Sara e la “magia della galleggiabilità”

«Nello stesso istante in cui ho scoperto che il mare era la chiave delle emozioni di mia figlia – racconta Eusebio Busé, papà di Sara, ragazza di dieci anni con autismo – ho deciso che sarebbe stato la mia casa, la nostra casa». E così, nella barca chiamata “Adagio blu”, che fa vivere giornate di mare anche ad altri bambini con disabilità, Sara ha incominciato a interagire con il mondo

Eusebio Busé e la figlia Sara, a bordo della barca "Adagio blu"

Eusebio Busé e la figlia Sara, a bordo della barca “Adagio blu”

Sara contempla il mare e sorride. Sara, 10 anni in questo mese di luglio, nuota nel mare e rifiorisce. Sì, proprio quel mare che Platone, quattrocento anni circa prima di Cristo, diceva «lavasse i mali degli uomini».
Sara è autistica e vive in un mondo tutto suo che non riesce a condividere con gli altri. “Chiusura autistica”, la chiamano gli specialisti, ovvero la tendenza di chi soffre per questo disturbo intellettivo a isolarsi, ignorando il mondo e le persone che lo circondano. Una porta chiusa e miliardi di chiavi da provare. Senza mai darsi per vinti. Senza rinunciare a nessun tentativo. Giorno dopo giorno, fino a vedere un leggero guizzo, una luce nuova negli occhi di quella figlia “misteriosa”.
«Nello stesso istante in cui ho scoperto che il mare era la chiave delle emozioni di mia figlia – racconta Eusebio Busé, papà di Sara, quarantenne ligure di origine, piemontese di adozione – ho deciso che sarebbe stato la mia casa, la nostra casa». Eusebio, addetto alla qualità di Michelin, ha venduto la sua abitazione e nel maggio del 2012 ha comprato una barca di 11,5 metri, un’Oceanics 370, dove trascorrere l’esistenza. «Sara è dotata di un’acquaticità sorprendente – racconta orgoglioso -, riesce a immergersi fino a quattro metri… ma soprattutto, quasi fosse un miracolo marino, la distesa d’acqua la stimola, la fa aprire e interagire con il mondo». La società degli altri, quella degli adulti e quello dei ragazzi con o senza disabilità.
Adagio blu, questo il nome dell’imbarcazione acquistata in Francia nei Cantieri Beneteau, è diventata presto il punto d’incontro di una comunità. «Ad agosto 2012 ho fondato l’Associazione Hakuna Matata (“Senza pensieri” in lingua Swahili), al cui interno si sviluppa il Progetto S.A.R.A., acronimo per “Sostegno Ai Ragazzi Autistici”». La barca, ancorata al porto di Loano (Savona), che mette a disposizione anche i locali per le manifestazioni, viene data in comodato d’uso all’Associazione, che la utilizza per far vivere una giornata di mare alle famiglie con bambini con disabilità.

«Quasi fosse una terapia – spiega Busè, che nel progetto ha coinvolto anche gli esperti del Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Cuneo -, riusciamo a portare un po’ di serenità a questi bambini. È un’emozione impagabile poter guardare negli occhi felici un bimbo con disabilità intellettiva seduto al timone della barca, quando dispieghiamo i 135 metri quadri di vela. Si sente realmente importante, fiero e allo stesso livello degli altri membri dell’equipaggio».
La “magia della galleggiabilità”, la chiama Busè, il fascino che un guscio di noce o un grande veliero producono su piccoli e adulti, il pensiero di essere in balìa delle onde e di uno sterminato mare e allo stesso tempo sentirsi protetti da quel piccolo involucro di vetroresina. Sentirsi un vero equipaggio, il tutti per uno e uno per tutti, se volessimo dirla alla maniera di Dumas (padre), che permette di condividere le emozioni e di sentirsi una famiglia.
«Le prime volte che portai mia figlia in barca – confessa Busè – lo feci perché volevo condividere con lei le emozioni del mare, quasi fosse un campeggio marittimo. Ci sono riuscito e ne sono stato ripagato, tanto che ora voglio, attraverso l’Associazione, far ripetere le esperienze ad altre famiglie, aiutarle a vivere qualche momento di serenità tutti insieme. È sorprendente vedere come, durante alcune manifestazioni che organizziamo, le differenze si annullino. Un giorno una signora venne da me e mi chiese: “Ma quali sono i bambini con problemi?”. Non li riconosceva in quella torma di ragazzi. Avevo vinto, ragazzi con e senza disabilità si erano mescolati in maniera tale che nessuno poteva fare distinzioni».

Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, è stato pubblicato da “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Le vele di Sara contro l’autismo”. Viene qui ripreso per gentile concessione dell’Autore e del blog.

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