Nadir Malizia, un uomo normale che vive in una società disabile

«Sono un uomo normale che vive in una società disabile e le barriere più alte con cui mi spesso devo scontrarmi sono quelle mentali»: lo dice in questa intervista curata da Zoe Rondini, Nadir Malizia, giurista, giornalista e scrittore, che si occupa di disabilità, bullismo e sport e che ha pubblicato il libro “Vita su quattro ruote”. «Non è stato facile – dice ancora – trovare un equilibrio tra la mia disabilità motoria e l’omosessualità, ma oggi mi sento fortunato e felice»

Nadir Malizia

Nadir Malizia

Sei giurista, giornalista e scrittore. Ti occupi di disabilità, bullismo e sport. Ci vuoi parlare di queste attività e di come riesci a legarle tra loro?
«Innanzitutto sono giurista, specializzato in Diritto Comunitario e Diritto Internazionale dell’Unione Europea. Mi occuperò di diritti civili. Da poco mi occupo anche di bullismo, con due Associazioni e di sport, poiché in seguito ad un articolo della «Gazzetta dello Sport», mi ha contattato l’Associazione Italiana Avvocati dello Sport, chiedendomi se volevo farne parte come socio ordinario, portando la mia testimonianza per quanto riguarda la disabilità e lo sport. A causa del Covid lavoro da casa, ma spero presto di riprendere a viaggiare per lavoro».

Hai affermato che ti senti «un uomo normale che vive in una società disabile che non vuole vedere al di là dei propri occhi». Quali sono le barriere più alte con le quali ti scontri e cosa manca al loro abbattimento?
«Le barriere più alte con le quali mi scontro spesso sono quelle mentali, non tanto quelle architettoniche. Sinceramente le ostilità delle persone sono difficili da abbattere perché ciò che è diverso da te spaventa. Per quanto riguarda invece le barriere da abbattere per rendere una persona con una disabilità autonoma, ci vorrebbe maggior consapevolezza che non siamo cittadini di serie B, ma uguali a tutti gli altri. Si dovrebbe partire ponendo maggiore attenzione ad individuare quali sono i problemi che le persone con una disabilità devono affrontare ogni giorno. Bisognerebbe avere una società a misura di cittadino che non crea delle differenze, una società coesa uguale per tutti. Soltanto così il nostro Paese si potrà definire una società civile».

Anche qui parto da una tua affermazione: «La carrozzina non deve rappresentare un disagio, ma un punto di forza, dal quale partire». Qual è stato il tuo percorso di vita e come sei arrivato a trasformare la tua situazione in una risorsa?
«Non basterebbe una risposta per raccontare il mio percorso di vita. Ma di una cosa sono sicuro: sono arrivato a trasformare la mia disabilità in una risorsa grazie alla mia consapevolezza. Succede ad ognuno di noi di avere una battuta di arresto nell’età adolescenziale: una fase critica, piena di dubbi e domande. Per fortuna, personalmente, quella fase è durata pochi secondi e da quel momento è stata una continua salita con la determinazione di dare qualcosa per gli altri migliorando me stesso».

Copertina del libro "Vita su quattro ruote" di Nadir MaliziaSei una persona omosessuale in sedia a rotelle. Come hai vissuto e come vivi questa condizione nella famiglia, in particolar modo nel rapporto con tuo padre, ma anche in àmbito lavorativo e sociale?
«L’omosessualità è sempre un argomento molto delicato da affrontare, ma è giusto che se ne parli. Allora, all’interno della mia famiglia hanno compreso fin da subito il mio orientamento (così almeno mi è stato detto). Ho capito di essere omosessuale prima dei 14 anni. All’inizio pensai che fosse solamente una fase dovuta alla crescita e a capire che cosa mi stava succedendo, ma più gli anni passavano, più capivo che non era una fase, ma era veramente quello che ero.
Il mio orientamento sessuale l’ho sempre vissuto con serenità e ho trovato un equilibrio tra la mia disabilità e l’omosessualità. Mi sento fortunato e felice. Non dico che sia stato tutto facile il mio percorso, ma se potessi ritornare indietro rifarei di nuovo tutto.
Anche qui ho voluto portare la mia esperienza di persona in carrozzina omosessuale, perché di omosessualità se ne parla, ma per quanto riguarda la persona in carrozzina lesbica o gay c’è ancora tanto tabù su questo tema. Parlando della mia famiglia e di come vivo il mio orientamento sessuale, posso dire che tutti lo sanno e lo hanno accettato, tranne mio padre. Il che mi dispiace, ma penso che in fondo sia un problema suo: io sto bene con me stesso».

Secondo te a che punto siamo in tema di amore, sessualità e disabilità?
«Si parla più frequentemente di disabilità, amore e sessualità, per fortuna! Ma c’è ancora tanto da fare quando si affrontano tali tematiche. Ritengo che non siamo arrivati ad un traguardo effettivo perché si crede ancora che la persona con disabilità non possa amare o essere amata. Niente di più sbagliato. Il linguaggio universale dell’amore è uguale per tutti, non esiste alcuna diversità. Bisogna appunto viverla con assoluta normalità».

Spesso quando si parla di amore e sessualità tra persone con disabilità ci sono due frequenti reazioni: chi la vede come una cosa semplice e possibile e chi è totalmente negativo e negazionista. Qual è il tuo punto di vista e la tua esperienza a riguardo?
«La mia esperienza personale e stata più che positiva. Ho avuto conoscenze e le mie prime storie sono state con persone non disabili, e tuttora è così. Ritengo che ognuno debba star bene con chi ama, indipendentemente dal fatto che sia una persona con disabilità o meno, e non si deve dare troppo retta al giudizio e al pregiudizio degli altri».

Quali sono la trama e la mission del tuo libro Vita su quattro ruote? Quali strade ti ha fatto intraprendere con e per gli altri?
«La mission del mio libro è che ogni diversità dev’essere rispettata, anche se si ha una disabilità, perché si può sempre imparare qualcosa di nuovo. Da quando ho scritto questo libro, ho avuto l’opportunità di conoscere tante persone e di dare vita a tante collaborazioni interessanti e costruttive e inoltre questo libro mi ha dato modo di far conoscere la mia storia a livello mediatico e della carta stampata, ma soprattutto mi consente di aiutare altre persone come me e le loro famiglie a rendersi consapevoli della situazione che stanno vivendo. Spero in futuro di continuare ancora su questa strada e fare sempre di più e meglio».

Zoe Rondini è pedagogista e curatrice del portale “Piccolo Genio.it”, nel quale il presente contributo è già apparso e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione. È autrice del libro “Nata Viva” (prima edizione 2011, Società Editrice Dante Alighieri) e ha pubblicato recentemente per Erickson RaccontAbili. Domande e risposte sulle disabilità. La pagina Facebook di Nadir Malizia, autore del libro “Vita su quattro ruote” (Gruppo C1V, 2015), è a questo link.

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