Opinioni

Scuola: vogliamo tornare agli anni dell’“inserimento selvaggio”?

Scuola: vogliamo tornare agli anni dell’“inserimento selvaggio”?

«Se il nuovo Decreto sull’inclusione scolastica verrà definitivamente approvato così com’è – scrive Flavio Fogarolo – la scuola rimarrà da sola a gestire l’inclusione degli alunni con disabilità, con il rischio di tornare agli Anni Ottanta, al tempo del cosiddetto “inserimento selvaggio”. Succederà questo? Speriamo di no, ma di sicuro non basta cambiare i nomi e parlare oggi di inclusione, anziché di inserimento o integrazione, per cambiare la sostanza»

L’UICI e l’inclusione scolastica

Un bimbo con disabilità visiva

«Di fronte allo Schema di Decreto Legislativo sull’inclusione degli studenti con disabilità, approvato dal Governo e sottoposto ora al Parere Parlamentare, propongo alcuni dei punti essenziali su cui l’UICI intende strutturare la propria strategia politica associativa, salvo ulteriori contributi che potranno emergere durante i lavori della nostra Commissione Nazionale Istruzione e Formazione»: a scriverlo è Marco Condidorio, coordinatore della Commissione Nazionale per l’Istruzione e la Formazione dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti)

Necessaria la continuità, ma senza il “contesto” non c’è inclusione di qualità

Un'insegnante di sostegno con due allievi

Sul piano della continuità didattica da garantire agli alunni con disabilità, è certamente deludente, secondo Gianluca Rapisarda, il recente Schema di Decreto sull’inclusione prodotto dal Governo, e tuttavia, scrive, «al di là della stessa continuità, soltanto in un contesto scolastico veramente inclusivo e accogliente, si potranno realisticamente garantire per tutti e per ciascuno quelle condizioni di pari opportunità nel raggiungimento del massimo possibile dei traguardi d’istruzione, tanto decantate da tutta la più recente legislazione italiana sull’autonomia scolastica»

Disabilità intellettiva, pari opportunità di apprendimento e finalità comuni

Disabilità intellettiva, pari opportunità di apprendimento e finalità comuni

«Per rendere effettivamente inclusivo il processo educativo del giovane con disabilità intellettiva – scrive tra l’altro Luciano Paschetta, replicando a propria volta a Donata Vivanti, che aveva discusso un suo precedente intervento – e in particolare nella scuola secondaria di secondo grado, occorre un vero progetto educativo che abbia, così come avviene per i compagni “normodotati”, il focus riferito a quello che sarà l’avvenire del ragazzo al termine del corso di studi. Per riuscirci, è necessario coinvolgere altre risorse del territorio, lavorando in modo coordinato e su obiettivi comuni»

Insegnare l’umanità

Marc Chagall, "La Vie" ("La Vita"), 1964, olio su tela

«Quante volte – scrive Maria Pia Amico – ci imbattiamo in medici frettolosi, distanti, con poca voglia di dialogare coi pazienti o di spiegare la diagnosi, dando per scontato che tutti sappiano di medicina e profilassi? Un comportamento, per altro, che vale per ogni altra categoria di lavoratori. Ci vuole una certa elasticità mentale e grande intelligenza, per instaurare rapporti – di lavoro o personali – che non siano solo fredda cortesia e pura formalità, ma troppo spesso ci si dimentica che siamo esseri umani con le nostre paure e bisogni»

Decreto sull’inclusione: un eccesso di delega?

«C’è un aspetto – scrive Carlo Giacobini – che sembra essere sfuggito ai primi commenti sullo schema di Decreto per l’inclusione scolastica prodotto dal Governo e approdato all’esame delle Camere. Cogliendo infatti l’occasione della delega sull’inclusione, l’Esecutivo mette mano, in modo più complessivo, sulle più complessive procedure e competenze in materia di riconoscimento dell’handicap. E l’esame dei testi, oltre a fare emergere un vero e proprio “corto circuito” legislativo, porta all’ipotesi che in questa materia vi sia stato effettivamente un eccesso di delega»

Quella presa in giro sulla continuità didattica

«Sul punto fondamentale della continuità didattica – scrive Giovanni Battista Pesce – quello schema di Decreto sull’inclusione, prodotto nei giorni scorsi dal Governo, coincide con una grave presa in giro. L’auspicio è dunque che tutti pongano il massimo impegno, per far sì che quell’Atto dell’Esecutivo venga modificato a livello parlamentare, nel senso di contemplare una vera continuità didattica per gli alunni con disabilità»

Nessuno sia lasciato indietro (nemmeno nella scuola)

«Una scuola che lascia indietro gli alunni più svantaggiati – scrive Donata Vivanti, replicando a un intervento di Luciano Paschetta, pubblicato del nostro stesso giornale -, quelli con disabilità gravi dell’apprendimento che non possono arrivare a seguire i programmi accademici, non è una scuola inclusiva, è una scuola che non riesce a staccarsi dal concetto dell’integrazione, ovvero dell’accoglienza di chi in qualche modo riesce ad adeguarsi agli alunni “normali”, ma non è capace di includerli adeguandosi alle loro necessità educative»

Pugno duro solo verso gli alunni con disabilità?

Perché quel “colpo basso” ai ragazzi con disabilità che frequentano le scuole medie, contenuto nel recente schema di Decreto sulla valutazione delle competenze degli studenti, che rischia di mettere in discussione la stessa filosofia dell’inclusione? Non sarà semplicemente un uso frettoloso del “copia e incolla”, da parte del Ministero, da correggere quanto prima? «Sarebbe infatti paradossale – sottolinea Flavio Fogarolo – che un Decreto ove si riformano gli esami, smussando varie rigidità, mostrasse il pugno duro solo verso gli alunni con disabilità!»

L’inclusione non la garantiscono i Giudici (né la scuola, da sola)

«Bisogna rivedere questo modello di inclusione – scrive Luciano Paschetta – che “scarica” alla scuola ogni responsabilità nell’educazione del ragazzo con disabilità, sostituendolo con un modello in cui la scuola in rete dia a quell’alunno ciò che egli è in grado di apprendere. Questo, però, in un contesto che si faccia carico di quant’altro sia necessario alla sua crescita e alla sua inclusione sociale al di là dell’istruzione, e secondo un vero progetto di vita. Diversamente continueranno ad essere i Giudici a decidere come realizzare l’inclusione»

Così deve crescere il sistema del welfare in Puglia

«Il sistema di welfare in Puglia – scrivono i Presidenti di tre importanti organizzazioni regionali di persone con disabilità e delle loro famiglie, dopo avere messo in luce le criticità di un recente provvedimento basato sui cosiddetti “buoni di servizio” – deve crescere costruendo realmente un percorso di presa in carico continuativa e globale delle persone con disabilità, specie intellettiva e/o relazionale, le quali, più di altre, patiscono la frammentarietà, la discontinuità e il mancato coordinamento dei servizi e dell’integrazione sociosanitaria degli stessi»

Decreto sull’inclusione: si ascoltino le persone con disabilità e le loro famiglie

«Se il Ministero dell’Istruzione non investirà realmente e adeguatamente sugli alunni/studenti con disabilità, sulle loro famiglie e sui docenti specializzati – scrive Gianluca Rapisarda, a proposito del Decreto sull’inclusione scolastica approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri – e se non costruirà con loro un effettivo ed efficace clima di condivisione e collaborazione, potrà varare anche decine di riforme sul sostegno, ma faticherà sempre a creare le condizioni affinché vi sia un’inclusione di qualità per tutti e per ciascuno»

I diritti umani non si negano, nemmeno in nome della protezione

«Reindirizzare le risorse dall’istituzionalizzazione a servizi radicati nella comunità»: questo aveva raccomandato all’Italia il Comitato delle Nazioni Unite che monitora l’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, negli Stati che l’hanno ratificata. Non è però quello che accade con il Polo della Disabilità progettato dal Comune toscano di Empoli, che risulta «del tutto inaccettabile – secondo Donata Vivanti, presidente della FISH Toscana – in una prospettiva della disabilità basata sul diritto e sulle pari opportunità»

Sette dimensioni dell’azione didattica, per migliorare l’inclusione

La risorsa dei compagni di classe, l’adattamento, le strategie logico-visive, i processi cognitivi e gli stili di apprendimento, il metodo di studio, le variabili psicologiche e i metodi di valutazione e verifica: sette dimensioni dell’azione didattica, elencate dall’Osservatorio del Centro Studi Erickson, sulle quali agire, per incrementare i livelli di inclusione in classe dei ragazzi con disabilità, migliorando le condizioni di apprendimento di tutti gli alunni

I consigli di chi ha vissuto l’inclusione negli Anni Cinquanta

«Non posso applaudire – scrive Salvatore Nocera – Sentenze come quella che ha recentemente garantito a una ragazza con disabilità l’insegnante di sostegno per l’intero orario curricolare. Provvedimenti come questi, infatti, vanno in direzione opposta rispetto a come è stata voluta e realizzata l’inclusione scolastica in Italia. Da persona minorata della vista, che ha vissuto l’inclusione nel “profondo Sud” degli Anni Cinquanta, consiglio dunque non di brindare per Sentenze come questa, ma di battersi per una seria ripresa della formazione dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive»

Nell’era della crisi è sempre aperta la “caccia all’untore”

«Nell’era della crisi – scrive Andrea Pancaldi – la “caccia all’untore” è sempre aperta, impastando vero e verosimile, mettendo e o-mettendo, salvando e sacrificando». E nello specifico, torna a farsi forte l’eco della cosiddetta “caccia al falso invalido” anche in un recente articolo della «Repubblica». Chi perciò non vuole «rinunciare ad analisi serie e a dati di corredo – aggiunge Pancaldi -, senza omissioni sulle luci e sulle ombre, a un welfare fatto non solo di soldi, ma anche di servizi e di paziente navigazione nella complessità dei fenomeni sociali, deve organizzarsi. E farlo sapere»

Rendere normale domani ciò che ieri era impossibile

Ovvero la cultura dell’inclusione, secondo le parole di Andrea Canevaro, citate da Mario Paolini, che oltre a proporre “A muso duro”, celebre canzone di Pierangelo Bertoli, come una sorta di inno dell’inclusione, sottolinea tra l’altro che «la cultura dell’inclusione ha bisogno di cultura della legalità, del civismo e della democrazia»

Non è la vista che descrive il mondo

Ovvero, come scrive Marco Condidiorio, riflettendo sulle tante esperienze “al buio” che in questi anni coinvolgono persone vedenti, «la cecità non è esperibile». In tal senso, ricorda, «una cena al buio non è l’incontro con la cecità, ma la scoperta, al più, delle criticità materiali, fisiche, ambientali, e della necessità dell’ordine e dei bisogni di chi vive realmente la cecità sulla propria pelle»

Le feste secondo Giovanni

Le feste di Natale e Capodanno vissute da un giovane con autismo e un’interessante graduatoria “rovesciata” delle dieci cose che in quel periodo dell’anno gradisce di meno e di quelle che gradisce più, dai botti di San Silvestro alla processione del Bambino Gesù, passando per le luci di Natale, la Befana, le vacanze scolastiche e la tombola…

Continuità didattica, continuità educativa e alunni non vedenti

«La capacità nostra – scrive Marco Condidorio – cioè di noi operatori della scuola che ogni giorno dobbiamo inventare le strategie per tenere l’alunno in aula, non fisicamente, ma col pensiero, dev’essere quella di proporre il binomio didattica-educazione ed educazione-didattica, ogni giorno diverso, mai uguale e sempre e comunque in funzione, non solo basandoci sui contenuti disciplinari, ma, e soprattutto, sui contenuti aderenti alle potenzialità e attitudini dell’alunno cieco o ipovedente grave; questo potrebbe significare continuità, nella didattica e nell’educazione»