Era il 4 maggio, quando il nostro Comitato [Comitato 16 Novembre, N.d.R.] aveva richiesto al Presidente della Regione Puglia Emiliano che venissero eseguiti i tamponi agli operatori sanitari impegnati nell’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), a cadenza quindicinale, al fine di tutelare il più possibile i malati gravissimi e le loro famiglie e preservarli da probabili contagi portati nelle abitazioni da operatori asintomatici.
Ad oggi, metà novembre, con 1.300 contagi giornalieri in media, la nostra richiesta non è stata presa in considerazione e ci ritroviamo con operatori ai quali non solo non vengono effettuati i tamponi a cadenza periodica, ma che non hanno nemmeno DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) a sufficienza, che da Ordinanza Regionale dovrebbero essere obbligatori, per proteggere se stessi, i propri pazienti e le famiglie che li accolgono in casa.
Ogni giorno riceviamo richieste di intervento in merito a questi drammi delle famiglie. Per tutte, basti la testimonianza di una nostra Associata di Ceglie Messapica (Brindisi), quarantaduenne affetta da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), madre di tre bambini, seriamente preoccupata per sé e per la propria famiglia.
Così ci ha scritto: «Sono immobile e respiro con il supporto di una macchina. Denuncio lo scenario di noi pazienti assistiti da questa strana Assistenza Domiciliare Integrata, gestita da una cooperativa che ha tre nomi, che non ha personale e che non controllava fino a ieri (dopo infinite segnalazioni) le infezioni da Covid. Ora si rifiuta di eseguire, come prevede la normativa, il tracciamento dei contagi, omettendo in questo modo di avvisare pazienti e familiari di essere stati probabilmente contagiati. Io stessa e la mia famiglia stiamo vivendo in questa angoscia. Come può avvenire tutto questo?».
Questo lo sfogo di una donna ammalata, fra tante come lei, che si ritrova in una situazione di vero terrore, ovvero voler vivere nonostante la grave patologia da cui si è affetti e non essere messi in condizione di poterlo fare.
Ricordiamo, oltretutto, le centinaia di richieste al giorno in merito alla sospensione, in Puglia, dell’erogazione dell’Assegno di Cura, fermo al 31 luglio scorso, ridotto di 100 euro al mese rispetto allo scorso anno, e rinominato dal precedente Assessore Regionale al Welfare come “contributo Covid”.
A malincuore non possiamo che constatare che, anche in una grave emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo in questo periodo, i malati gravissimi restano sempre ultimi, anzi lo sono ancor di più e, puntualmente, vengono disattesi i principi di uguaglianza e tutela alla salute che restano soltanto belle parole.
Auspichiamo che quella nostra Associata riceva delle risposte a garanzia del suo stato e che alle famiglie delle persone con disabilità grave-gravissima e ai loro operatori vengano forniti immediatamente tutti gli strumenti necessari per garantire un supporto “sicuro e dignitoso” alle persone di cui si prendono cura.
Non vorremmo mai che la carneficina registrata a marzo nelle Residenze Sanitarie Assistite, si dovesse registrare ora nelle abitazioni private delle persone con disabilità di tutta Italia perché sarebbe imperdonabile e inaccettabile.
Il Governo sta spingendo, in questo momento, per le cure domiciliari ai pazienti colpiti dal Covid. Noi siamo in cura domiciliare da sempre e ci aspettiamo massima attenzione, sempre.