In una delle sue ormai “leggendarie” conferenze stampa, Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ci ha illuminati sul significato della parola caregiver, termine universalmente noto nel mondo della disabilità, per noi familiari tristemente famoso, perché mai riconosciuto a nessun livello, né giuridico né economico. Per fortuna, però, una luce ha ora squarciato il buio che avvolgeva questa parola e la nostra condizione, e il prode Presidente della Regione Veneto ci ha illuminati. Come riferisce infatti il «Corriere della Sera», «inciampando sull’inglese e parlando di “car-giver”», Zaia ha definito i caregiver come «coloro che fanno da autisti, che portano in giro dal medico il cardiopatico, l’obeso…».
Purtroppo non si tratta di una battuta infelice, che sarebbe stata sciocca, ma probabilmente meno offensiva di una manifestazione di palese mancata conoscenza, tanto più colpevole perché proveniente da un Presidente di Regione che dovrebbe sapere cos’è la disabilità e quali sono le figure di riferimento. Ancor più grave, inoltre, in quanto risulta sia stato proprio lo stesso partito a cui appartiene il Presidente della Regione Veneto a chiedere e ottenere un Ministero delle Disabilità.
Essere qualificati come “autisti” o “accompagnatori occasionali” forse spiega il totale disinteresse per una categoria che non ha alcuna tutela e che da anni funge da unico ammortizzatore sociale del proprio congiunto con disabilità, nella maggior parte dei casi una donna che ha dovuto rinunciare al lavoro e che nel frattempo ha acquisito competenze multiple e specializzazioni che neanche al Massachusetts Institute of Technology sarebbe possibile, a forza di doversela vedere da sola.
Non è ammissibile tale mancata conoscenza e superficialità da parte di chi è a capo di una Regione e ricopre una carica istituzionale, non è ammissibile liquidare il tutto come una battuta infelice o un lapsus. Cosa si fa in un Paese civile i questi casi?