmente all’incontro virtuale, invio indicazioni e materiale via e-mail, che i genitori possono ad esempio stampare; nel caso dei ragazzi un po’ più grandi possiamo utilizzare la condivisione dello schermo del computer tramite Skype; insomma, gli obiettivi restano gli stessi, semplicemente vengono utilizzati strumenti e materiali diversi».
«Il nostro – conclude – è un lavoro che si basa sulla relazione: anche solo il fatto di non interrompere il contatto vocale con il bambino, soprattutto con i più piccoli, è importante».

Insomma, non solo abbiamo tenuto vicine le famiglie, ma siamo riusciti a proseguire i percorsi terapeutici in maniera efficace. I riscontri pienamente positivi, sia da parte dell’équipe che dei genitori, ci suggeriscono una vera e propria progettualità in questa direzione, per dare una veste nuova ad un servizio che vuole – anzi deve – stare al passo con i tempi: i tempi eccezionali che stiamo vivendo mentre scrivo queste righe, ma anche i tempi che abbiamo vissuto fino a pochi mesi fa, nell’auspicio che tornino presto.

Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) (uiclomb@uiciechi.it).

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