Fare uno stage al Parlamento Europeo

Chi fosse interessato a un posto retribuito di tirocinante in uno dei Servizi del Segretariato Generale del Parlamento Europeo, dal 15 agosto al 15 ottobre prossimi potrà inviare la propria candidatura alla quinta edizione del bando di tirocinio per persone con disabilità, che si svolgerà dal 1° marzo al 31 luglio 2009

Da alcuni anni il Parlamento Europeo offre una possibilità preziosa alle persone con disabilità interessate a un’esperienza nel cuore della politica continentale. Si tratta di un’esperienza in qualità di tirocinanti in uno dei Servizi del Segretariato Generale del Parlamento Europeo. Per quest’anno le iscrizioni saranno aperte dal 15 agosto al 15 ottobre, per partecipare appunto al bando del tirocinio che avrà luogo dal 1° marzo al 31 luglio 2009.
Per avere informazioni dettagliate su tale opportunità, basta accedere al sito del Parlamento Europeo e dall’home page seguire la voce Accesso Diretto – Tirocini.

Giovanni Padovani a Bruxelles«Per partecipare è sufficiente compilare l’atto di candidatura on-line, stamparlo e inviarlo agli uffici competenti. Non ci sono limiti di età (a parte essere maggiorenni) e possono partecipare anche candidati non laureati», ci spiega Giovanni Padovani, che ha partecipato alla prima edizione di questa iniziativa, nel 2007 ed è poi rimasto a Lussemburgo. Prima di farci raccontare la sua esperienza, gli chiediamo ancora qualche dettaglio tecnico sul bando.

Quali sono i requisiti per accedervi?
«Una buona conoscenza di una lingua ufficiale dell’Unione Europea (inglese, francese o tedesco) è un requisito essenziale. Se si è selezionati sulla base delle competenze e del curriculum, vengono richiesti i documenti che giustificano la disabilità in un secondo momento. Il principio fondamentale del tirocinio per persone con disabilità è infatti quello di offrire un’opportunità lavorativa tenendo conto delle abilità delle persone, delle loro competenze e non della disabilità».

Cosa viene offerto?
«Un periodo di cinque mesi di tirocinio retribuito. Non vi è alcuna connessione tra il tirocinio e un contratto di lavoro. I luoghi di lavoro sono Bruxelles e Strasburgo e, raramente, gli Uffici di Informazione del Parlamento Europeo di tutti gli Stati Membri. Consiglio a tutti di partecipare al bando per il tirocinio, perchè è un’occasione unica e irripetibile, fondamentale per lo sviluppo professionale e umano di una persona. In bocca al lupo!».

Come mai ti trovi ancora in Lussemburgo?
«Insieme ad altri nove tirocinanti, sono stato uno dei pionieri del progetto, partecipando alla prima edizione, dall’inizio di marzo alla fine di luglio del 2007. Verso la fine del tirocinio mi è stato proposto di rimanere in qualità di “agente contrattuale” (una delle figure previste nello Statuto della Pubblica Amministrazione Europea) e dopo un anno e mezzo mi trovo ancora qui».

Come eri venuto a sapere del bando e quali sono state le caratteristiche che secondo te ti hanno permesso di venire selezionato?
«Dopo la laurea in Scienze Politiche, da tempo partecipavo alle selezioni per i bandi di tirocinio offerti da tutte le istituzioni europee. Ho anche contattato tutti gli eurodeputati italiani per sapere se c’era la possibilità di fare uno stage presso i loro uffici a Bruxelles. Finché, controllandone il sito web, venni a sapere che il Parlamento Europeo stava lanciando un progetto pilota di tirocinio riservato a persone con disabilità. Era la mia occasione e non potevo mancarla. La concorrenza sarebbe stata minore e le possibilità di farcela notevolmente accresciute.
Ciò che sicuramente ha fatto pendere la bilancia a favore della mia selezione è stato il fatto di aver partecipato al Corso Post-Universitario sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità, organizzato dal Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, che mi ha permesso di specializzarmi sulle tematiche della disabilità e sulla legislazione inerente e, soprattutto, di iniziare a collaborare con il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), in qualità di esperto di diritti umani. L’Unità Pari Opportunità e Diversità del Segretariato Generale del Parlamento Europeo – che mi scelse e nella quale mi trovo tuttora – cercava infatti esperti nel campo della disabilità, in previsione di ampliare la strategia e le politiche di pari opportunità nelle risorse umane».

Quale ruolo hai ricoperto durante il tirocinio?
«Il 2007 era l’Anno Europeo delle Pari Opportunità per Tutti. Nel contesto delle attività di sensibilizzazione, la mia attività principale è stata quella di organizzare un seminario sul tema delle opportunità lavorative per le persone con disabilità nelle istituzioni europee, tenutosi il 5 luglio 2007 a Bruxelles. Ho anche contribuito, con articoli e interviste, all’edizione di «Equality», il magazine di informazione prodotto periodicamente dalla nostra Unità.
 Un'immagine di LussemburgoOra, come agente contrattuale, seguo diversi dossier, prevalentemente centrati sul tema della disabilità. Proporre e organizzare eventi di sensibilizzazione è rimasto uno dei miei compiti principali. Tra le attività più interessanti, inoltre, c’è quella di seguire le riunioni periodiche del Disability Intergroup (gruppo di deputati appartenenti a tutte le formazioni politiche che discute, in modo informale, di tematiche e politiche sulla disabilità), ciò che mi permette di viaggiare a Strasburgo in occasione delle sedute plenarie del Parlamento Europeo.
Anche Bruxelles è spesso meta di “missioni” lavorative, per seguire riunioni o attività nell’interesse dell’Unità Pari Opportunità e Diversità».

Ci racconti una tua giornata “tipo” di quei mesi?
«Ogni tirocinante viene seguito da un supervisore che gli affida e monitora i compiti che egli deve svolgere. La fortuna di lavorare in un’Unità come quella in cui mi trovo da un anno e mezzo consiste nel fatto di avere la possibilità di variare e diversificare l’attività lavorativa. Secondo le priorità dell’Unità, ci si concentra su diversi temi: organizzare un evento di sensibilizzazione, curare gli articoli del magazine, scrivere rapporti, produrre testi informativi, seguire il progetto di tirocinio, preparare e partecipare a riunioni. Senza mai perdere di vista le novità politiche e legislative in tema di pari opportunità e diversità, le buone prassi, le azioni positive implementate in altri contesti.
Queste mie attività le svolgo nel cuore del quartiere europeo della piccola, ma graziosa città di Lussemburgo, in un ambiente multilinguistico e multiculturale e con colleghi provenienti da tutta Europa. Le differenze culturali si vedono già di buon mattino, con i funzionari provenienti dall’Europa Centro-Settentrionale già al lavoro alle otto e gli altri, con stili di vita più mediterranei, che spuntano in ufficio alle nove, non troppo arzilli. Ovviamente chi arriva prima finisce prima…
La nostra Unità, che conta in media una decina di persone, è un piccolo concentrato di diversità: tra provenienze, lingue, età, genere, disabilità, tutta la società europea è ben rappresentata. Mi sono trovato molto bene sin dall’inizio, sia dal punto di vista professionale che umano e per questo devo ringraziare la capo-Unità, Rosa Maria Brignone, che ha creduto in me e mi ha portato a mia volta a credere nelle mie capacità».

Com’è la vita a Lussemburgo, anche in termini di accessibilità?
«Lussemburgo è una città piccola e accogliente, una città a misura d’uomo che assorbe circa l’80%della popolazione dell’intero Stato di Lussemburgo. Nonostante le ridotte dimensioni, è cosmopolita e multiculturale. Nel giro di pochi metri, passeggiando per il centro, si possono ascoltare quattro o cinque lingue diverse. Infatti, dei suoi circa 450.000 abitanti, il 40% è costituito da stranieri, molti dei quali italiani (seconda comunità dopo quella portoghese).
Tre sono le lingue ufficiali di Lussemburgo: francese, tedesco e lussemburghese. Una città pulita, sicura ed efficiente, dove la burocrazia non è un “mostro” come in Italia e consente di usufruire di ottimi servizi per i cittadini. Non è una metropoli e l’offerta ricreativa e culturale non è delle più ampie e diversificate. Per un giovane questo può rappresentare un limite, ma c’è da tenere conto che ci si trova nel bel mezzo dell’Europa, a due ore di viaggio da città come Parigi, Bruxelles, Strasburgo e Colonia.
Il concetto di accessibilità dei luoghi pubblici necessiterebbe di rivisitazioni e migliorie. La città in sé non è sempre pianeggiante e questo talvolta può causare dei problemi ad un’autonoma mobilità».

Il bando offre un posto come tirocinante remunerato: a quanto ammonta, circa, il riconoscimento economico? Inoltre, vengono forniti vitto e alloggio e pagate le spese di viaggio, oppure queste spese sono a carico del tirocinante?
«Lo stipendio netto di un tirocinante al Parlamento Europeo é di circa 1.120 euro mensili. Oltre a ciò, può essere concessa un’indennità aggiuntiva del 50% se vengono provate spese maggiori da sostenere relative alla disabilità. Non ci sono altre agevolazioni né per la persona con disabilità né per il suo accompagnatore. Vi è inoltre un rimborso forfetario per il viaggio di andata e quello di ritorno, che varia a seconda della distanza da Lussemburgo o Bruxelles.
Il costo della vita è notevolmente più alto a Lussemburgo che a Bruxelles, soprattutto per quanto riguarda gli affitti. Per mantenersi autonomamente è meglio evitare di vivere da soli. Vi sono delle “case per gli stagisti” i cui prezzi variano dai 300 ai 500 euro mensili. Questa soluzione è economicamente e socialmente vantaggiosa, in quanto dà l’opportunità di risparmiare e, allo stesso tempo, di conoscere molte persone e di crearsi un gruppo di amici con cui condividere il tempo libero. Il Lussemburgo è pieno di giovani che svolgono tirocini, sia nelle istituzioni europee che nelle innumerevoli banche.
Giampiero Griffo e Luisella Bosisio Fazzi a Bruxelles il 4 ottobre 2007Poiché queste case sono spesso inaccessibili per chi utilizza carrozzine, consiglio di attivarsi il prima possibile per l’alloggio, nel caso si dovesse essere selezionati. Il Parlamento mette a disposizione un Ufficio Accoglienza e gli assistenti sociali, i quali possono fornire utili informazioni per la ricerca di una casa accessibile».

Durante il tirocinio hai conosciuto molte persone provenienti da diverse parti del mondo. Inoltre, il tuo stesso bando è stato vinto da altre nove persone con disabilità provenienti da diversi altri Stati europei: li hai conosciuti?
«Ho vissuto un’esperienza indimenticabile. A ventisei anni, e prossimo a diventare un “bamboccione”, mi trovai a dover uscire per la prima volta di casa. Considerai l’esperienza del tirocinio all’estero come una sorta di “naja” dei tempi moderni, dove ci si andava a farsi le ossa.
Non è stato facile “buttarsi” in un Paese mai visto (e raramente sentito) prima, con una lingua diversa dalla propria, con tutte le difficoltà connesse, con una disabilità. I momenti di sconforto ci sono stati, ma erano compensati dal fatto di essere riuscito ad arrivare a lavorare in un’Istituzione europea.
Degli altri nove tirocinanti, quattro erano a Bruxelles, due a Strasburgo e tre a Lussemburgo con me. Ho molto legato con gli altri tirocinanti “lussemburghesi”, soprattutto con un greco-tedesco con cui ho condiviso cinque mesi di ufficio, ma anche con un ungherese e una ragazza italiana. Il nostro rapporto andava oltre il lavoro e trovava i suoi momenti più piacevoli nelle cene e nelle feste cui partecipavamo insieme agli altri abitanti delle case degli stagisti».

Gli edifici del Parlamento Europeo sono completamente accessibili?
«Il grado di accessibilità varia a seconda del tipo di disabilità su cui si misura e della città in cui ci si trova. Per le disabilità motorie la situazione è abbastanza buona, gli edifici sono accessibili ed è possibile avere assistenza, necessaria soprattutto a Bruxelles e Strasburgo, dove gli spazi interni da coprire sono immensi. Per le disabilità sensoriali, invece, la situazione va migliorata, soprattutto per quanto riguarda la segnalazione e le indicazioni all’interno degli edifici.
Per permettere a un tirocinante con disabilità di svolgere la propria attività lavorativa, il Parlamento Europeo applica il principio del cosiddetto “accomodamento ragionevole”, fornendo gli strumenti tecnologici ed ergonomici necessari a tutte le esigenze.
Quella che io definisco l’accessibilità metafisica, ossia l’atteggiamento, l’approccio alla disabilità delle persone che lavorano nell’Amministrazione Europea è in via di miglioramento, ma necessita di costanti sollecitazioni e occasioni di sensibilizzazione e accrescimento della consapevolezza».

Ti piacerebbe che la tua carriera proseguisse in quelle stanze? Cosa ti è piaciuto di più e cosa di meno nella tua esperienza, in termini di apprendimento professionale?
«La mia carriera sta già proseguendo in queste stanze e spero di rimanerci il più a lungo possibile. L’apprendimento di due (e si spera anche più in futuro) lingue straniere, l’esperienza nell’organizzare eventi, l’imparare a redigere rapporti e documenti di lavoro, il parlare in pubblico, il contatto diretto con la politica a Strasburgo, il conoscere le dinamiche di una Pubblica Amministrazione Europea sono tutte componenti che arricchiscono la mia esperienza e che aggiungono fieno alla cascina delle competenze personali.
Ciò che a volte mi manca è un respiro più ampio delle nostre iniziative, limitate all’amministrazione e senza riscontri pratici nella vita di tutti i giorni, nelle politiche sulla disabilità degli Stati Membri, ad esempio. Per questo non tralascio l’idea di provare a portare le mie competenze acquisite in campo europeo nella politica italiana, un giorno… ».

Giovanni ci saluta chiedendoci di poter ringraziare alcune persone.
«Vorrei chiudere ringraziando quelle persone che sono state fondamentali nel permettermi di arrivare dove sono arrivato e che hanno creduto in me: i professori Antonio Papisca e Marco Mascia del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, Luisella Bosisio Fazzi e Giampiero Griffo [rispettivamente presidente del CND – Consiglio Nazionale sulla Disabilità e componente del Consiglio Mondiale di DPI – Disabled Peoples’ International, N.d.R.]».
(Barbara Pianca)

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