Ospedali e disabilità: quanto lavoro ancora da fare!

Perché l’80% delle 814 strutture sanitarie pubbliche contattate non ha voluto o saputo rispondere a un’indagine conoscitiva sull’accoglienza delle persone con disabilità in ospedale? E perché la maggior parte di quelle che hanno risposto lo hanno fatto per raccontare le proprie carenze? Se n’è parlato a Rozzano (Milano), durante un incontro che ha coinciso anche con una nuova presentazione della Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale

Corridoio di ospedale. Sullo sfondo tre persone sfuocate, fotografate di spalleIl diritto alla salute per le persone con disabilità si scontra purtroppo con competenze, strumentazioni e adattamenti organizzativi in molti centri ospedalieri ancora inadeguati: è partito da questo assunto, come avevamo segnalato in fase di presentazione, il corso-convegno intitolato L’ospedale discrimina? L’accoglienza in ospedale delle persone con disabilità, tenutosi il 3 ottobre scorso all’Ospedale Humanitas di Rozzano, nei pressi di Milano, evento aperto a tutti e organizzato dalla Fondazione milanese Ariel e dalla Cooperativa Sociale Romana Spes contra Spem, con la collaborazione della Fondazione UMANAMENTE del Gruppo Allianz, durante il quale è stata innanzitutto presentata la Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, nata nella primavera del 2013 proprio ad opera di Spes contra Spem (se ne legga ampiamente anche nel nostro giornale), e adottata ad esempio dal Policlinico Gemelli di Roma.
Ne riferisce ai Lettori Antonio Giuseppe Malafarina, giornalista, blogger e persona con disabilità, che ha moderato l’incontro.
(S.B.)

«Credo che a buona ragione si possa definire come “agghiacciante” il risultato dell’indagine conoscitiva svolta presso tutte le Direzioni Sanitarie delle strutture ospedaliere pubbliche, che abbiamo presentato il 3 ottobre durante l’incontro di Rozzano, con una sensazione anche di diffuso disinteresse.
Quella ricerca, infatti, condotta tra gennaio e settembre di quest’anno, aveva sostanzialmente tre obiettivi: diffondere presso tutte le strutture contattate la Carta dei Diritti; sensibilizzare le strutture stesse circa le problematiche connesse al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità; descrivere la situazione attuale delle strutture sanitarie rispetto ai criteri, previsti dalla Carta, di accessibilità, personalizzazione e coordinamento dei percorsi sanitari.
Le Direzioni Sanitarie, dunque, hanno ricevuto via posta le credenziali con le quali accedere al questionario on-line. I solleciti, poi, sono avvenuti sia via mail sia telefonicamente, con tutte le 814 strutture contattate.
Ebbene, a rispondere è stato soltanto un esiguo 20%! La maggioranza, inoltre, ha risposto di essere priva di mappe a rilievo e/o percorsi tattili nei nosocomi. Solo il 36% delle strutture, inoltre, ha un flusso prioritario per pazienti con disabilità presso i servizi ambulatoriali/day hospital con erogatori di numeri dedicati. E ancora, un misero 19% ha un punto unico di accoglienza. Infine, la presenza in pronto soccorso di locali e/o percorsi specifici per pazienti con disabilità cognitiva/intellettiva è pura fantascienza…
Secondo coloro che l’hanno promossa, l’indagine ha valore esplorativo, considerato che era partecipata a base volontaria, ma essa in ogni caso abbozza un quadro quanto mai tetro, portando a chiedersi innanzitutto perché un 80% di strutture pubbliche non voglia, non riesca o si dimentichi di cooperare a un’indagine su un pubblico servizio. Scheletri negli armadi? Apatia? Omissioni?
In altre parole, concetti come persona, dignità, diritti sembrerebbero misteriosi. In quel 3 ottobre abbiamo provato ad indagarli. Serafino Corsi, ad esempio, docente di Psicologia delle Disabilità all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e direttore del Dipartimento Disabili della Fondazione Sospiro ONLUS, citando altri studiosi, ha ricordato che “le persone con disabilità intellettive possono acquisire le conoscenze e le abilità per diventare più autodeterminate se opportunamente formate/sostenute”.
Dal canto suo, Luisella Bosisisio Fazzi, presidente di FONOS (Fondazione Orizzonti Sereni) e consigliera della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), ha riportato uno specifico comma (d) dell’articolo 25 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ricordando che spetta “agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri”.
Maria Luisa Di Pietro, invece, professore associato di Medicina Legale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ha approfondito il criterio di persona, sottolineando che “mentre per il sostanzialismo è persona chi possiede natura umana, per il funzionalismo lo è invece chi possiede/svolge determinate caratteristiche/funzioni”. In tal senso, “il principio di dignità ha tre sfumature: quella attribuita, cioè assegnata dagli altri a qualunque titolo, quella che coincide con il benessere, cioè allo star bene con se stessi, e quella che l’individuo possiede in quanto essere umano”.
È quasi scontato, a questo punto, concludere che certe nozioni non sono ancora state assimilate da troppe persone.
Antonio Giuseppe Malafarina».

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