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Malattie Rare: la pandemia ha moltiplicato tante precedenti criticità

Fila di omini di legno marrone, con uno di loro, rosso, che cade

Con la pandemia da coronavirus sono aumentati in modo esponenziale i problemi dei Malati Rari

«Difficilmente i conti possono essere in attivo in un anno nefasto come questo 2020. L’inizio della pandemia, infatti, ha coinciso con la Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 29 febbraio, completamente oscurata, e col passare dei mesi, ad essere spariti dall’ordine del giorno sono stati anche i problemi, le aspettative e i diritti di circa due milioni di persone e delle loro famiglie. Ciò che era già in ritardo, dunque, ne ha accumulato altro, come l’approvazione e il finanziamento del Piano Nazionale Malattie Rare (il precedente è scaduto nel 2016) e ciò che prima procedeva spedito si è arenato, come è successo per l’iter della Proposta di Legge sulle Malattie Rare o del Testo Unico sulle stesse»: è quanto emerso durante il quinto Orphan Drug Day, evento annuale recentemente promosso dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare).
«Sono mesi, anni – ha dichiarato in tale occasione la senatrice Paola Binetti – che ribadiamo la necessità di dare la giusta importanza alle persone con Malattie Rare, ben due milioni in Italia, che a causa del coronavirus sono passate quasi sotto silenzio, con tutte le loro esigenze, ma anche e soprattutto con i loro diritti. A settembre, ad esempio, con la nostra relazione programmatica intitolata Malattie Rare come priorità di Sanità Pubblica, avevamo indicato cinque azioni urgenti che andavano fatte: l’aggiornamento del Piano Nazionale Malattie Rare e il relativo finanziamento; l’approvazione del Testo Unico sulle Malattie Rare; l’implementazione dell’assistenza territoriale, che già durante la prima ondata della pandemia aveva mostrato le sue carenze, e lo sviluppo di telemedicina e teleassistenza, nonché una più efficiente organizzazione della ricerca sulle Malattie Rare: ebbene, a quattro mesi di distanza su questi fronti si sono visti solo timidissimi passi».

«L’approvazione del Testo Unico sulle Malattie Rare – ha confermato la deputata Fabiola Bologna, segretario della Commissione Affari Sociali della Camera e firmataria della Proposta di Legge sulle Malattie Rare – è un passaggio fondamentale per garantire il diritto alla salute per i Malati Rari. È un intervento legislativo che i pazienti e i loro caregiver attendono da anni. Ci stiamo battendo affinché la Proposta di Legge venga approvata al più presto in Parlamento senza ulteriori interruzioni. A tal proposito va detto che l’avvio dei lavori è stato ottimo e grazie all’impegno del Comitato Ristretto si è arrivati ad un testo unificato subito portato all’esame della Commissione Affari Sociali. Poi, grazie anche ai numerosi appelli rivolti alle Istituzioni sulla richiesta di calendarizzazione della Proposta di Legge, è stata portata a termine la discussione in Commissione. Ora si aspetta il passaggio in Aula subito dopo i lavori per la Legge di Bilancio, un iter che speriamo si concluda positivamente perché è una legge che ha il consenso trasversale di tutti gli schieramenti politici e del Ministero della Salute».

Per quanto riguarda il Piano Nazionale Malattie Rare, come detto, quello precedente è scaduto nel 2016, e per la sua attuazione non è stato stanziato nemmeno un euro. Il nuovo Piano, quindi, è in ritardo di quattro anni e questa volta il mondo dei Malati Rari chiede che esso sia finanziato.
«Qualcosa si è mosso ai primi di ottobre – informano dall’OMAR -, quando il Ministro della Salute Roberto Speranza, su sollecitazione della senatrice Binetti, ha sostenuto che per le Malattie Rare, che non facevano esplicitamente parte della relazione sulle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund, ci debba essere una scheda specifica nel Next generation EU [fondo di recupero stabilito dalla Commissione Europea, per sostenere gli Stati Membri colpiti dalla pandemia, N.d.R.]».
«Quale possa essere il contenuto di tale scheda – ha commentatro Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’OMAR – e quanta parte del Recovery Fund possa essere destinata alle Malattie Rare sono ancora ignoti. Sicuramente le risorse del Recovery Fund potrebbero essere utili a finanziare il tanto atteso nuovo Piano Nazionale, visto che la mancanza di fondi specifici per attuare le misure richieste dal primo Piano Nazionale ha ostacolato il raggiungimento di diversi risultati e l’arrivo della pandemia non ha fatto che sottolineare gli effetti di questa mancanza. La preesistenza di risorse dedicate, infatti, avrebbe probabilmente permesso di individuare dei percorsi preferenziali, o quantomeno dedicati ai Malati Rari durante l’emergenza Covid-19, invece – in alcuni Ospedali o Regioni più e in altre meno – diversi servizi essenziali hanno subito forti rallentamenti fino ad essere anche del tutto sospesi».

Altra questione chiaramente emersa durante l’incontro è quella concernente il fronte socio-assistenziale, e anche qui si è rilevato come le difficoltà dei pazienti, notevolmente cresciute in questi mesi, non siano del tutto imputabili al Covid-19, che ha avuto però il ruolo di moltiplicatore di alcune criticità pregresse.
In particolare la pandemia ha accentuato le disparità regionali nella gestione e presa in carico dei pazienti: se infatti per affrontare alcune tematiche, come la necessità di prorogare i Piani Terapeutici, si è registrato il positivo ruolo dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), su altri fronti, come la continuità terapeutica tramite il teleconsulto, le televisiteo la home therapy (“terapia a domicilio”), ciò non è accaduto e le Regioni si sono mosse in modi del tutto differenti o non si sono attivate affatto.
La pandemia, dunque, ha fatto emergere chiaramente che, se da una parte i Malati Rari hanno bisogno di pochi centri di riferimento davvero esperti, dall’altra serve assolutamente che vi sia poi una rete in grado di seguirli in maniera capillare sul territorio, fino ad arrivare al domicilio. E se negli ultimi vent’anni la rete dei centri di riferimento è enormemente migliorata, c’è ancora da fare quando si passa sul territorio, con carenze tanto maggiori quanto più ci si avvicina al domicilio, uscendo da un’ottica centrata sull’ospedale.

«Dopo anni di disinvestimenti – ha sottolineato Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Salute per la gestione dell’emergenza sanitaria -, quando ci siamo trovati a fronteggiare una grave pandemia, è emerso che questa mancanza di risorse, e la diversa capacità gestionale delle Regioni, ha reso difficile far fronte al virus in maniera efficiente. Abbiamo avuto problemi nel tracciamento, nell’assistenza primaria, ma ci siamo persi anche nell’ordinare in tempo i vaccini antinfluenzali. La salute è il bene più prezioso dei cittadini, e il modo per garantirla in maniera omogena sul territorio è il Sistema Sanitario Nazionale; questo è il patrimonio più importante da tutelare, i Paesi che lo hanno perso hanno visto un incremento delle malattie sia acute che croniche. Nessuna patologia deve finire nell’ombra, soprattutto le Malattie Rare che, vista la loro eterogeneità e le problematiche di accesso, meritano un’attenzione costante. È chiaro che il livello centrale dovrebbe essere più attivo e pensare a una programmazione razionale, ma anche su questo ci sono dei ritardi e i territori si adattano in funzione delle proprie capacità. Serve pertanto un salto di qualità economico finanziario, ma anche organizzativo-gestionale».
Un esempio concreto di come talvolta i processi virtuosi si blocchino a causa di passaggi burocratici e mancanza di coordinamento lo ha evidenziato Giuseppe Limongelli, che è a capo del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania: «Nella nostra Regione – ha detto –  siamo in attesa di una Delibera che possa permettere a tutte le aziende di utilizzare un unico software per il teleconsulto. La Campania ha già fatto suo l’Accordo Stato-Regioni sul teleconsulto nei Malati Rari, ma avere gli strumenti per poterlo utilizzare in maniera omogenea su tutto il territorio regionale sarebbe il passo decisivo».

Altro tema centrale del quinto Orphan Drug Day è stato quello della ricerca, pensando sia a quella di base, sia alle fasi più avanzate della ricerca clinica. «In questi mesi di pandemia – ha dichiarato Manuela Battaglia, responsabile per la Ricerca della Fondazione Telethon – la ricerca si è “covidizzata”, con il rischio di perdere di vista tanti altri àmbiti importanti, come le malattie genetiche. I fondi per la ricerca sono pochi, ma se quei pochi venissero concentrati su progetti che mettono insieme i migliori ricercatori, potremmo lo stesso avere risultati».
La pandemia, per altro, ha causato problemi importanti anche alla ricerca clinica più avanzata, con difficoltà nell’arruolamento dei pazienti e nelle visite di controllo che, come ha spiegato Giuseppe Vita, dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Malattie Meuromuscolari al Policlinico Martino di Messina (Centro NEMO Sud), «dovrebbero e potrebbero più spesso svolgersi a domicilio, piuttosto che far viaggiare le persone, e sempre più avvalersi della telemedicina».
«Rimane il fatto- ha concluso Ricciardi – che nel nostro Paese non si investe abbastanza, innanzitutto perché manca una meccanica dell’implementazione a livello strategico. Nella Legge di Bilancio in discussione, ad esempio, sono previsti investimenti per innovazione che sono la metà di quello che la Commissione Europea raccomanda: siamo cioè di fronte a una Legge Finanziaria recessiva rispetto all’innovazione. E anche per i trial clinici siamo indietro, dal momento che oltre alle poche risorse economiche dedicate, soffriamo anche dei ritardi e delle lentezze del nostro sistema: non abbiamo infatti ancora implementato il nuovo Regolamento Europeo né la nuova organizzazione dei Comitati Etici. Il risultato è che la ricerca viene spostata dove è più veloce e dove ci sono più fondi, ovvero fuori dal nostro Paese». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@osservatoriomalattierare.it.

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