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Ride bene chi ride ultimo

Gianni Minasso excipit

Realizzazione grafica di Gianni Minasso

Qualche tempo fa, proprio in questo spazio, avevo parlato degli incipit, cioè delle frasi con cui incominciano i libri. Orbene, all’opposto si trovano gli explicit, vale a dire le parole con cui invece terminano, e che forse sono meno famosi dei loro fratellini iniziali, però risultano altrettanto importanti in quanto rappresentano il congedo dell’autore lanciato al lettore.
Se la volta scorsa sono riuscito a deformare alcuni incipit famosi incastrandovi a forza tipiche questioni disabili, figuratevi se non ci provavo anche con gli explicit. E infatti eccomi qui, con altri dieci autori, antichi e moderni, imperdibili o soltanto gradevoli, ma del resto quasi tutti i libri (come i bambini) sono belli e quindi… accontentatevi così!

La conclusione del pezzo dedicato agli incipit una decina di mesi or sono, era stata riservata a Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Dunque niente di meglio che ricominciare questa serie di explicit proprio da questa stessa opera.

Ora siete marito e moglie, Lettore e Lettrice. Un grande letto matrimoniale accoglie le vostre letture parallele.
Ludmilla chiude il suo libro, spegne la sua luce, abbandona il capo sul guanciale, dice: – Spegni anche tu. Non sei stanco di leggere?
E tu: – Ancora un momento. Sto per finire Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino.

Ora siete marito disabile e moglie normodotata, Lettore e Lettrice. Un grande letto matrimoniale accoglie le vostre letture parallele.
Ludmilla chiude il suo libro, spegne la sua luce, abbandona il capo sul guanciale, dice: – Spegni anche tu. Non sei stanco di leggere?
E tu: – Ancora un momento. Finalmente sto per finire il Nomenclatore tariffario del Ministero della Salute.
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Nel Cosmo alla ricerca della vita è soltanto una delle tante meraviglie scritte da Piero Angela e quindi ammetto di provare un po’ di vergogna a snaturarlo. Chiedo umilmente scusa.

Uscendo fuori dai baratri dell’Universo, ci si rende conto di quanto sia dolce il nostro pianeta, con la sua natura, i suoi animali, i suoi paesaggi e la sua gente.
Guardando molto lontano nello spazio e nel tempo si riesce a capire quanto siano preziose le cose che stanno qui accanto a noi, e che dovremmo imparare ad amare di più.

Uscendo fuori dai baratri delle vacanze estive, ci si rende conto di quanto sia dolce la nostra comunità, con i suoi educatori, gli altri suoi disabili, i suoi sollevatori e le sue feste di compleanno.
Guardando molto lontano nella Milano Marittima di Ferragosto si riesce a capire quanto siano preziose le cose che stanno qui accanto a noi, e che dovremmo imparare ad amare di più.
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Nel mare di aforismi di un pessimista inveterato [realista? N.d.A.] come Emil Cioran (che fra l’altro ritengo essere il mio inconfutabile maestro spirituale) è facile pescare prede sostanziose. Ecco cosa ho catturato al termine de L’inconveniente di essere nati.

Cos’hai, ma cos’hai dunque? – Non ho niente, non ho niente, ho solo fatto un salto fuori del mio destino, e ora non so più verso che cosa voltarmi, verso che cosa correre…

Cos’hai, ma cos’hai dunque? – Non ho niente, non ho niente, ho solo fatto un salto fuori del mio percorso Loges, e ora non so più verso che cosa voltarmi, verso che cosa correre…—————————————————————————————————————————————————————————————————————————————–
Chi non ha mai letto Moby Dick? Altra domanda: chi è riuscito ad arrivare fino in fondo al libro? Ebbene, per gli sfortunati che hanno perso l’occasione di deliziarsi con questo classico di Herman Melville, ecco il finale in versione… ospedaliera.

Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d’un giorno e d’una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la Rachele che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.

Tenuto su da quel letto ortopedico, quasi per tutto il corso d’un giorno e d’una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i laureandi in medicina mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi infermieri trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un dottore si avvicinò e mi visitò, finalmente. Era il Primario che incrociava ramingo e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei pazienti perduti, trovò solo un altro disabile.
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Questa volta, se permettete, lascerò da parte la solita ironia per cambiare le righe finali de Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach in qualcosa di poetico e assolutamente desiderabile. Quindi… fuori i fazzoletti!

E quantunque cercasse di mostrarsi tutto serio e severo ai suoi allievi, il gabbiano Fletcher, a un tratto, per un attimo, li vide come veramente erano, e sorrise: non soltanto gli piacevano, li amava. Quello che vide era molto bello. Nessun limite, eh, Jonathan? pensò, e sorrideva. Era come l’inizio di una gara: aveva cominciato a imparare.

E quantunque cercasse di mostrarsi tutto serio e severo ai suoi allievi disabili, l’insegnante di sostegno Fletcher, a un tratto, per un attimo, li vide come veramente erano, e sorrise: non soltanto gli piacevano, li amava. Quello che vide era molto bello. Nessun limite, eh, Jonathan? pensò, e sorrideva. Era come l’inizio di una gara: aveva cominciato a imparare.
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In questi ultimi anni il turismo accessibile ha compiuto passi da gigante e, per fortuna, le barriere architettoniche non sono più quelle de Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne. Così, in genere, si può andare in giro liberamente anche solo per cercare gli ausili più adatti.

L’eccentrico gentleman aveva dimostrato in quell’avventura le sue meravigliose doti di calma e di esattezza. Ma poi? Che cosa aveva guadagnato? Che cosa gli aveva reso quel viaggio?
Nulla, si dirà. Nulla, sia pure, tranne una moglie affascinante, la quale – per quanto inverosimile ciò possa apparire – lo rese il più felice degli uomini.
E, in verità, non si farebbe, anche per meno di questo, il “Giro del Mondo”?

L’eccentrico soggetto con bisogni speciali aveva dimostrato in quell’avventura le sue meravigliose doti di calma e di esattezza. Ma poi? Che cosa aveva guadagnato? Che cosa gli aveva reso quel viaggio dall’ortopedico?
Nulla, si dirà. Nulla, sia pure, tranne una carrozzina affascinante, la quale – per quanto inverosimile ciò possa apparire – lo rese il più felice degli uomini.
E, in verità, non si farebbe, anche per meno di questo, il “Giro del Mondo”?
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Scagli la prima pietra chi, nei banchi di scuola, non si è mai addormentato con I promessi sposi. Diventando adulti, parecchi si sono poi accorti che quest’opera di Manzoni è un capolavoro, tuttavia, dedicata alle nuove generazioni di studenti che ancora sonnecchiano, ecco una sottile vendetta.

Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.

Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che le disabilità vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerle lontane; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio non le raddolcisce, e non le rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da poveri handicappati, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha pubblicata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.
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Invalidi, invalidi e invalidi… che noia! E se per caso, grazie a Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, parlassimo per una volta dei volontari?

Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po’ il busto, si assesta con una mano il colletto dell’uniforme, dà ancora uno sguardo fuori della finestra, una brevissima occhiata, per l’ultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, benché nessuno lo veda, sorride.

Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po’ il busto, si assesta con una mano il colletto della pettorina di Telethon, dà ancora uno sguardo fuori della finestra, una brevissima occhiata, per l’ultima sua porzione delle tre stelle del logo. Poi nel buio, benché nessuno lo veda, sorride.
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Conosciamo bene Desmond Morris per il suo geniale La scimmia nuda, ma nel panorama delle sue interessanti opere troviamo anche Il cane: tutti i perché. In questo caso è Fido a prendere il nostro posto tra i vetrini del microscopio sociobiologico dell’autore. Ecco dunque l’explicit.

La faccenda diventò talmente drammatica che la Camera di Commercio locale fu costretta a emettere una dichiarazione nella quale si bandiva il termine “hot-dog” da qualunque tipo di pubblicità. Un nome così bello, però, non poteva scomparire dalle scene e infatti dopo qualche tempo divenne nuovamente di uso comune. Oggi si utilizza in tutto il mondo.

La faccenda diventò talmente drammatica che l’Organizzazione delle Nazioni Unite fu costretta a emettere una dichiarazione nella quale si bandiva il termine “diversabile” da qualunque tipo di discorso. Un nome così brutto, però, non poteva scomparire dalle scene e infatti dopo qualche tempo divenne nuovamente di uso comune. Oggi si utilizza in tutto il mondo.
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Dopo il II secolo dopo Cristo, l’epicureismo fu avversato dai Padri della Chiesa e subì un rapido declino, per poi essere rivalutato dall’Umanesimo, dal Rinascimento e dal Razionalismo illuminista. Ben si capisce il perché leggendo la Lettera a Meneceo (sulla felicità) di Epicuro di Samo.

La fortuna per il saggio non è una divinità come per la massa – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l’avvio a grandi beni o mali. Però è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell’ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l’uomo che vive fra beni immortali.

La fortuna per il portatore di handicap non è una divinità come per la massa dei normodotati – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l’avvio a grandi beni o mali. Però è meglio essere senza fortuna ma disabili che fortunati e normodotati, e nella pratica è preferibile che un bel progetto del servizio civile non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell’ansia. Vivrai invece come un dio fra i normodotati. Non sembra più nemmeno mortale il portatore di handicap che vive fra beni immortali.
Al Fondo

Nella colonnina qui a fianco a destra, riportiamo l’elenco dei vari contributi di Gianni Minasso pubblicati da «Superando.it», per la rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia).

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