Si spende poco e male per abbattere le barriere

Non è certo una novità, questa, per i nostri Lettori, ma a dirlo ora è anche la Corte dei Conti – massimo organo di controllo delle entrate e delle spese pubbliche – che in una sua relazione sottolinea appunto come i fondi destinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’eliminazione delle barriere architettoniche nelle strutture pubbliche si siano via via ridotti negli ultimi anni, fino al completo azzeramento. Salvo qualche eccezione…

Mostra fotografica per la UILDM di Udine: Plateatico di Piazza Libertà a Udine (foto di Matteo Lavazza Seranto)

Una delle immagini (Plateatico di Piazza Libertà a Udine) che compongono la mostra intitolata “Questa è la mia città. Quarant’anni di lotta alle barriere architettoniche”, iniziativa promossa dalla UILDM di Udine (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) (foto di Matteo Lavazza Seranto)

«L’Italia spende poco e male per l’abbattimento delle barriere architettoniche. E gli interventi riguardano in gran parte le caserme e le strutture militari, oltre a progetti per l’accessibilità dei siti archeologici e culturali».
Pur in estrema sintesi, ci sembra che l’Agenzia «Redattore Sociale» centri perfettamente la sostanza del documento recentemente presentato dalla Corte dei Conti – massimo organo che controlla le entrate e le spese pubbliche – intitolato La gestione degli interventi di ristrutturazione e di adeguamento delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Le premesse di tale relazione – che analizza specificamente l’entità e l’utilizzo dei finanziamenti pubblici predisposti in tale àmbito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – sono piuttosto chiara e ben note anche ai nostri Lettori. Basandosi infatti sulla più recente normativa nazionale e internazionale, la Corte dei Conti definisce innanzitutto il concetto di barriere architettoniche, ovvero: «a. gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea; b. gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti; c. la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi».
In tal senso, altro concetto ben noto, si sottolinea che «la legislazione, i regolamenti e le circolari italiane sono tra le più complete e significative nell’ambito della UE [Unione Europea, N.d.R.] (e a livello mondiale), nel senso che la tutela delle disabilità, a favore della migliore accessibilità ed usufruibilità di uffici e sedi di strutture pubbliche, è garantita da molteplici prescrizioni che impongono specifici requisiti di adeguatezza dei progetti di costruzione iniziali e degli interventi correttivi e/o migliorativi [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
E tuttavia, altrettanto chiaramente vengono esposte le “dolenti note”, ovvero le insufficienti risorse che sin troppo spesso rendono “pura teoria” quelle ottime Leggi, Regolamenti e Cirolari. Come si evince infatti da una tabella che fotografa quasi con spietatezza la situazione, dai 14 milioni e 100.000 euro stanziati nel 2008 per «Interventi di ristrutturazione ed adeguamenti delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche», si arriva progressivamente al completo azzeramento degli anni 2012 e 2013.
Altro problema “molto italiano”, quello dello scarso coordinamento degli interventi e soprattutto della mancanza di controllo e verifica, da parte del Ministero, sulla qualità degli stessi, nei confronti dei nove Provveditori Interregionali delle Opere Pubbliche (da quest’anno ridotti a sette), responsabili della gestione dei fondi e delle relative opere.

Come detto inizialmente, dunque, a “passarsela meglio” sembra siano le caserme e le strutture militari – pur essendo anche qui «molto incompleto il quadro informativo», come puntualizza la Corte dei Conti – con un capitolo a sé dedicato all’abbattimento delle barriere nei siti archeologici e culturali, indicato come «esempio virtuoso», grazie alle iniziative del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che hanno portato ad avere «servizi per disabili in 184 istituti e luoghi di cultura statali e in 1,409 non statali, e quindi complessivamente nel 34,72% dei casi».
Effettivamente, visto il quadro generale a dir poco sconfortante, non ci si può lamentare più di tanto, almeno in quello specifico àmbito. (S.B.)

Ricordiamo ancora che è disponibile in versione integrale la relazione intitolata La gestione degli interventi di ristrutturazione e di adeguamento delle strutture pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche, prodotta recentemente dalla Corte dei Conti.

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