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Compartecipazione alle spese dei servizi: un altro Comune condannato

Mano del giudice che batte il martellettoDal canto suo, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi aveva insistito sul fatto che quel Comune non potesse in alcun modo indicare regole diverse da quelle dettate dalla normativa nazionale sull’ISEE, al fine di determinare la capacità economica dell’assistito e, di conseguenza, la quota di compartecipazione alla spesa. I legali, inoltre, hanno insistito sul fatto che era totalmente illegittimo fare riferimento all’articolo 433 del Codice Civile, quale giustificazione per non far fronte alla compartecipazione alla spesa del servizio per la persona.

Come sottolineato dal Presidente della LEDHA, casi del genere, purtroppo, si sono ripetuti frequentemente negli ultimi anni in numerosi Comuni lombardi, che pur in presenza di una normativa sin troppo chiara, continuano a chiedere alle persone con disabilità di presentare l’“ISEE ordinario” anziché quello “ristretto” (si legga nel box in calce un approfondimento su tali concetti), per determinare i livelli di compartecipazione alla spesa.
«Addirittura – commenta Laura Abet, legale del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi – si fa riferimento al diritto agli alimenti, che sono prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trova in stato di bisogno economico, ma che sono un diritto personalissimo, intrasmissibile, irrinunciabile e azionabile solo dalla persone stessa, non dal Comune».

«Il testo di questa Sentenza del TAR – conclude Francesco Trebeschi – è estremamente chiaro, affermando ancora una volta con nettezza che i Comuni non possono discostarsi dalla normativa nazionale sull’ISEE. E nello specifico di questo provvedimento, è particolarmente significativo il fatto che il TAR abbia condannato il Comune anche al rimborso delle spese in giudizio a favore del ricorrente per un importo di 4.000 euro, proprio a voler segnare, diversamente dal passato, che ormai la giurisprudenza è univoca nel considerare tali questioni come un’evidente disapplicazione della normativa nazionale e come tale, sanzionabile non solo di dichiarazione di illegittimità ma anche non più passibile di compensazione delle spese, come invece spesso accade con la Pubblica Amministrazione». (S.B.)

Oltre ad ulteriori informazioni, l’Ufficio Stampa della LEDHA (ufficiostampa@ledha.it) può fornire anche il testo della Sentenza di cui si parla nel presente contributo.

L’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) serve a fornire una valutazione della situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. Esso tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove siano presenti persone con disabilità o non autosufficienti. L’ISEE è necessario per l’accesso alle prestazioni sociali la cui erogazione dipende dalla situazione economica familiare.
L’ISEE ordinario (o “standard”) contiene le principali informazioni sulla situazione anagrafica, reddituale e patrimoniale del nucleo familiare. Questo tipo di Indicatore vale per la maggior parte delle prestazioni.
L’ISEE socio sanitario (o “ristretto”) è utile per l’accesso alle prestazioni sociosanitarie, come l’assistenza domiciliare per le persone con disabilità e/o non autosufficienti, l’ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali per le persone che non possono essere assistite a domicilio. Le persone con disabilità maggiorenni possono scegliere un nucleo più ristretto rispetto a quello ordinario. Per esempio, una persona maggiorenne disabile non coniugata e senza figli, che vive con i genitori, in sede di calcolo ISEE può dichiarare solo i suoi redditi e patrimoni.
(fonte: INPS)

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