Le persone a mobilità ridotta e l’Aeroporto di Palermo: c’è molto da lavorare

Che la situazione degli aeroporti italiani rispetto alle esigenze delle persone con disabilità sia migliorata, è un dato di fatto di cui abbiamo scritto più volte. E tuttavia, a far pensare che vi sia ancora parecchio da lavorare, specie sulla formazione del personale e sull’efficienza delle apparecchiature, continuano purtroppo a dimostrarlo certi eventi che accadono tuttora. Basti pensare ai disagi vissuti all’Aeroporto di Palermo dal Presidente della Federazione FISH Falabella, persona con disabilità motoria in carrozzina, sia all’arrivo che alla ripartenza dal capoluogo siciliano

Persona con disabilità in un aeroporto, insieme a familiari e a persona dell'assistenzaChe la situazione degli aeroporti italiani rispetto alle esigenze delle persone con disabilità sia migliorata in questi anni, anche grazie all’azione delle Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie, è un dato di fatto di cui abbiamo scritto più volte anche sulle nostre pagine. E tuttavia a far pensare che vi sia ancora parecchio da lavorare, in particolare sul piano della formazione del personale, ma anche rispetto all’efficienza delle apparecchiature, continuano purtroppo a dimostrarlo certi eventi che accadono tuttora.
Basti pensare ai disagi vissuti la scorsa settimana all’Aeroporto di Palermo da Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e persona con disabilità motoria in carrozzina, sia all’arrivo che alla ripartenza dal capoluogo siciliano. Egli stesso racconta quanto vissuto.
«Dopo essere atterrato a Palermo con un volo Ryanair – spiega – ho dovuto attendere a bordo del velivolo per un’ora abbondante le operazioni di assistenza, in palese violazione delle norme. L’assistenza stessa, poi, non è stata certo delle migliori, con gli operatori preposti che non mi sono sembrati per nulla preparati a garantire le giuste manovre».

Disagi addirittura superiori, Falabella ha dovuto viverli qualche giorno dopo, in corrispondenza del viaggio di ritorno verso Roma. «Ho atteso l’imbarco per oltre un’ora – racconta infatti – nella stanza attigua alla “Sala Amica” il cui responsabile non sembrava assolutamente sapere quando e come sarei stato portato sull’aeromobile».

Per arrivare quindi all’aereo, com’è noto, vengono utilizzati gli ambulift (“sollevatori mobili”), ovvero dei veicoli speciali usati appunto per il sollevamento di persone a mobilità ridotta. Ebbene, di quattro ambulift, soltanto uno risultava funzionante, con ovvie ripercussioni sul servizio.
«Alla fine – conclude Falabella – ho dovuto restare per una ventina di minuti ad attendere in pista sotto un sole cocente, con almeno 35 gradi di temperatura, prima che arrivasse il mezzo che mi ha consentito finalmente di raggiungere l’aeromobile. Un bilancio, quindi, decisamente negativo e una situazione che a mio parere è tutta da rivedere». (S.B.)

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