Perché non bastano quegli interventi di sollievo per i caregiver familiari

«Riteniamo fondata – scrivono dalla Federazione FISH Lazio, commentando una recente Delibera prodotta dalla Giunta della propria Regione sugli interventi di sollievo in favore dei caregiver familiari – la proposta di riformare il dettato normativo regionale in materia di caregiver, rivedendo le impostazioni iniziali, al fine di garantire interventi che favoriscano maggiormente la permanenza a domicilio della persona e di privilegiare la continuità assistenziale con l’assistente che già conosce la persona stessa»

Assistenza a una persona con disabilità grave

Una caregiver familiare assiste una persona con disabilità grave

La Giunta Regionale del Lazio ha approvato una Delibera sugli interventi di sollievo in favore del caregiver familiare, programmando i fondi previsti dal Decreto del 17 ottobre 2022 dell’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio (per il Lazio 2.273.772,62 euro) e stabilendo che una quota minima del 70% di tali fondi debba essere destinata per sostenere e implementare l’offerta di servizi/misure di sollievo temporaneo al caregiver familiare tramite la sostituzione dello stesso nelle funzioni di cura e assistenza, e una quota massima del 30%, per dare continuità agli interventi personalizzati e condivisi con il caregiver familiare, nelle macroaree del bisogno informativo/formativo ed emotivo/relazionale, programmati ai sensi delle Delibere di Giunta Regionale 341/21 e 401/22.

Per quanto riguarda gli interventi di sollievo, la Delibera di cui parla prevede due tipologie di misure:
° Il sollievo in modalità programmata per favorire il benessere psicofisico del caregiver familiare, in base ad una valutazione professionale dei competenti servizi.
° Il sollievo in caso di eventi imprevisti e/o situazioni di emergenza con sostituzione assicurata dai servizi territoriali nel più breve tempo possibile, a tutela della salute della persona con disabilità e non autosufficiente assistita, ove possibile anche inferiore alle 48 ore dalla richiesta.

Il sollievo in modalità programmata si realizza attraverso due tipi di interventi: il ricorso a servizi di natura residenziale oppure domiciliare.
1a) Unità di offerta residenziale – semiresidenziale qualificata:
Il sollievo in questo caso viene realizzato mediante l’accoglienza temporanea della persona in una struttura residenziale o semiresidenziale socio sanitaria o socio assistenziale accreditata/autorizzata ai sensi delle vigenti normative regionali che, per requisiti strutturali e funzionali, risponda alle specifiche esigenze di assistenza indicate nel PAI (Piano Annuale Inclusione).
I costi legati al servizio di sostituzione del caregiver familiare saranno sostenuti dai servizi territoriali in modo diretto in caso di struttura pubblica e di struttura privata convenzionata, previa presentazione della fattura.
La scelta della struttura destinata all’ospitalità può essere effettuata dall’utente, ove possibile, e dal caregiver familiare formalmente riconosciuto, unicamente tra quelle autorizzate/accreditate convenzionate. Tale contributo potrà essere utilizzato per weekend di sollievo, sulla base dei bisogni, desideri e aspettative della persona.
Il valore massimo del contributo di sollievo erogabile annualmente ammonta a 600 euro e potrà essere eventualmente aumentato a seguito di nuove finalizzazioni da parte della Regione Lazio per la programmazione di interventi in favore del caregiver familiare.

1b) Assistente alla persona o operatore professionale qualificato
L’intervento di sollievo in modalità programmata con sostituzione del caregiver familiare può attuarsi anche nel domicilio stesso, attraverso il ricorso alla figura dell’assistente alla persona o all’operatore professionale qualificato, secondo i bisogni definiti nel PAI, nel rispetto del principio di libera scelta, privilegiando la continuità assistenziale con il medesimo personale che già conosce l’assistito.
Il sollievo domiciliare programmato può essere attivato nella modalità diretta (servizi territoriali) o indiretta, quest’ultima attraverso la libera scelta dell’assistente alla persona o dell’operatore professionale qualificato in sostituzione da parte dell’utente/caregiver familiare.
Per la modalità indiretta, ai fini del rimborso, l’interessato dovrà presentare idonea documentazione fiscale (fattura/ricevuta) attestante la spesa anticipata per la sostituzione. Il rimborso di cui si parla è strettamente legato alla funzione propria di sollievo, per cui non può essere impiegato come eventuale compartecipazione di interventi socio assistenziali già attivi in favore dell’utente o per interventi di natura socio sanitaria.
La quota massima riconoscibile per ciascun utente/caregiver, indipendentemente dalle modalità di attivazione sopra descritte, è di 250,00 euro annui.

2) Il sollievo in caso di eventi imprevisti e/o situazioni di emergenza viene attuato direttamente dai servizi territoriali:
Il caregiver familiare, in caso di impossibilità ad assistere l’utente, sarà sostituito dall’assistente personale o dall’operatore professionale qualificato al domicilio. Nelle situazioni più importanti e prolungate nel tempo (ad esempio ricovero del caregiver), l’intervento di sollievo deve essere garantito sempre attraverso la messa in campo di tutte le risorse e i servizi territoriali e da domiciliare lo stesso può trasformarsi in residenziale.
Le spese per i suddetti interventi saranno sostenute dai servizi con le risorse del Fondo statale e, per questo, i distretti socio sanitari dovranno riservarne un’apposita quota in fase di programmazione finanziaria delle risorse loro assegnate.

Nel testo approvato dalla Giunta Regionale hanno trovato accoglimento le proposte avanzate dalla nostra Federazione [FISH Lazio-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, N.d.R.], condivise con il Forum del Terzo Settore Lazio e le Organizzazioni Sindacali più rappresentative (CGIL, CISL e UIL), ma durante la fase di concertazione la nostra stessa Federazione ha voluto porre l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali in merito al delicato tema dell’attività di cura e supporto dei caregiver familiari di persone con disabilità, partendo dalla considerazione delle più stringenti esigenze emergenti, ormai in via di assoluta urgenza, in tutto il nostro Paese, ma che costituiscono elemento portante all’interno del più ampio scenario del nostro sistema di welfare.

Le prime riflessioni partono dal riconoscimento del ruolo di caregiver familiare a quelle persone, soprattutto donne, che hanno svolto attività di cura in un percorso di lunga assistenza, tale da incidere in modo significativo sulla propria stessa esistenza e sull’intero assetto della propria famiglia, con inevitabili ripercussioni in termini di occasioni di lavoro, di spazi sociali e spesso rischiando isolamento, marginalizzazione e depauperamento dell’assetto economico personale e familiare. Sovente queste persone hanno agito in surroga e in sostituzione dei servizi pubblici con una vera azione di supplenza.
Nelle more dell’adozione di una Legge Nazionale, un provvedimento regionale che disciplini la materia dovrebbe garantire una priorità dei sostegni ai familiari delle persone che hanno necessità di supporto dalla nascita e per tutto l’arco della vita, o di coloro che necessitano di supporti e sostegni continuativi e intensivi o delle persone in dipendenza vitale da apparati elettromedicali per svariati anni oppure ancora che abbiano un assoluto grado di dipendenza psico/fisica cronica da altri. Quindi un intervento deliberativo sui caregiver familiari dovrebbe tendere principalmente a costruire un chiaro ed esigibile sistema integrato di supporti e servizi che consentisse agli interessati di poter assolvere al meglio il loro ruolo, ma allo stesso tempo di non dover rinunciare o comprimere la propria qualità di vita o gli stessi spazi vitali, sociali e lavorativi.
Ad oggi le misure e gli interventi previsti non rispondono ad una visione complessiva delle esigenze delle famiglie in cui vive una persona con disabilità, in un’ottica di progettualità personalizzata e integrata, quanto piuttosto a soddisfare bisogni contingenti, seguendo un’impostazione meramente compensativa delle carenze di un sistema di welfare ancora inadeguato. Sembra quindi necessaria una profonda revisione di sistema, in quanto da più parti è emersa l’esigenza di un approccio multidimensionale e multidisciplinare che sappia affrontare i diversi aspetti della vita quotidiana delle persone.
Il progetto personalizzato, il modello “budget di salute” e le altre forme innovative che in questi anni sono state sperimentate e in parte adottate (diritto alla vita adulta), confermano l’esigenza di rinnovamento della materia e trovano, anche attraverso la Legge Regionale del Lazio 10/22 (Promozione delle politiche a favore dei diritti delle persone con disabilità), che dedica specifica attenzione al tema, uno strumento che stimoli la loro realizzazione.
In tale ottica si pone anche la Pronuncia, pubblicata nell’ottobre dello scorso anno, del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, riguardante la carenza di adeguati sostegni nei confronti di famiglie il cui impegno assistenziale da parte del caregiver comprime la qualità della vita di quest’ultimo e non consente alle persone di vivere in modo indipendente su base paritaria con gli altri. Lo stesso Comitato, infatti, ritiene indispensabile «implementare le garanzie per il mantenimento del diritto a vivere in modo indipendente su tutto il territorio nazionale, anche incrementando i sostegni economici necessari a tal fine, compreso quello per l’assistenza personale e per i caregiver familiari, nonché reindirizzando le risorse destinate all’istituzionalizzazione verso i servizi di comunità territoriale».

Sulla base di tali presupposti fondata è la proposta di riformare il dettato normativo regionale in materia di caregiver, rivedendo le impostazioni iniziali, garantendo interventi che favoriscano maggiormente la permanenza a domicilio della persona, privilegiando la continuità assistenziale con l’assistente che già la conosce.
È inoltre opportuno ricordare che, a fronte di stanziamenti economici assolutamente insufficienti ad assicurare il diritto delle persone con disabilità gravissima o grave ad una vita presso il proprio domicilio, in assenza, temporanea o prolungata, del proprio caregiver, la normativa regionale (DGR 341/21) prevede un eccessivo frazionamento degli interventi rispetto alle esigenze da soddisfare, rischiando di disperdere risorse in prestazioni scarsamente efficaci, anziché favorire misure di reale sollievo. In merito quindi alla previsione di rivisitazione della materia si pone in via prioritaria, da un lato, garantire uno stanziamento regionale strutturale ad integrazione del Fondo Nazionale previsto dalla Legge 205/17 (articolo 1, comma 254), dall’altro, prevedere una redistribuzione delle risorse per assicurare, anche in caso di assenza temporanea o prolungata del caregiver, interventi che favoriscano la permanenza a domicilio della persona con disabilità, in linea con i princìpi stabiliti dalla Legge 18/09 (ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità) e le pronunce del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.

In un’ottica, dunque, di generale miglioramento della materia a livello regionale sarebbe necessario operare un cambio di impostazione, partendo dalle citate priorità, e prevedere:
° valorizzazione del caregiver quale perno attorno a cui far ruotare servizi, interventi, prestazioni da garantire alla persona con disabilità all’interno di un più ampio progetto personalizzato della stessa, che permetta a quest’ultima di vivere tutti i suoi contesti di vita con adeguati supporti e sostegni, incluso quello del suo caregiver, prestando particolare attenzione per coloro che prestano tale attività per una gran parte della propria vita;
° garantire la libertà di scelta da parte della persona con disabilità, del familiare che debba assumere il ruolo di caregiver, nel novero di quelli più strettamente legati ad esso;
° prevedere concreti interventi di supporto al caregiver, onde consentirgli di poter essere realmente il “facilitatore” della persona con disabilità nella fruizione dei vari servizi e nella partecipazione nella società, consentendogli di avere a sua volta spazi personali (tutelandone anche il diritto a perseguire propri interessi e sviluppi lavorativi e/o familiari), anche attraverso tutele di tipo previdenziale privato e assicurative contro malattie e infortuni, che possano svolgere funzione di contrappeso alla dedizione, alle rinunce e ai rischi che il caregiver vive nella sua costante attività di cura ed assistenza;
° evitare il rischio di rendere il rapporto persona con disabilità/caregiver esclusivo e quindi segregante e a rischio di emarginazione sociale;
° evitare per lo stesso caregiver forme di isolamento familiare, l’abbandono dell’attività lavorativa e la marginalizzazione sui posti di lavoro e nelle relazioni sociali, causate dall’attività del prendersi cura;
° evitare che il sistema di welfare arretri, delegando sul caregiver il carico assistenziale e di promozione di sviluppo della persona con disabilità, contenendo fenomeni di monetizzazione dei sostegni, prevedendo l’adozione di un’assicurazione finalizzata alla costituzione di un fondo pensionistico in suo favore, con la possibilità di riscattare il capitale in caso di decesso della persona assistita;
° rivedere gli strumenti di rilevazione dei bisogni, della presa in carico del caregiver, e delle modalità operative di collaborazione con le organizzazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Il loro ruolo non dovrebbe limitarsi alla concertazione o co-programmazione, bensì essere parte attiva in materia di valutazione, autovalutazione e redazione del progetto personalizzato, parte attiva nella co-progettazione di nuove metodologie e strumenti operativi.

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