Periodicamente, nel variegato mondo dell’associazionismo che rappresenta le persone con disabilità, e quindi anche in “casa FISH” [la Federazione Italiana per il Superamento dell’handicap, N.d.R.], sorge da parte di alcune Associazioni la tentazione di porsi “alla testa” di uno specifico settore di disabilità e di dettare o suggerire buone norme di trattamento o di riabilitazione valide erga omnes.
Se è una tentazione alla quale non siamo sfuggiti, ed è probabile che sia così, ne facciamo ammenda; è anche vero però che quando abbiamo scorto questa tendenza in altri (come è noto, è assai più facile scorgere la pagliuzza nell’occhio del vicino che la trave nel proprio), abbiamo gridato alto e forte (ovvero scritto a chiare lettere) che nessuno era il detentore della Verità, che bisognava ascoltare le famiglie, vere depositarie del sapere riabilitativo (anche se questa affermazione fa arricciare il naso a molti professionisti), non schierarsi mai acriticamente a favore di una teoria o di una metodica e tuttavia nemmeno demonizzare quelle concorrenti.
Chi invece è favorevole al “pensiero forte” potrebbe proporre, per risolvere ogni dubbio, la creazione di una sorta di “bollino blu” della FISH con il quale insignire, previo referendum o altrimenti parere di un comitato di saggi esperti (chi più esperto e “saggio” delle famiglie interessate? Chi più di loro ha acquisito maggiori meriti “sul campo”?), la miglior tecnica in ogni settore.
Chi vuole può rivedersi su queste colonne le idee delle nostre famiglie in testi come I viaggi della ragionevole speranza (cliccando qui), L’efficacia delle cure e le proposte delle famiglie (qui) o Una posizione sulla comunicazione facilitata (qui).
In queste righe vogliamo dunque ribadire ancora una volta che alle famiglie non serve sentirsi dire quali scelte non devono fare, mentre attendono da sempre risposte chiare, concrete e verificabili per facilitare lo sviluppo dei loro figli.
Probabilmente molte delle metodiche riabilitative o dei protocolli di intervento applicati oggi, tra venti-trent’anni saranno guardati come tentativi ben presto superati e che raggiunsero risultati da considerare modesti.
Tanto per restare nel settore delle cerebrolesioni dell’età evolutiva (almeno parliamo di qualcosa che conosciamo davvero), chi applica oggi le tecniche denominate Deaver, di Pohl, di Hipps? E chi ne ricorda i nomi, al di là dei professionisti particolarmente attaccati alla storia della riabilitazione?
Assicuratici quindi i “fulmini” dei professionisti (è ben noto il difficile rapporto di odio-amore che lega a loro le nostre famiglie), torniamo al libero arbitrio (necessario per avere la libertà di scegliere), all’informazione (necessaria per avere gli elementi per scegliere) e alla scienza (necessaria per aver avere saggezza nella scelta): non sono forse tutti questi elementi imprescindibili anche da un punto di vista etico? Eppure raramente riusciamo a trovarli nel mondo della riabilitazione!
*Per le famiglie della Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).