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DSA e scuola: passi indietro nell’applicazione della Legge

Ragazzo con la mano sulla testa, davanti a una lavagnaSecondo i dati più recenti, nelle scuole italiane gli alunni e le alunne con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento: dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia) sono il 5,4%, ossia 326.548 bambini/e e ragazzi/e dalla primaria alla secondaria di secondo grado. Ma a dodici anni e mezzo dal varo della Legge 170 /10 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in àmbito scolastico), quanto tale norma è stata realmente applicata nelle scuole stesse?
Per cercare di capirlo, l’AID (Associazione Italiana Dislessia) ha realizzato un sondaggio tramite questionario, cui hanno risposto 802 studenti, 2.375 genitori e 6.630 docenti.

Ebbene, un primo dato significativo emerso dall’indagine è che poco più di un terzo dei genitori e degli studenti intervistati ha dichiarato che i docenti non hanno un’adeguata conoscenza di cosa siano i DSA. I genitori, inoltre, hanno segnalato anche un’insufficiente attenzione della scuola nell’identificare, nei bambini più piccoli, i segnali di rischio di DSA e nel comunicarli alla famiglia, nonché nel realizzare attività di potenziamento prima della diagnosi.

Decisamente migliori i dati riguardati il PDP (Piano Didattico Personalizzato): qui, infatti, i genitori hanno confermato che esso viene redatto nella quasi totalità dei casi ed è generalmente molto o abbastanza coerente con le indicazioni contenute nella diagnosi. Tuttavia, le famiglie non sembrano essere sufficientemente coinvolte nella stesura del documento e nei tempi previsti dalla legge. Quasi due terzi degli studenti, inoltre, hanno affermato che il PDP non sempre è stato rispettato, nel percorso scolastico. Solo il 50% degli alunni, infatti, ha dichiarato di avere avuto, di norma, accesso agli strumenti e alle misure compensative richieste, il 37% ogni tanto. Percentuali simili riguardano le interrogazioni e i compiti in classe programmati, mentre il 53% degli studenti ha evidenziato di non avere mai o quasi mai ricevuto aiuto dai docenti nell’utilizzo degli stessi strumenti compensativi.
Da sottolineare infine anche le criticità a livello emotivo e relazionale emerse dal sondaggio, se è vero che il 75% degli studenti ha dichiarato di essersi sentito diverso dagli altri e poco accolto, e oltre il 60% ha detto di avere ricevuto un voto inferiore a quello che gli sarebbe spettato, a causa dell’utilizzo degli strumenti compensativi.

E veniamo alle risposte dei docenti tra i quali solo il 28% ha affermato di trovare sempre nelle certificazioni cliniche le indicazioni necessarie per un’adeguata stesura del PDP e poco più della metà ha confermato che è previsto un protocollo di accoglienza per gli studenti con DSA, all’interno della scuola in cui insegnano.
E ancora, due terzi di loro hanno affermato di riuscire a rispettare sempre quanto previsto nel PDP e l’82% di riconoscere sempre gli strumenti compensativi che spettano allo studente. La gran parte degli insegnanti sostiene inoltre di affiancare sempre o spesso lo studente nell’uso degli strumenti compensativi, e di avere cambiato la propria didattica, per raggiungere anche i bambini e ragazzi con DSA.

«Nel complesso – commentano dall’AID -, le risposte degli alunni e dei genitori sono risultate molto più critiche di quelle dei docenti, probabilmente anche perché gli insegnanti che hanno risposto al sondaggio sono i più disponibili e inclusivi nei confronti degli studenti con DSA, avendo in gran parte partecipato a corsi di formazione, cosicché le loro risposte riflettono ciò che realmente fanno in classe. Si tratta in ogni caso di un sondaggio qualitativo, non scientifico, che ha l’obiettivo di fotografare le percezioni che i diversi portatori d’interesse hanno dell’applicazione della legge. Il campione così numeroso di risposte lo rende comunque di particolare interesse».

«I risultati dei questionari – dichiara Andrea Novelli, presidente dell’AID – confermano che c’è ancora molto cammino da fare sulla strada dell’inclusione. Per questo li utilizzeremo anche nelle occasioni di confronto con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, per portare avanti e motivare le nostre richieste. In particolare, occorrerà riflettere sui differenti punti di vista per approfondirli, proporre un dialogo con le Istituzioni e pensare a una modalità per mettere a confronto i diversi attori in gioco, attraverso una comunicazione costante. Siamo anche convinti che sia necessario costituire al più presto un Osservatorio Nazionale sull’applicazione della Legge 170/10, allo scopo di fornire al Ministero dati certi per apportare eventuali correttivi e dare maggiore certezza di diritto agli studenti con DSA».
«La nostra impressione – aggiunge Antonella Trentin, vicepresidente dell’AID – è che negli ultimi anni sia stato fatto un significativo passo indietro nell’applicazione della legge, anche forse a causa degli infelici effetti della pandemia. Ce lo dicono le molte telefonate di genitori in grave difficoltà per il mancato rispetto del Piano Didattico Personalizzato dei propri figli, ricevute ogni giorno alla nostra Help Line nazionale e agli Help Line delle nostre Sezioni provinciali». (S.B.)

A questo link sono disponibili ulteriori approfondimenti sulla ricerca dell’AID. Per altre informazioni: Comunicazione AID (Gabriele Brinchilin), comunicazione@aiditalia.org.

La dislessia e gli altri DSA (disturbi specifici dell’apprendimento)
Il più diffuso DSA (disturbo specifico di apprendimento) è la dislessia, cioè il disturbo specifico della lettura, che si manifesta e si evolve in concomitanza dell’inizio dell’attività scolastica, quando emergono le prime difficoltà nell’attivare in maniera fluente e senza affaticamento tutte quelle operazioni mentali necessarie per leggere, quali riconoscere le lettere singole, le sillabe e quindi le parole, associandole ai suoni corrispondenti. Frequenza degli errori e lentezza nella decodifica ne sono i tipici aspetti: il bambino può, per esempio, presentare difficoltà nel riconoscere, scambiandoli tra loro, grafemi che differiscono visivamente per piccoli particolari quali: “m” con “n”, “c” con “e”, “f” con “t”, “a” con “e”.
La persona con disortografia, invece, evidenzia la difficoltà a tradurre correttamente le parole in simboli grafici e a confondere il suono delle lettere (per esempio “f/v”, “t/d”, “p/b”, “c/g”, “l/r”).
Un terzo disturbo che impedisce alla persona di esprimersi nella scrittura in modo fluido è la disgrafia, caratterizzata da una grafia spesso illeggibile, da una pressione eccessiva sul foglio e dallo scarso rispetto degli spazi sul foglio.
C’è infine la difficoltà a comprendere simboli numerici e a svolgere calcoli matematici, conosciuta con il nome di discalculia. Stando ai dati, circa il 3% della popolazione studentesca è affetta da tale disturbo, che complica la lettura e la scrittura dei numeri e soprattutto l’elaborazione delle quantità. Gli errori collegati a questa problematica molto spesso non vengono riconosciuti nell’immediato. Diversi, infatti, sono i casi di discalculia erroneamente diagnosticati come dislessia.

L’AID (Associazione Italiana Dislessia)
È nata con la volontà di fare crescere la consapevolezza e la sensibilità in particolare verso il disturbo della dislessia evolutiva, che in Italia si stima riguardi circa 2 milioni di persone.
L’Associazione conta oltre 18.000 soci e 93 Sezioni attive distribuite su tutto il territorio nazionale. Essa lavora per approfondire la conoscenza dei DSA e promuovere la ricerca, accrescere gli strumenti e migliorare le metodologie nella scuola, affrontare e risolvere le problematiche sociali legate a questi disturbi. È aperta ai genitori e familiari di bambini con DSA, alle persone adulte con DSA, agli insegnanti e ai tecnici (logopedisti, psicologi, medici).

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