«Devo tutto al buon Dio e alla mia famiglia, ma un po’ anche a me stesso, se ho trovato la voglia di continuare a lottare. Sempre con il sorriso sulle labbra». Andrea Ferrero, cinquantenne cagliaritano, è una di quelle persone che ti contagiano con il loro ottimismo. Per molti è diventato un esempio positivo da imitare perché, nonostante la sua cecità, ama la vita con tutte le forze.
Ha perso la vista gradatamente, a causa della retinite pigmentosa, malattia degenerativa progressiva e al momento incurabile. I primi sintomi gli furono diagnosticati ufficialmente nell’autunno del 1998. «In verità mi ero accorto già un po’ prima di avere alcuni problemi alla vista, soprattutto nelle ore notturne, ma li avevo sottovalutati. Questa patologia è scritta nel mio DNA ma non lo sapevo. I miei fratelli invece sono sani, per fortuna. O forse per sfortuna: magari la malattia mi ha migliorato».
Andrea ha fatto dell’ironia una delle sue doti migliori. Ma ammette che non è stato così semplice accettare questa situazione che, nel corso degli anni, lo ha portato a perdere completamente la vista. «La prima reazione è stata di paura, preoccupazione, perché non ero preparato e non lo era neppure la mia famiglia. Anche per loro sono stati momenti difficili, non è semplice avere un figlio con una disabilità così importante. Per me è stata una doccia fredda, il professor Maurizio Fossarello [specialista in Oculistica di Cagliari, N.d.R.] era stato subito molto franco: diventerai cieco, mi disse. Avevo 27 anni. Provavo paura, ma non rabbia, non mi sono fatto travolgere dall’ira, né ho imprecato contro la sfortuna o chissà che altro. Ho cercato di reagire. Mi sono sottoposto a numerose visite in centri ad alta specializzazione (Parigi, Milano, Barcellona), ma il responso è sempre stato lo stesso. Da dieci anni sono in cura a Napoli, in un Centro Telethon dell’Università Federico II (reparto Malattie Ereditarie della Retina, diretto da Francesca Simonelli). Sono passato dall’illusione della guarigione alla speranza. La disabilità mi ha permesso di vedere cose che non avevo mai visto in precedenza».
«Ogni tanto mi chiedono se credo in Dio. Quando mi è stata diagnosticata la malattia, confesso che non ci ho creduto tanto. Ma poi ho avuto la prova, nei momenti più difficili ho percepito la sua presenza al mio fianco. Non mi agito più di tanto perché mi affido a Lui. Poi ho avuto la fortuna di incontrare un sacerdote illuminato, don Ettore Cannavera, che aveva conosciuto mio padre quando era presidente del Tribunale dei Minori di Cagliari. Ettore, che il giovedì organizza un incontro di preghiera presso la sua Comunità La Collina, mi ha aperto gli occhi ad una nuova visione del Cristianesimo. Ma le prove della presenza di Dio nella mia vita sono innumerevoli. Tempo fa conobbi per caso una persona, che mi disse: “Andrea, non avere paura, ci sono tante persone nelle tue identiche condizioni che affrontano serenamente la vita di tutti i giorni. Stai tranquillo, andrà tutto bene”. Ecco, l’ho preso come un segno divino, come se il Padreterno mi avesse voluto rincuorare attraverso uno sconosciuto».
Nel 2004, dopo altre esperienze lavorative, Andrea ha iniziato a lavorare al CRS4 [Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna, N.d.R.], a seguito di un colloquio per le categorie protette. In amministrazione, grazie alla Laurea in Economia e Commercio. Ancora non aveva la cecità totale che è sopraggiunta nel frattempo. Oggi è un tecnologo.
«All’Istituto per i Ciechi della Sardegna Maurizio Falqui, ho incontrato Paolo Mura, che mi ha aiutato a utilizzare i software assistivi. Quando il CRS4 ha realizzato la digitalizzazione del complesso statuario di Monte Prama, sono stato coinvolto nel progetto di accessibilità dei musei. Ho offerto la mia conoscenza delle problematiche che riguardano le disabilità. Oggi seguo, in particolare, un progetto di arte accessibile. In verità l’accessibilità non esiste. Semmai, esistono le cose fatte bene e quelle fatte male».
Si diceva della famiglia. «L’apporto dei miei genitori è stato determinante, anche se mia mamma all’inizio non riusciva ad accettare la mia nuova condizione. Aveva aspettative di guarigione, non si arrendeva all’idea di vedermi diventare cieco. Oggi probabilmente i miei genitori sono orgogliosi di come ho reagito, o forse si sentono fortunati perché mi vedono sorridente, felicemente sposato con Annalisa. Mia moglie mi è stata sempre accanto, nonostante sapesse sin dall’inizio quale sarebbe stato il mio futuro, ma le dico sempre che ha avuto più coraggio a sposare Andrea, piuttosto che ad accettare la mia disabilità. Infatti, alcuni miei difetti sono difficili da accettare, soprattutto la pigrizia…».
Andrea parla della capacità di moltissime persone con disabilità di fare ironia sulle disabilità. «La gente talvolta ha paura di essere scorretta con i disabili, non si permette di trattare certi argomenti. Io pure temo di essere scorretto con, ad esempio, una persona che siede sulla carrozzina. Questione di punti di vista, se mi si passa la battuta. Anni fa facevo nuoto all’Esperia di Cagliari, seguito da Salvatore Bandinu, un istruttore specializzato in attività natatorie per persone con disabilità visiva. Un giorno un mio compagno, a fine allenamento, lasciò lo spogliatoio dicendo: “Ci vediamo sabato prossimo”. Pochi minuti dopo rientrò e si scusò con me, dicendo: “Perdonami, dimenticavo che tu non vedi”. Un piccolo episodio che la dice lunga sulle situazioni imbarazzanti che possono crearsi, anche senza volerlo. Ma io stesso dico che “guardo la TV”, anche se in verità la ascolto!».
Andrea ha mille passioni. Da anni collabora con due emittenti radiofoniche private, curando il programma Oltre le barriere su Radio X, con il collega Andrea Mameli, e un programma di cucina su Unica Radio con Fabio Bettio. «È un’esperienza bellissima, la radio è uno strumento eccezionale di comunicazione che ti permette di conoscere tanta gente e approfondire mille argomenti».
E poi è arrivata la pittura. «Una passione nata per caso, per “colpa” di mia moglie che frequentava il laboratorio di Tonio Spada, un pittore cagliaritano molto affermato. Nel 2017 una pittrice allora vicina di studio del maestro Spada, Anna Lisa Carta, mi convinse a iniziare a provare a dipingere, superando la mia ritrosia da non vedente. “Non vedo, come faccio a dipingere un quadro?”, dicevo. Ero piuttosto scoraggiato, però mia moglie e altre persone mi hanno aiutato moltissimo a credere in me. Ho iniziato con i pennelli, ma, dopo poche lezioni, ho incominciato a utilizzare le mani perché riesco a trovare più facilmente le giuste coordinate».
Ha riscoperto lo sport di recente. «Da ragazzino ho svolto attività sportiva per anni, poi ho smesso per riprendere da adulto. Per me è una medicina, infatti mi è mancata dopo che, a causa della pandemia, sono stato pressoché fermo come tante persone. Pratico lo sci nautico, che mi fa sentire veramente libero. Ho iniziato nel 2016, grazie all’incontro, in un convegno organizzato a Cagliari, con il grande Jeff Onorato [campione e istruttore di questa disciplina, ha perso l’uso di un braccio in seguito a un incidente stradale, N.d.R.]: lo intervistai per la radio e mi trasmise una grande energia. L’estate successiva andai da lui, a La Maddalena, e iniziai a praticare questo sport straordinario. Jeff mi ha insegnato che la sfortuna è amica, perché ti impone di impegnarti in ciò che fai».
Andrea e le sue passioni. Ogni tanto ne trova una diversa. «Per me sono terapeutiche, uno stimolo a vivere con il sorriso. Tutti i giorni».
Ad Andrea Ferrero, e in particolare alla sua pittura, «Superando.it» ha già dedicato alcuni servizi: Quei quadri dipinti vedendo solo ombre (intervista di Stefania Leone), Il mondo onirico di Andrea Ferrero (di Laura Lanzi) e Andrea Ferrero: il colore, le mani, l’anima (intervista di Paola Desiderato).