Come deve lavorare un bravo speaker di audiodescrizioni

Come dovrebbe essere speakerata un’audiodescrizione? Qual è la voce giusta? E come lavora il bravo speaker di audiodescrizioni? Dopo avere trattato in un precedente intervento il tema dell’audioodescrizione in termini generali, Laura Raffaeli prosegue la sua ricognizione riguardante l’abbattimento delle barriere sensoriali nell’audiovisivo, occupandosi questa volta di speakeraggio dell’audiodescrizione stessa

Speaker di audiodescrizioni

«Quello dello speaker di audiodescrizioni e quello del doppiatore – scrive Laura Raffaeli – sono due mondi totalmente diversi»

Dopo avere trattato in un primo intervento il tema dell’audiodescrizione (a questo link) – se pur sommariamente, perché di certo non basta un singolo contributo a far comprendere a tutti di cosa si parla, come dovrebbero essere realizzate le audiodescrizioni e perché in Italia sono, nostro malgrado, ancora un argomento di nicchia – continuiamo a parlare di abbattimento delle barriere sensoriali nell’audiovisivo, occupandoci questa volta di speakeraggio.

Lo speaker è quella figura professionale che legge a voce il testo scritto dall’audiodescrittore, e senza il quale un’audiodescrizione solo scritta non avrebbe alcun senso. Vediamo quindi come dev’essere speakerata un’audiodescrizione. Ricordo che in questo caso non parlano le società, le aziende o i professionisti del settore, ma è la voce di chi fruisce di quel poco che viene reso accessibile rispetto a tutta l’offerta (sempre pagata con abbonamento o a noleggio). Ed proprio questa, ovviamente, la prima discrepanza, se così vogliamo definirla facendo i buoni.
Attenzione, però: nessuno vuole le cose gratis perché disabile, semplicemente ci si stanca un po’ quando ci si accorge di essere presi in giro, se non usati ripetutamente per meri scopi di lucro. Perché noi persone con disabilità sensoriale paghiamo gli stessi importi di ogni altro italiano per tutte le reti televisive: nessuno sconto né sui canoni (inclusi quelli obbligatori) né sui noleggi, per avere letteralmente un atomo dell’offerta generale che tutti gli altri invece ricevono, e questo quando esiste un film accessibile su 10.000 che non lo sono, perché c’è anche chi non considera affatto l’accessibilità (e non sono poche le piattaforme che ancora non si adeguano).
Viene dunque da chiedersi: è meglio chi non considera affatto le persone con disabilità sensoriale, o chi invece le considera solo per un prodotto accessibile su 1.000, offerti allo stesso prezzo per tutti indistintamente? Punti di vista: a me ad esempio disturba di più chi fa finta di rendersi inclusivo, soprattutto disturba a tutti pagare qualcosa che non c’è.

Dopo questa lunga premessa, doverosa per chi legge e vuole conoscere anche l’altra parte della medaglia, avendo un quadro completo sull’audiodescrizione, parliamo di speaker e speakeraggio, cioè, come detto, di quei professionisti della voce che ascoltiamo tutti, ad esempio in un documentario, soprattutto noi disabili visivi, perché è anche la voce che legge i testi scritti dall’audiodescrittore.
A volte anche una buona audiodescrizione può essere rovinata se lo speaker non è all’altezza di speakerarla come si deve. Come dovrebbe essere quindi speakerata un’audiodescrizione e quali sono gli errori da non fare?

Per prima cosa va detto che noi disabili visivi (ciechi o ipovedenti) siamo abituati alle sintesi vocali, potendo leggere e scrivere solo grazie agli screen reader, quei programmi che tramite una sintesi vocale leggono tutto il testo che non possiamo vedere, ad esempio su un monitor o su un display. Questo ci facilita la comprensione della voce che legge le audiodescrizioni, l’importante è che la quella voce sia idonea.
Ma qual è la voce giusta? Va distinta la figura dello speaker da quella del doppiatore: sono due mondi totalmente diversi: il primo deve leggere un testo scritto nel modo più neutrale e impersonale possibile, assomigliando pertanto più a una sintesi vocale che legge un testo descrittivo; il secondo, invece, deve doppiare chi recita e interpreta scene di un film o di una serie TV. La neutralità della voce dello speaker è fondamentale, perché noi disabili visivi memorizziamo quella voce come audiodescrizione, quindi ben distinta dal sonoro e dal parlato del film o del programma: è più facile per noi entrare nel film avendo le due cose ben distinte. A volte, invece, alcuni speaker, senza dubbio bravissimi doppiatori, interpretano o addirittura recitano, confondendoci non poco nella fruizione del film o del programma: in sostanza non distinguiamo più l’audiodescrizione dagli attori. Gli speaker bravi, invece, non recitano, non interpretano e mantengono sempre lo stesso tono e timbro, forse all’apparenza monotono per chi vede, ma necessario a noi che non vediamo.

Per speakerare un’audiodescrizione bisogna perciò dimenticare il doppiaggio, la recitazione e l’interpretazione. Sarebbe un grave errore non farlo. Lo è altrettanto usare voci invasive: va scelta infatti ogni volta la voce giusta in base al film o al programma. Può essere una voce maschile o una femminile, non importa, l’importante è non recitare o interpretare il testo, quindi mantenere un tono soft e possibilmente sempre uguale dall’inizio alla fine; solo così noi potremo ascoltare senza confusione o altri problemi l’audiodescrizione, sentirci inclusi ed essere davvero autonomi.

È fondamentale, in sostanza, lasciare libera interpretazione alla persona con disabilità visiva, già abituata di suo a sintesi vocali e solo a testi in audio, quindi né l’audiodescrizione né la voce dello speaker possono interpretare per altri: devono solo descrivere ciò che loro vedono, senza intasare il parlato con voci che recitano testi i quali, a loro volta, descrivono cose non visibili, ma solo interpretate da chi audiodescrive o speakera.
Noi disabili visivi abbiamo la capacità di apprendere la realtà anche da una sola parola, se questa però è quella giusta e non copre il sonoro che ci circonda. Allo stesso modo riusciamo a scindere l’audio dell’audiodescrizione dal sonoro e dal parlato di un film, sempre se la voce che speakera è completamente diversa e neutrale rispetto a questi. L’errore più frequente è quello di descrivere anche ciò che non si vede, ma si intuisce e, nel caso dello speakeraggio, di raccontare il testo dell’audiodescrizione: il risultato è che così si ottiene un’audionarrazione, cosa ben diversa dall’audiodescrizione. Non bisogna quindi impaurirsi di fronte alla cecità, ma considerare che chi è cieco non è anche disabile cognitivo: abbiamo capacità a volte superiori in questo, perciò la qualità e la professionalità sono fondamentali, perché la parola e la voce giuste (cioè l’audiodescrizione e lo speakeraggio), diventano i nostri occhi.
Grazie sin d’ora, quindi, a chi capirà che abbattere una barriera visiva non consente errori o bassa qualità, a chi considererà fondamentale interagire e collaborare con la persona con disabilità visiva, e grazie a tutti i professionisti che lavorano nel campo dell’audiodescrizione e dello speakeraggio di quest’ultima, perché anche se c’è chi fa errori, ricordo che purtroppo parliamo ancora di una professione di nicchia, anziché della normalità come invece dovrebbe essere.
Certo, oggi non parliamo più di pionieri, ma spesso di professionisti con vasta esperienza e pratica, oltre agli improvvisati citati nel mio precedente articolo dedicato su queste pagine all’audiodescrizione, ma questi non mancano purtroppo anche nello speakeraggio.
A tutti gli audiodescrittori e agli speaker, auspicando ovviamente che i suggerimenti qui esposti qui vengano seguiti, auguro quindi di poter lavorare tantissimo, ma questo dipende solo dalle TV e dal cinema che devono rendersi accessibili e smetterla di offrire audiodescrizioni col contagocce.

Presidente dell’Associazione Blindsight Project. Il presente testo costituisce il riadattamento di un contributo già apparso nel n. 98 della testata «Diari di Cineclub». Per gentile concessione.

A questo link è disponibile il podcast del presente testo, letto da Raffaella Castelli.

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