Nel mese di agosto scorso, la Fondazione Emanuela Zancan di Padova, per iniziativa dell’attuale presidente Tiziano Vecchiato, di Thea Paganìn, storico segretario generale, e del Consiglio di Amministrazione tutto, oltreché di amici ed estimatori, ha diffuso la notizia di aver fatto pubblicare una biografia di monsignor Giovanni Nervo (titolo: Carità e giustizia), curata da Giacomo Taddeo Traini ed edita dal Becco Giallo.
Il volume di 111 pagine racconta le tappe più importanti della vita di questo sacerdote, di cui è stato di recente celebrato il centenario dalla nascita, avvenuta nel 1918. Quel che è singolare è che il libro narri la biografia di don Nervo “a fumetti”, forma letteraria pienamente confacentesi con la sua visione della cosiddetta “cultura bassa”, cioè comprensibile a chiunque, complementare a quella accademica, che pure lo onorò, conferendogli due lauree honoris causa in Scienze Economiche e in Scienze della Formazione, per il suo impegno nelle attività sociali e formative.
Don Nervo, come amava essere chiamato senza il titolo di Monsignore, è stato un uomo di grande fede religiosa e profonda sensibilità democratica. Già da sacerdote in Veneto si espose a gravi rischi, partecipando alla Resistenza con vari scritti e celebrando di nascosto la Messa per i partigiani.
Sostenne la Costituzione italiana e il Concilio Vaticano II, citando sempre in tutti i suoi interventi formativi sia gli articoli 2, 3 e 4 della prima, sia la frase della Costituzione Conciliare Gaudium et spes: «Non si dia per carità ciò che spetta per giustizia».
Fu tra i diffusori, a partire dal 1970, del volontariato organizzato, collaborando con Luciano Tavazza alla fondazione del MoVI, il Movimento di Volontariato Italiano. Nel ’72 fu incaricato quindi dalla Chiesa di organizzare la Caritas italiana, superando gli organismi ecclesiastici assistenzialistici, come l’ONARMO (Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale degli Operai), la POA (Pontificia Opera Missionaria) e le ODA (Opere Diocesane Assistenza). Fondò inoltre la Scuola di Servizio Sociale a Padova e la citata Fondazione Emanuela Zancàn, con sedi a Padova e a Malosco in Trentino, che ha costituito una fucina attivissima di cultura sulle politiche sociali.
Per tali sedi sono passate migliaia di operatori dei servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e tanti studiosi, che hanno arricchito la normativa sociale, le prassi operative e il funzionamento dei diversi servizi pubblici e privati e del privato sociale, italiani e stranieri. Si pensi solo alla normativa sull’umanizzazione delle carceri, alla riforma dell’assistenza, alla legge sul volontariato, sulle cooperative sociali e sulle associazioni di promozione sociale, nonché a quella sul servizio civile volontario.
Personalmente sono stato testimone dell’impegno di don Nervo per l’inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità, avendo ricevuto da lui l’incarico di organizzare numerosi convegni, sui quali la Fondazione Zancan ha pubblicato parecchie monografie.
Era un uomo che non si limitava a studiare i problemi sociali, ma faceva sì che dai numerosissimi seminari organizzati nascessero delle proposte di legge e delle norme tecnicamente funzionanti.
Ricordo ad esempio, a proposito della formazione della Legge Quadro 104/92 sui diritti delle persone con disabilità, che aveva organizzato un seminario estivo a Malosco nel 1991. In tale sede si stava studiando una bozza della proposta di legge in discussione, nella quale si prevedeva, per realizzare una serie di servizi, la stipula di intese interistituzionali, che sono accordi politici, quando io gli sottoposi l’ipotesi emendativa concernente uno strumento utile a rendere più esigibili i diritti delle persone con disabilità, come gli Accordi di Programma, che sono veri e propri contratti plurilaterali sottoscritti dai Sindaci, dai Presidenti delle Regioni e da tutti gli altri enti pubblici e soggetti privati e del privato sociale, che contribuiscono collegialmente a precisare il complesso dei servizi e delle risorse di ciascuno, necessari a garantire la realizzazione, ad esempio, dei diritti dell’inclusione scolastica, lavorativa e sociale. Egli comprese immediatamente l’utilità di quello strumento giuridico e mi disse che ne avrebbe parlato subito con il relatore della legge, un deputato veneto di sua conoscenza. Immediatamente quest’ultimo presentò, a nome del Governo, un emendamento e gli accordi di programma entrarono definitivamente in più articoli della Legge 104, venendo molto praticati con successo specie al Nord d’Italia.
Malgrado i suoi tanti impegni, don Nervo fu uomo di grande umiltà e coraggio, sin dal tempo della Resistenza, ciò che gli valse un omaggio con targa commemorativa nel giardino dell’Istituto Gregorio Barbarigo di Padova.
In Curia a Roma, pur essendogli stato affidato l’incarico di costituire la Caritas italiana, si aveva molta prudenza diplomatica per il suo instancabile impegno. Infatti, con i risultati positivi ottenuti in campo sociale ed ecclesiale, avrebbe potuto diventare Vescovo, mentre ci si limitò a nominarlo Monsignore, forse per la logica burocratica secondo la quale un uomo che opera a nome della Chiesa debba avere un titolo onorifico, ma privo di valore di riconoscimento religioso.
Papa Francesco probabilmente lo avrebbe nominato Cardinale, titolo per l’attuale Pontefice non onorifico, ma “di servizio”. E don Nervo è stato uomo di sincero ed efficace servizio alla Chiesa e alla Repubblica Italiana.