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Non solo una Legge Regionale, ma un’impegnativa assunzione di responsabilità

Uomo con disabilità in carrozzina fotografato di spalle con le braccia levateIl 29 novembre scorso il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato all’unanimità il Progetto di Legge Regionale n. 222, denominato Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.], nato da un’iniziativa della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), che il 19 settembre 2019 aveva presentato il documento Verso un Progetto di legge regionale per il diritto alla vita indipendente di tutte le persone con disabilità.
La stesura di questo Progetto di Legge ha preso il via dalla constatazione del fatto che ancora oggi sono le persone con disabilità a doversi adattare e adattare le proprie aspettative alle modalità di funzionamento dei sostegni pubblici, che siano servizi o risorse economiche. Il primo, vero e grande obiettivo di questa Legge è proprio quello di invertire questa relazione: fare in modo che siano i servizi a dover “servire” i desideri, le aspettative e gli obiettivi esistenziali delle persone con disabilità. Di tutte le persone con disabilità, a partire da quelle che hanno bisogno di un forte sostegno.
Certo, una norma da sola non basta. Ma è anche vero che questa Legge indica chiaramente la direzione che il sistema di welfare lombardo vorrà e dovrà prendere nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

Il testo raccoglie e dà forma a tante idee, riflessioni ed esperienze maturate e realizzate nel tempo, da parte di Associazioni, Cooperative e Fondazioni, Comuni e Ambiti Territoriali, frutto di un lungo (e in alcuni casi duro) confronto che ha coinvolto prima la Società Civile e gli Enti Locali e successivamente la Giunta e il Consiglio Regionale.
Si intende rendere possibile il rispetto di quanto prescritto con chiarezza dall’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, cioè del «diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone».

È una Legge asciutta e sobria che non inventa nulla, ma che intende realizzare in modo radicale quanto già ampiamente dibattuto, condiviso e anche sperimentato in questi anni in diversi territori. A partire dal fatto che la redazione del Progetto di vita individuale personalizzato e partecipato non possa essere più considerato un “oggetto misterioso” o un banale adempimento burocratico necessario a ottenere risorse o entrare in un servizio. Nella dimensione della nuova legge regionale, infatti, diventa un percorso a cui dedicare tempo, energie, competenze e quindi risorse, per fare in modo che siano le parole e le indicazioni della persona con disabilità a definire gli obiettivi di tutti i sostegni disponibili o da attivare. Un cammino il cui esito sia la definizione concreta di cosa significhi per quella persona poter vivere nella società, partendo dal diritto di poter scegliere “dove e con chi vivere”.
Il Progetto di vita, di conseguenza, deve essere sostenuto da una valutazione multidimensionale, che non potrà più limitarsi alla compilazione di schede sul funzionamento o meno della persona negli atti della vita quotidiana, ma dovrà fare emergere le condizioni di vita complessive, facilitare e consentire – anche nelle situazioni più complesse – l’emersione del punto di vista della persona sulla sua vita. Un “progetto” che deve poter contare su tutte le risorse disponibili, economiche, materiali, relazionali, formali e informali, pubbliche e private, personali e comunitarie, che dovranno essere messe a disposizione della persona con disabilità.

Tale percorso di cambiamento potrà contare sul supporto di nuovi “Centri per la vita indipendente”, che nasceranno dalla collaborazione tra Enti Locali, Associazioni ed Enti di Terzo Settore, e durante il quale dovranno essere profondamente rivisti i criteri di funzionamento e finanziamento dei “servizi”, sia di carattere diurno che residenziale. Unità di offerta a cui non potrà più essere richiesto di limitarsi a curare e assistere le persone, ma che dovranno divenire lo strumento fondamentale per sostenere reali processi di inclusione sociale.
Accanto all’evoluzione dell’offerta di servizi, dovrà poi crescere e diventare reale anche la possibilità di gestire in autonomia la propria vita, grazie al supporto di un assistente personale autogestito.

Quella che è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale della Lombardia non è solo una nuova Legge Regionale, ma una grande e impegnativa assunzione di responsabilità verso le migliaia di persone con disabilità che ancora oggi, anche in Lombardia, vivono in condizioni di isolamento e discriminazione. Una responsabilità che appartiene certo e in prima battuta alle Istituzioni Pubbliche, a partire da Regione e Comuni, ma che chiama in causa tutta la Società Civile, a incominciare naturalmente dalle nostre stesse Associazioni.

Direttore della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Il presente contributo è già apparso in «Vita.it» e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

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