Diagnosi preimpianto: l’Europa boccia la Legge 40

«Il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente»: lo ha dichiarato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, accogliendo il ricorso di due genitori romani, entrambi portatori sani di fibrosi cistica. Si tratta di una Sentenza destinata certamente a lasciare il segno, nei confronti di una Legge che già tanto ha fatto discutere in questi anni

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo

È destinata a lasciare il segno la decisione con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata nei confronti della Legge italiana 40/04 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), una legge che già negli anni scorsi ha fatto quanto meno discutere, diventando anche, nel 2005, oggetto di un referendum popolare che non raggiunse però il quorum di votanti.
Esaminando infatti il ricorso di una coppia di romani, i Giudici di Strasburgo hanno sancito che «il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente», in quanto, mentre si nega a una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica (fibrosi cistica) di accedere alla diagnosi preimpianto, allo stesso tempo «un’altra Legge dello Stato Italiano permette di accedere a un aborto terapeutico, in caso che il feto venga trovato affetto da fibrosi cistica». In tal modo, stabilisce la Sentenza emessa dalla Corte, «la Legge 40/04, per come è formulata, ha violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare della coppia ricorrente».

Il ricorso era stato presentato nell’ottobre del 2010, dopo che i due genitori romani, in seguito alla nascita del primo figlio affetto da fibrosi cistica, avevano scoperto di essere entrambi portatori di tale malattia genetica. Il loro desiderio era quello di avere altri figli, ricorrendo però alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, metodiche – com’è noto – vietate dalla Legge 40/04, salvo che per le coppie sterili o per quelle dove l’uomo è portatore del virus HIV o di quelli dell’epatite B e C.
Una chiara discriminazione, secondo i ricorrenti, che avevano quindi deciso di rivolgersi alla Corte di Strasburgo.
Già nei mesi precedenti di quello stesso 2010, del resto, altre coppie coinvolte in situazioni di malattie genetiche (distrofia muscolare di Duchenne, atrofia muscolare spinale di tipo 1) avevano visto sia il Tribunale di Bologna che quello di Salerno emettere Sentenze a loro favorevoli, basate su un pronunciamento della Corte Costituzionale, come avevamo ampiamente riferito a suo tempo in un nostro ampio approfondimento sulla materia.

Va detto, in conclusione, che il verdetto dei Giudici di Stasburgo – che hanno sancito per lo Stato Italiano la condanna al pagamento di 15.000 per danni morali e di 2.500 per le spese legali sostenute – non è al momento definitivo e che lo diverrà solo entro tre mesi, nel caso che nessuna delle parti inoltri un ricorso, per ottenere una revisione davanti alla Grande Camera, l’organismo cioè della Corte, formato dal presidente di essa, dai vicepresidenti e da altri quattordici giudici, che esamina i casi particolarmente complessi.
Degno di nota è altresì anche il richiamo, nel testo del provvedimento, al fatto che il no alla diagnosi preimpianto è previsto, in Europa, solamente in Italia, Austria e Svizzera. (S.B.)

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