In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ieri, 25 novembre, vogliamo ricordare che:
° La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, in vigore nell’Unione Europea dal 22 gennaio 2011, riconosce nel proprio Preambolo che le donne e le ragazze con disabilità sono spesso più a rischio, sia all’interno che all’esterno della loro abitazione, di violenza, lesioni o abusi, incuria o trattamento negligente, maltrattamenti o sfruttamento.
° L’Agenda ONU 2030, attraverso il proprio Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 5, intende porre fine a tutte le forme di discriminazione contro le donne e le ragazze ed eliminare ogni forma di violenza contro le donne e le ragazze nella sfera pubblica e privata, compresi la tratta e lo sfruttamento sessuale.
° La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, meglio conosciuta come Convenzione di Istanbul, è stata ratificata da trentaquattro Paesi europei, tra cui ventuno Stati Membri dell’Unione Europea.
° La Direttiva 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo, prodotta il 25 ottobre 2012, ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, richiedendo un sostegno mirato e integrato per le vittime con esigenze specifiche, come le vittime di violenza sessuale e le vittime di violenza di genere, oltre a chiedere di tenere in debita considerazione le esigenze specifiche delle vittime con disabilità nelle comunicazioni e nelle valutazioni delle esigenze di protezione specifiche.
° La Strategia Europea 2020-2025 per la parità di genere (Una Unione dell’uguaglianza) riconosce che le donne con problemi di salute e con disabilità hanno maggiori probabilità di subire varie forme di violenza e impegna la Commissione Europea a sviluppare e finanziare misure per affrontare gli abusi, la violenza, la sterilizzazione forzata e l’aborto forzato.
° Il nostro Forum [EDF-European Disability Forum, N.d.R.] vuole intervenire per condannare la situazione in cui migliaia di donne e ragazze con disabilità in Europa si trovano ad essere vittime o a grave rischio di cadere vittime di violenza sessista, in tutte le sue forme e forme, senza eccezioni, evidenziando l’invisibilità di tale situazione nelle politiche pubbliche in questo settore.
Questo 2020 è stato segnato dall’inaspettato contagio di un virus finora sconosciuto che ha causato uno stato di emergenza non solo sanitario, ma anche politico e sociale di dimensioni imprevedibili. È ancora impossibile valutare l’impatto globale della pandemia e tuttavia, essa ha portato alla luce l’estrema vulnerabilità di migliaia di donne e ragazze con disabilità, nonché di madri e donne che si prendono cura di familiari con disabilità, le quali hanno visto violare i loro fondamentali diritti umani, durante lo stato di isolamento introdotto in molti Paesi dell’area europea, come misura necessaria per fermare la diffusione del Covid-19.
Questa realtà ha messo in luce le carenze di una società che ancora oggi considera superflue alcune risorse e servizi essenziali per le donne con disabilità nella loro vita quotidiana, con conseguenti violazioni dei loro diritti fondamentali in queste circostanze eccezionali.
L’aspetto più preoccupante è stato e continua ad essere l’aumento delle richieste di informazioni e di aiuto registrate dai servizi specializzati in materia di violenza di genere e l’impatto negativo delle restrizioni su molte donne, che sono state costrette a vivere con i loro maltrattanti in quanto non avevano alternative. Molte donne con disabilità, inoltre, hanno dovuto sperimentare ancor più come le risorse e i servizi disponibili siano diventati di fatto ancor più lontani e inaccessibili durante i mesi dell’isolamento.
Numerose donne con disabilità, e in particolare quelle anziane con disabilità, rimangono ricoverate in luoghi nei quali vige un regime di isolamento, con gravi conseguenze durante la pandemia. La maggior parte di questi istituti rimane chiusa, nonostante il resto della popolazione non lo sia più.
Inoltre, le donne con disabilità si vedono negare l’accesso alla giustizia in modo concreto, non solo a causa della mancanza di accessibilità e di accomodamenti procedurali nei sistemi giuridici e del fatto che la consulenza legale è per loro inaccessibile, ma anche – e questo è particolarmente preoccupante – a causa degli ostacoli mentali che giudici, procuratori, avvocati e funzionari delle forze dell’ordine dimostrano quando hanno a che fare con le poche donne con disabilità che tentano di accedere alla giustizia. Il personale della giustizia, infatti, spesso non dà credito alle testimonianze delle donne con disabilità e sovente non apre casi di atti violenti contro di loro, in quanto può richiedere risorse aggiuntive per la necessità di accertare la capacità della vittima di dare il proprio consenso e di testimoniare. Le poche Sentenze emesse dai tribunali che coinvolgono donne disabili, lungi dal proteggerle, non rispettano pienamente i loro diritti umani.
Pertanto, di fronte a una realtà che è quasi una regola di vita per le donne con disabilità, è essenziale mettere in atto politiche adeguate che prendano in considerazione le loro specifiche richieste e che non trattino queste evidenti violazioni dei nostri diritti umani come eccezioni isolate.
Infatti, malgrado l’esistenza di leggi nazionali sulla violenza contro le donne, i dati offerti dalle statistiche ufficiali sono ancora estremamente poco chiari per quanto riguarda la violenza sessista nei confronti delle donne con disabilità. Inoltre, i servizi per le donne vittime di violenza continuano a soffrire di gravi carenze in termini di accessibilità, non permettendo loro avvalersene senza superare ulteriori ostacoli.
E ancora, bisogna aggiungere che gli operatori in questo campo continuano a dimostrare nella loro formazione gravi lacune sulla violenza nei confronti delle donne con una qualche forma di disabilità, mentre allo stesso tempo i sistemi mancano di protocolli efficaci per consentire un adeguato coordinamento interistituzionale, quando la donna vittima di violenza ha una disabilità.
In occasione, dunque, del 25 novembre, sono letteralmente “una miriade” le questioni che ci portano a presentare una serie di istanze, che enumeriamo qui di seguito.
1. L’EIGE (Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere), in collaborazione con la Commissione Europea e gli Stati Membri dell’Unione, si è impegnato a realizzare uno studio speciale sulla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità e sulla violenza contro le madri e le donne che si occupano di familiari con disabilità. Questo studio dovrebbe facilitare una valutazione delle attuali misure legali, amministrative e politiche generali e specifiche per la loro protezione e reintegrazione e dovrebbe prendere in debita considerazione i rischi concreti e i fattori aggravanti, quali l’incapacità legale, l’istituzionalizzazione, la povertà, la condizione di chi vive fuori dai grandi centri, l’età e il tipo di disabilità.
2. Dev’essere garantita l’accessibilità universale nei rifugi e nei programmi di sostegno alle vittime per le donne vittime di violenza, nei tribunali e nelle campagne di sensibilizzazione e nel materiale informativo, in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e con la Convenzione di Istanbul.
3. Dev’essere garantito l’accesso alla giustizia per le donne e le ragazze con disabilità, assicurando la piena accessibilità in tutte le misure di garanzia procedurali, anche attraverso l’accomodamento ragionevole nelle procedure e tenendo conto dell’età, dell’accesso alle informazioni e alle comunicazioni, oltreché del supporto umano e tecnologico scelto dalle donne con disabilità per i loro rapporti con il sistema giudiziario.
4. Serve una volta per tutte un controllo efficace di tutti gli istituti residenziali, dei centri di salute mentale, dei centri diurni e simili, da parte di autorità indipendenti, al fine di prevenire casi di negligenza, maltrattamenti, abusi e violenza.
5. Sono necessari sforzi per promuovere, nel campo della violenza contro le donne e della violenza di genere, l’assistenza personale come strumento per fornire un sostegno su misura a quelle donne con disabilità che ne abbiano bisogno.
6. Vanno intensificati programmi di formazione sulla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità per le forze dell’ordine, per il personale della giustizia, per gli operatori che lavorano nei servizi di supporto rivolti alle vittime di violenza di genere, per il personale sanitario e per quello dei servizi sociali. Questa formazione dovrebbe abbattere gli ostacoli basati su stereotipi patriarcali e abilisti contro le donne e le ragazze con disabilità.
7. Serve lo sviluppo di protocolli di coordinamento che coinvolgano i principali attori coinvolti nell’affrontare la violenza sessista, cioè le forze dell’ordine, i servizi sociali, i servizi sanitari e le organizzazioni sociali specializzate. Il movimento organizzato per la disabilità, e in particolare le organizzazioni di donne con disabilità, possono svolgere un ruolo essenziale di supporto a questo lavoro.
Se c’è una lezione da trarre da questa pandemia globale, è che i diritti umani delle donne e delle altre persone con disabilità devono rimanere vigenti in ogni momento e che queste circostanze eccezionali non devono indurre i poteri pubblici a tentare di distinguere tra “cittadini di prima e di seconda classe”.
Ringraziamo Luisella Bosisio Fazzi per la collaborazione.
Per approfondire ulteriormente il tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, accedere al sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), alla Sezione intitolata La violenza nei confronti delle donne con disabilità. Più in generale, sul tema Donne e disabilità, oltre a fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, ricordiamo anche la Sezione Donne con disabilità, sempre nel sito di Informare un’h.