Un territorio già fanalino di coda tra i Municipi Capitolini, che vanta il triste primato di vedersi riconosciuto sullo storico il più esiguo dei finanziamenti per i servizi sociali alle persone con disabilità, che annovera tra i suoi insuccessi persone in attesa di accedere ai servizi fin dal 2008.
Un Municipio che dall’autunno del 2019, a seguito della quiescenza del Direttore della Direzione Socio Educativa, funzione cardine per la gestione e la tenuta dei servizi sociali e per l’interfaccia dell’Amministrazione Comunale con la cittadinanza, ha visto l’avvicendamento con un altro Direttore che dopo pochi mesi è andato in pensione, rendendo quindi nuovamente vacante tale posizione sin dal mese di agosto dello scorso anno.
In questa situazione già precaria, la Consulta Permanente per i Problemi della Disabilità di tale Municipio sopravvive e opera grazie al vigente regolamento che dal 1997 conferisce ad essa permanenza e autonomia. Mentre però il Municipio evita ogni momento di confronto con l’utenza, sospendendo anche gli Osservatòri istituiti da questa Amministrazione (Osservatorio Municipale per lo Sport e Osservatorio PEBA-Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), l’Amministrazione Centrale, che ha i poteri sostitutivi per il Municipio commissariato, ci nega un confronto costruttivo sul nuovo regolamento per la nostra Consulta (DI 11), ci estromette da ogni confronto istituzionale capitolino, come con l’“Osservatorio Permanente per la mobilità individuale delle persone con disabilità” e, fatto più recente, anche dalla discussione sul deliberando “Regolamento dei Servizi Sociali”.
Quest’ultimo ricalca perfettamente la Delibera di Giunta Comunale n. 355 del 21 dicembre scorso, ribadendo un concetto obsoleto di servizi a richiesta in cui il ruolo dell’Amministrazione è disallineato dall’utenza e l’utente deve adeguarsi al servizio offerto e non viceversa.
E pensare che questa stessa Amministrazione aveva prodotto due anni fa una Deliberazione di Assemblea Capitolina (DAC), frutto di un vero lavoro collegiale, che aveva gettato le basi e stabilito i tempi per un nuovo sistema di servizi, che mettesse finalmente la persona al centro, rendendola artefice e partecipe del proprio percorso di vita.
Così tristemente si chiude una stagione che doveva ribaltare i princìpi del sociale a favore delle persone che ne sono destinatarie e invece ci si ritrova a combattere con un arroccamento su vecchie posizioni.
Nella resilienza che è propria delle persone con disabilità e dei loro caregiver familiari attenderemo quanto accadrà prossimamente, con l’amara consapevolezza che nulla cambia e che “la persona al centro dei servizi” continuerà ad essere uno slogan meramente elettorale.
Ringraziamo Paola Fanzini per la collaborazione.