Un caso limite o solo uno fra tanti?

Abbiamo purtroppo fondati motivi di credere che non sia così isolata, come può sembrare, la vicenda che vede coinvolta a Treviso una persona non vedente, presidente dell’UICI locale (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), che lavora come centralinista presso un’azienda pubblica, ma che da quattro anni si è visto “sostituire” da una segreteria elettronica e che non può svolgere altre mansioni, mancando il computer giusto

Massimo Vettoretti

Massimo Vettoretti, persona non vedente, presidente dell’UICI di Treviso, protagonista suo malgrado della paradossale vicenda che qui raccontiamo

Si è fatta largo in questi giorni anche sulle pagine dei quotidiani – dopo un vero e proprio tam tam in internet e tantissimi messaggi di solidarietà -, la paradossale vicenda di Massimo Vettoretti, persona non vedente, presidente dell’UICI di Treviso (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), la cui situazione, per altro, abbiamo fondati motivi di credere che non sia purtroppo l’unica del genere.
Ne parla ampiamente proprio oggi, 12 giugno, pur titolando in modo non certo raffinato (Paga da 1.150 euro per non lavorare. Il cieco chiede un’ispezione), la cronaca di Treviso del quotidiano «Il Gazzettino», ove si esordisce in modo assai eloquente: «Sul tavolo da lavoro due monitor, spenti. E un telefono: rotto. Davanti al tavolo, una sedia. È tutto qui l’ufficio di Massimo Vettoretti, impiegato della Motorizzazione non vedente che da quattro anni viene pagato per non fare niente: ha uno stipendio, ma non un lavoro».

In sostanza, come aveva raccontato nei giorni scorsi lo stesso Vettoretti in Facebook, «era un lunedì di quattro anni fa e, al ritorno da un fine settimana, mi ritrovai con il centralino completamente muto: non chiamava più nessuno. Terrorizzato dal fatto che il sistema si fosse guastato, chiamai l’installatore che mi comunicò che… mi avevano sostituito con un disco! Da allora, da quattro anni, passo il mio orario lavorativo senza fare nulla, senza la prospettiva che questo cambi, se non in peggio. E dal dicembre scorso, persino il telefono interno è andato fuori servizio. Senza riscaldamento d’inverno, senza aria condizionata d’estate, con la carta da parati che pende in tristi festoni dalle pareti, con nessun lavoro da fare, nessun compito da svolgere, da quattro anni io timbro il cartellino, con l’unica mansione a me assegnata: trovarmi da fare abbastanza per fare arrivare l’ora di smontare!».

Riassumendo, il Presidente dell’UICI di Treviso è occupato come centralinista, regolarmente assunto da un’azienda pubblica (la Motorizzazione Civile della città veneta), e da un giorno all’altro vede il proprio lavoro sostituito da una segreteria elettronica. La Direzione, allora, gli assegna una nuova mansione – redigere una rassegna stampa quotidiana e monitorare siti utili per l’Ente – senza però mettergli a disposizione un computer utilizzabile da una persona non vedente, ovvero fornito di sintesi vocale.
«Per un po’ – racconta al “Gazzettino” – ho lavorato con il computer che mi portavo da casa, ma poi ho pensato che non era giusto: se un’azienda mi dà un lavoro mi deve anche mettere nelle condizioni di farlo. È da quattro anni che sono in questa situazione e adesso basta. Rivoglio la mia dignità. Ho inviato ai vertici regionali della mia Associazione tutte le carte per valutare cosa fare. Tra le soluzioni c’è anche un esposto all’Ispettorato del Lavoro perché venga qui a fare un’ispezione». «Prendo 1.150 euro al mese per non fare niente – conclude -, ma non dipende da me. Anche se mi sento in colpa e non dovrei esserlo. Io sono qui: basta che mi dicano cosa fare e la faccio».

Ma a questo punto, dopoché il “caso” è scoppiato – anche tramite una specifica Interrogazione Parlamentare presentata dal senatore Antonio De Poli al Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, che ha chiesto «di avviare un approfondimento e di far luce sulla vicenda» – come intende muoversi la Motorizzazione Civile? Ebbene, a quanto riferisce ancora il quotidiano locale, sembra addirittura voler avviare un doppio provvedimento disciplinare nei confronti di Vettoretti: «Il primo – scrive “Il Gazzettino” – per essere uscito pubblicamente, prima nel suo profilo Facebook e poi sulla stampa, con una storia che mette in grave imbarazzo l’ente per cui lavora. Il secondo per avere svolto solo raramente, in tutti questi anni, la mansione che gli era stata indicata, vale a dire la rassegna stampa».
E ancora: «Dalla Direzione dicono di non essere mai stati contattati da Vettoretti e quindi di non aver mai appreso dalla sua viva voce i problemi». Rispetto poi al fatto dei mezzi personali usati dal “centralinista senza centralino”, per svolgere le nuove mansioni, aggiungono che «non è mai venuto qui a esporre la sua situazione, altrimenti qualcosa avremmo fatto. Ce ne siamo accorti qualche mese fa e abbiamo iniziato le pratiche per l’acquisto di un software in grado di farlo lavorare. Ma per queste cose i tempi della pubblica amministrazione sono quelli che sono». «È passato quasi un anno – conclude l’articolo del quotidiano – e del software ancora nessuna traccia».
Appunto, è proprio quest’ultimo elemento – quasi un anno per consentire di lavorare a una persona con disabilità – che ci sembra togliere buona parte di credibilità a tali motivazioni.

Si è parlato – sia nel web che sulla stampa – di mobbing, termine che, com’è noto, indica, in àmbito lavorativo, una serie di comportamenti sfavorevoli, nei confronti di un dipendente, che vanno dalle angherie alle vessazioni, dalle aggressioni fisiche a quelle verbali, dall’emarginazione al demansionamento e così via.
Qui, tuttavia, ci sembra anche utile ricordare che in tempi assai recenti – ovvero lo scorso anno – la Corte di Cassazione (Sezione Penale, Sentenza n. 28603 del 43 luglio 2013) ha riconosciuto pure lo straining, qualificandolo come una sorta di «mobbing dalle forme più attenuate». Si tratta, come leggiamo nella testata «LeggiOggi.it», di «una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. Affinché si possa parlare di straining è dunque sufficiente una singola azione stressante cui seguano effetti negativi duraturi nel tempo».

Da parte nostra, in ogni caso, continueremo naturalmente a seguire gli sviluppi della vicenda, auspicando innanzitutto che l’azienda pubblica coinvolta voglia recedere dal proposito di avviare dei procedimenti contro Vettoretti e che nel frattempo arrivi rapidamente quel software per il quale sarebbero state avviate le pratiche, consentendogli così di tornare almeno a poter lavorare. (S.B.)

Ringraziamo Massimiliano Bellini per la collaborazione.

Segnaliamo che Massimo Vettoretti ha espresso le proprie ragioni anche in un video che è presente in YouTube.

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