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Come sarebbe bello girare liberamente per Milano…

Parcheggio riservato a persone con disabilità di Milano

Un parcheggio riservato a persone con disabilità di Milano

Era il 2016 quando Milano vinceva l’Access City Award, premio della Commissione europea per le città europee a maggior vocazione accessibile [se ne legga ampiamente anche su queste pagine, N.d.R.]. Il premio riconosceva l’accessibilità del capoluogo e ne promuoveva l’impegno a migliorarne le condizioni negli anni a venire. Sei anni dopo certamente mi trovo meglio a Milano, ma mi rode non potere andare dove voglio. Infatti, fra trasporti pubblici ancora non sempre accessibili e ristoratori “sempre più accoglienti” – ristoratori sì, ristoranti no, con gli sgradevoli gradini all’entrata senza pedana -, sono evidenti le contraddizioni della mia amata metropoli. Con dispiacere, inoltre, vedo ancora marciapiedi senza scivoli per le carrozzine, ma lieto plaudo ai musei sempre più accessibili, con MuseoCity che introduce l’avatar robotico e pubblica la guida Il museo per tutti, quest’anno dedicata alle disabilità sensoriali e cognitive.

Amo Milano e menziono i due progetti di cui sopra perché li conosco bene avendo dato il mio piccolo contributo. Ma se Milano non si ferma a questo è proprio la questione dell’accessibilità basica a lasciarmi Insoddisfatto.
«Milano Today» ha denunciato un paio di settimane fa  che alcuni abitanti della Zona Bicocca si sentirebbero beffati dalla mancanza di scivoli a un incrocio di zona più volte soggetto a ristrutturazioni senza mai affrontare la questione. Eppure la mia adorata Milano ha approvato il PEBA (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) a dicembre 2020.
Le barriere architettoniche non si abbattono in un giorno, men che meno quelle mentali. E Milano i suoi passi avanti li ha fatti. Ma il futuro mi preoccupa, per una questione che ha origine nel personale: se Milano è la città del cibo, perché non posso andare al ristorante liberamente? Se è quella del design, perché non posso andare in Via Tortona [ove si svolge la “Tortona Design Week”, N.d.R.]? E se è quella della moda, perché andare in un negozio è una lotta per la sopravvivenza? C’è una sottile questione che sottende a tutto ciò. E che preoccupa per il futuro, come detto.

Mi piace andare in centro. Devo passare lungo ampie zone pavimentate a pavé. Molte persone con disabilità lo detestano, causa sussulti che stimolano spasmi da mozzare il fiato. Mozzare il fiato in senso tecnico e nient’affatto poetico.
Chi lo vuole e chi no, è una questione vecchia su cui sorvolo, benché mi domandi perché in alcune zone di interesse storico sia stato rimosso e in altre si dice che non può essere rimosso perché di interesse storico. Con un pizzico di buonsenso potrebbe essere tolto dove non serve, potrebbe essere manutenuto a dovere e sostituito con pavimentazioni storicamente rispettose e umanamente dignitose. Se si è fatto ai Fori Romani non vedo perché non si possa fare qui.

Il Decreto del Presidente della Repubblica 503/96 dice che deve essere riservato un parcheggio alle persone con disabilità ogni cinquanta ordinari. Ci sono lunghe zone della città prive di parcheggi ordinari, e dunque come si rispetta il diritto all’accessibilità delle persone con disabilità garantito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità?
Posto che ci sono lunghe vie senza parcheggi riservati benché non manchino gli altri, l’attribuzione di un posto ogni cinquanta a ventisei anni da quel Decreto è ancora sufficiente? Certo che no, se è vero che nel frattempo la percentuale di persone con disabilità è aumentata: il criterio va rivisto.
Va rivisto anche nell’ottica di cui parlavo prima, perché se un tempo c’erano molti più parcheggi ordinari, con le nuove politiche di estromissione delle auto dalle città questi parcheggi sono diminuiti, con conseguente riduzione dei parcheggi per persone con disabilità. E le persone con disabilità che non possono usare i mezzi pubblici? Quelle con ridotta capacità deambulatoria e le comitive, che anche volendo non possono prendere i mezzi pubblici per mancanza di posti destinati, come fanno?

Da anni provo a far presente il quesito al Comune di Milano, naturalmente senza esito. Sulla questione del centro, mentre io constato che lungo Via Torino fino a Via Spadari e Orefici c’è un solo posto, qualcuno dice che in centro i posti ci sono. Ma se i posti sono localizzati in un luogo per adempiere alla legge e il capo opposto della via è sguarnito, l’obiettivo dell’accessibilità non è raggiunto. Se i posti mi stanno in Piazza Fontana e io sono in Via Torino, mi è precluso il diritto a muovermi. Mentre in Zona Navigli i parcheggi non si trovano e se si trovano sono occupati, l’Amministrazione dovrebbe riflettere sull’implementazione dei parcheggi. È una questione di civiltà. Oltre che di onorare un premio ricevuto.

Il futuro non promette bene. Vedo piani di riurbanizzazione della città che mi affascinano, ma che altrettanto mi inquietano. Ampie zone pedonalizzate oppure destinate al minimo indispensabile della circolazione, come se le persone con disabilità che viaggiano con i mezzi propri perché non possono fare altro non siano considerate. Dove parcheggerebbero queste persone? Non è degno di una metropoli d’avanguardia, che così reprime la libertà di tante persone con disabilità.
Precisando che la questione non riguarda solo Milano, rivendico che bisogna implementare la quantità dei parcheggi. E bisogna creare un futuro non escludente. Bisogna farlo subito.

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Sanremo 2022, la disabilità narrata da un palco”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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