La cattiva notizia è che ogni anno centinaia di scoperte promettenti per la messa a punto di nuovi farmaci e trattamenti vengono perse: idee che non potranno essere sfruttate per dare risposte concrete alle persone che soffrono di malattie neurodegenerative croniche.
La notizia buona, invece, è che le competenze globali per sviluppare terapie innovative ci sono, a patto di avere il coraggio di voltare pagina, accettando l’idea di lavorare tutti insieme, fin dall’inizio, per un unico obiettivo e trarre benefici per tutti i portatori di interesse coinvolti (stakeholder), profit e non profit.
Ogni anno, milioni di cittadini, con le loro donazioni e il 5 per mille, danno mandato all’accademia e alle fondazioni dei pazienti di finanziare la ricerca senza sprechi di denaro e di tempo. Una “chiamata all’azione” (call to action) di persone con malattie ad esempio come l’Alzheimer, il Parkinson o la sclerosi multipla, diretta a tutti gli attori coinvolti nel processo di scoperta e sviluppo di nuovi farmaci.
E tuttavia, «per soddisfare la richiesta dei cittadini – secondo la FISM, Fondazione dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e l’Università di Milano, che hanno presentato in tal senso una proposta accreditata dalla prestigiosa rivista «Trends in Pharmacological Sciences» del gruppo «Cell» – è necessario seguire un nuovo modello di interazione fra ricercatori al banco di laboratorio, associazioni dei pazienti, professionisti dell’industria farmaceutica e biotecnologica, agenzie regolatorie del farmaco e istituzioni governative».
Le associazioni dei pazienti, infatti, per prime hanno capito, attraverso le loro Fondazioni, che solo adottando modelli diversificati di finanziamento della ricerca è possibile ottenere ricadute concrete per i malati. In questi ultimi anni, ad esempio, l’AISM, attraverso la sua Fondazione FISM, unica tra le associazioni di pazienti in Italia, ha sviluppato una nuova mappa di finanziamento e promozione della ricerca a sostegno di questa strategia, con 47 milioni e 400.000 euro investiti negli ultimi ventiquattro anni (6 milioni e 300.000 nel 2013, per la ricerca di eccellenza nella sclerosi multipla, con 140 pubblicazioni scientifiche dall’ottimo indice di impatto).
L’articolo pubblicato nella Sezione Scienze e Società di «Trends in Pharmacological Sciences» richiama l’attenzione sull’urgenza di investire in questo nuovo modello, senza il quale, secondo gli autori, non sarà possibile condividere il rischio di investire nell’innovazione, per generare farmaci che cambino davvero il decorso delle malattie neurodegenerative.
In sostanza, l’ingrediente chiave della nuova ricetta è un profitto concreto che ogni attore coinvolto nello sviluppo di terapie innovative per la persona con malattie neurodegenerative deve avere. Le associazioni di pazienti traducono i risultati della ricerca in qualità di vita delle persone e in uno strumento di tutela (advocacy), nel confronto con le Istituzioni, per trasformarlo in una risposta concreta per le persone con malattia. Il ritorno positivo per il ricercatore può essere invece rappresentato da pubblicazioni prestigiose e finanziamenti per continuare le proprie ricerche. Si aggiungono in termini di ricadute positive la creazione di nuovi posti di lavoro per l’industria farmaceutica e biotecnologica, mentre nuovi farmaci consentono di curare le persone e mantenerle attive, in particolare coloro con patologie neurodegenerative croniche, e il costo di oggi si traduce in un risparmio a medio e lungo termine per il Sistema Sanitario Nazionale.
Condizione fondamentale per tradurre la ricetta in un modello di successo è per altro l’infrastruttura, necessaria non solo a far lavorare assieme tutti gli attori coinvolti, ma anche a garantire a ciascuno il proprio beneficio.
«Come ricercatore accademico – dichiara Maria Pia Abbracchio dell’Università di Milano – ho sempre sentito la necessità di traslare i risultati delle mie ricerche di base in qualcosa di concreto per i pazienti, ma spesso le nostre scoperte sono troppo premature. Solo lavorando fin dall’inizio con un compagno di viaggio fortemente motivato ad avanzarle fino allo stadio in cui diventano di interesse per l’industria farmaceutica, è possibile superare questo “gap” traslazionale».
«Per massimizzare la traduzione dei risultati scientifici in risposte concrete per le persone con malattie croniche degenerative – sottolinea dal canto suo Paola Zaratin, direttore della Ricerca nella Fondazione Italiana Sclerosi Multipla – è necessario comprendere i bisogni di tutti gli attori coinvolti e utilizzare modelli di finanziamento e promozione della ricerca diversificati. Il momento è giusto perché le Istituzioni supportino questa strategia e utilizzino i risultati della ricerca per la salute di questi pazienti».
«Questa è una vera sfida – conclude Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM – ma ho imparato negli anni che bisogna crederci e puntare in alto, per tenere veramente al centro la persona con sclerosi multipla». (B.E.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.