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La strada delle staminali, per una terapia della sclerosi multipla progressiva

Gianvito Martino

Il neuroscienziato Gianvito Martino, coordinatore dello studio “STEMS” sulle cellule staminali

«Da oltre vent’anni abbiamo promosso e sostenuto la ricerca sulle cellule staminali, investendo nella ricerca di base e nella sperimentazione sull’uomo. I tempi sono apparentemente lunghi, ma è così che possiamo arrivare a risultati che siano concretamente in grado di cambiare la vita delle persone. Questa è la ricerca che vogliamo e che finanziamo. In questi ultimi venticinque anni tanto è cambiato nella sclerosi multipla, molto si sta facendo anche per le forme progressive. Le persone più gravi hanno risposte innovative per affrontare i sintomi e guadagnare qualità di vita, anche attraverso la riabilitazione. Continueremo dunque a sviluppare queste ricerche con le cellule staminali e gli altri progetti innovativi per andare verso un mondo libero dalla sclerosi multipla»: così Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), commenta le notizie relative allo studio STEMS, nell’àmbito del quale per la prima volta al mondo una persona affetta da sclerosi multipla progressiva in stadio avanzato aveva ricevuto a suo tempo una terapia a base di cellule staminali neurali (del cervello), il tutto con il coordinamento di Gianvito Martino, direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, prorettore alla ricerca e alla Terza Missione dell’Università Vita-Salute San Raffaele, pioniere della ricerca in questo campo.
In questi giorni, dunque, la prestigiosa rivista «Nature Medicine» ha pubblicato i risultati del relativo studio clinico, secondo il quale è stata innanzitutto dimostrata la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, osservando inoltre una riduzione dell’atrofia cerebrale nei pazienti trattati con il maggior numero di cellule staminali neurali e una variazione del profilo liquorale in senso pro-rigenerativo dopo il trattamento. Tali esiti, di estremo interesse, necessiteranno tuttavia di essere confermati su un gruppo più ampio di pazienti, per poter pensare in un futuro ad un possibile impiego di queste cellule nella pratica clinica.

«Nel lavoro pubblicato – conferma Angela Genchi, ricercatrice del Laboratorio di Neuroimmunologia del San Raffaele e primo nome della pubblicazione -, oltre a dimostrare la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, descriviamo una significativa riduzione della perdita di tessuto cerebrale, valutata tramite un monitoraggio di risonanza magnetica nei due anni successivi il trapianto, nei pazienti che hanno ricevuto il maggior numero di cellule staminali neurali. A supporto di tali dati, l’analisi del liquido cerebrospinale ha evidenziato un cambiamento della sua composizione dopo il trapianto, dimostrando un arricchimento in termini di fattori di crescita e di sostanze neuroprotettive».

Va poi detto che l’innovazione di questo studio è rappresentata dall’utilizzo di una nuova terapia cellulare avanzata a base di cellule staminali neurali mai usate prima in pazienti con sclerosi multipla. Tali cellule, infatti, a differenza delle staminali ematopoietiche (utilizzate nelle forme recidivanti remittenti di malattia, ma inefficaci nelle forme progressive) e delle staminali mesenchimali (che non hanno mostrato benefìci in pazienti con sclerosi multipla progressiva), hanno fatto registrare, mostrato negli studi preclinici condotti in laboratorio, un elevato potenziale pro-rigenerativo una volta trapiantate.
Le cellule staminali neurali rappresentano pertanto una promettente strategia terapeutica per una malattia complessa ed eterogenea come la sclerosi multipla, in cui sono molteplici i meccanismi che contribuiscono alla progressione della disabilità – dall’infiammazione alla neurodegenerazione – e su cui bisogna intervenire per sviluppare un trattamento efficace.

«È un traguardo importante quello raggiunto – sottolinea Gianvito Martino -, anche se rappresenta solo la prima tappa del percorso clinico-sperimentale che porta ad una vera e propria terapia. Il mio primo pensiero va, soprattutto, alle persone malate e alle loro famiglie che hanno sostenuto la nostra ricerca in tutti questi anni, certo drammatici dal punto di vista della Sanità Pubblica, con pazienza, speranza, dedizione e sacrificio. Non saremmo arrivati fin qui senza il loro contributo. La strada intrapresa è però ancora lunga, se è vero che i dati pubblicati non sono ancora sufficienti per considerare una vera e propria terapia. Il passo successivo, infatti, sarà quello di procedere con un nuovo studio clinico sperimentale che coinvolga un gruppo più ampio di pazienti, con l’obiettivo di dimostrare da un lato l’efficacia delle cellule staminali neurali nel bloccare la progressione della malattia, dall’altro lato la loro capacità di favorire la rigenerazione delle aree del sistema nervoso danneggiate. Il fine ultimo, che è anche la grande sfida che abbiamo deciso di affrontare vent’anni fa, è quello di sviluppare una terapia innovativa ed efficace per le persone con forme progressive di sclerosi multipla, che hanno, ad oggi, opzioni terapeutiche limitate».

Da ricordare, in conclusione, che è stato proprio grazie al sostegno in primis dell’AISM e della propria Fondazione FISM se questo tipo di terapia è arrivato alla sperimentazione clinica.
Alla ricerca hanno altresì contribuito anche la Fondazione Cariplo, l’Associazione Amici Centro Sclerosi Multipla (ACeSM), BMW Italia, la Fondazione Tettamanti Menotti De Marchi ONLUS, il Comitato Stefano Verri ONLUS e il Comitato Maria Letizia Verga ONLUS. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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