Il TAR Sicilia contro le “classi pollaio”

È stata definita una «Sentenza dagli effetti dirompenti, che rimette in discussione il modo con cui vengono formate le classi e la logica del risparmio che attraversa la politica scolastica degli ultimi venti anni», quella prodotta dal TAR della Sicilia, che ha sdoppiato una classe quarta superiore di 24 alunni, risultante dalla fusione di due piccole classi frequentate da più alunni con disabilità, poiché eccedente il tetto massimo previsto dalla legge. Vediamo perché

Classe di scuola affollataCon il titolo di Il TAR Sicilia vieta la formazione di “classi-pollaio”, la rivista «Handicap & Scuola» (n. 177, settembre-ottobre 2014, p. 24) ha pubblicato un commento di Marisa Faloppa alla recente Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Sicilia n. 2250/14, che ha sdoppiato in corso d’anno una classe quarta superiore di 24 alunni, risultante dalla fusione di due piccole classi frequentate da più alunni con disabilità, poiché eccedente il tetto massimo di 22 alunni di cui agli articoli 4 e 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09.

Così scrive Faloppa: «II TAR Sicilia, con la sentenza n. 2250/2014, ha imposto a un dirigente scolastico di un Liceo palermitano che, unificando due classi quarte, aveva formato un’unica classe composta da 24 alunni, di cui 4 con disabilità, di modificare tale decisione.
Il pronunciamento del Tribunale Amministrativo, che ha risposto al ricorso di genitori e studenti, supportati dai COBAS Scuola di Palermo, riconosce che l’eccessivo numero di alunni per classe, oltre ad aggravare i rischi relativi alla sicurezza, incide negativamente sulla qualità della didattica, pregiudicando la formazione degli alunni e, in particolar modo, non consentendo la piena integrazione dei disabili.
La scelta del dirigente scolastico era stata motivata facendo riferimento all’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 81/2009, secondo il quale, “le classi intermedie sono costituite in numero pari a quello delle classi di provenienza degli alunni, purché siano formate con un numero medio di alunni non inferiore a 22; diversamente si procede alla ricomposizione delle classi secondo i criteri indicati all’articolo 16”. Motivazione non condivisa dai giudici.
Secondo questi ultimi, infatti, “una lettura improntata a parametri di logicità impone di ritenere che il limite dei venti alunni previsto per le “classi iniziali” debba considerarsi valido per tutte le classi”.
Significativo il passaggio in cui il TAR sottolinea la circostanza che il D.P.R. n. 81/2009, contempli l’ipotesi della presenza di disabili unicamente per le prime classi e non anche per quelle intermedie e ciò “impone un’interpretazione dello stesso dato normativo in linea con le esigenze di inclusione dell’alunno disabile, così come tracciate dalla legislazione interna di riferimento e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità”.
Siamo di fronte a una sentenza dagli effetti dirompenti, che rimette in discussione il modo con cui vengono formate le classi e la logica del risparmio che attraversa la politica scolastica degli ultimi venti anni [grassetti nostri, N.d.R.]».

Ebbene, la decisione del TAR Siciliano si segnala per chiarezza di motivazioni e sembra essere la prima ad affrontare in modo diretto l’obbligo per l’Amministrazione Scolastica di rispettare il tetto massimo di 20 alunni anche nelle classi successive alla prima, di cui all’articolo 5, comma 2 del citato DPR 81/09.
Si leggano infatti le seguenti motivazioni della decisione: «[…] la circostanza che il regolamento di che trattasi [DPR 81/09, N.d.R.] contempli l’ipotesi della presenza di disabili unicamente per le prime classi e non anche per quelle intermedie impone un’interpretazione dello stesso dato normativo in linea con le esigenze di inclusione dell’alunno disabile così come tracciate dalla legislazione interna di riferimento e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Orbene, una lettura improntata a parametri di logicità impone di ritenere che il limite dei venti alunni previsto per le “classi iniziali” debba considerarsi valido per tutte le classi. […] È indubbio che l’esito complessivo dell’attività di didattica non può costituire parametro idoneo per verificare se lo svolgimento della stessa sia stata in linea con le norme che tutelano anche i diritti dei disabili non foss’altro perché al di là dell’esito dello scrutinio del corpo docente è indubbio che l’allocazione in una classe con un numero di alunni di gran lunga inferiore avrebbe certamente garantito per tutti un servizio quantomeno migliore oltre che in linea con le previsioni normative».

Appare poi importante anche il fatto che – pur essendo state accorpate le classi il 15 ottobre 2013 ed essendo intervenuta la decisione nel luglio del 2014 – il TAR abbia precisato che l’interesse alla decisione dei ricorrenti permaneva, pur essendosi concluso l’anno scolastico, in vista della frequenza della successiva classe quinta.
È da chiedersi a questo punto se il Dirigente Scolastico coinvolto, pur accorpando le due classi quarte, avrebbe potuto non sforare il tetto di 20 alunni, ad esempio distribuendo 3 alunni con disabilità in 3 diverse altre classi quarte, sempre che non superassero anch’esse il tetto di 20, massimo 22 alunni (articolo 4 del DPR 81/09). E comunque, anche così sarebbe rimasto il problema della perdita del gruppo classe di riferimento da parte di quegli alunni.
Da segnalare ancora che il TAR siciliano ha deciso per la compensazione delle spese a causa della novità della questione. C’è pertanto da augurarsi che l’Amministrazione Scolastica non persista nella creazione di “classi pollaio”, poiché, stante il precedente di questa Sentenza, che viene a consolidare un analogo orientamento di altri Tribunali Amministrativi Regionali (Molise, Lazio, Calabria), i ricorrenti vincitori avranno d’ora in poi il diritto alla rifusione delle spese.

Un’annotazione conclusiva: sembra che finalmente le famiglie comincino ad agire contro violazioni del diritto allo studio degli alunni con disabilità diverse da quelle del taglio allo ore di sostegno e ci si augura che presto possano iniziare anche ad agire contro la mancata formazione dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, in violazione dell’articolo 16, comma 1, lettera b della Legge 128/13.

Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale; responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo è l’ampio riadattamento di una scheda apparsa anche nel sito dell’AIPD.

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