Per alcuni votare è ancora più difficile!

D’accordo la lettera delle norme, che nessuno vuole contestare, ma anche l’intelligenza, il buon senso e un po’ di buona educazione dovrebbero sempre fare la loro parte. E invece, a giudicare dalla testimonianza di due nostri Lettori e di quanto da loro vissuto in occasioni delle recenti elezioni amministrative, sembra proprio che non sia sempre così. E per le altre persone con disabilità, tutto è filato liscio, al momento di votare?

Realizzazione grafica con tnti omini colorati che vanno a votareQuando le norme riportano solo fredde parole sulla carta, dovrebbero essere il buon senso, l’intelligenza e anche un po’ di buona educazione a fare la loro parte. E invece non è proprio accaduto questo a due nostri Lettori, in occasione delle recenti elezioni amministrative, a giudicare dagli ostacoli in cui si sono imbattuti.

«Essendo persona disabile con difficoltà di deambulazione – ci scrive il primo – che si aiuta faticosamente con un bastone, il 5 giugno scorso, essendovi barriere architettoniche nel mio seggio di appartenenza, mi sono recato a votare in uno di quelli della mia Circoscrizione indicati dal Comune come dotati di una “Sezione H” e dunque accessibile. Giunto al seggio, effettivamente privo di barriere, ho dovuto però constatare difficoltà e complicazioni burocratiche (compilazione di moduli e registri) evidenziate dagli scrutatori, in evidente imbarazzo per il timore di compiere errori, non essendo stati mai preparati a queste situazioni. Trovo poi strano, e non certo conforme al tanto sbandierato diritto alla privacy, aver dovuto lasciare copia del mio certificato di invalidità contenente tutti i particolari della mia diagnosi e i nomi dei medici. Mi è stato anche detto che avrei dovuto lasciare una copia del verbale di invalidità ogni volta che mi fossi recato alle urne in un seggio con “Sezione H”».
Arriva quindi il voto di ballottaggio, due settimane dopo, e per evitare le complicazioni del primo turno, il nostro Lettore decide di provare a recarsi al suo seggio di appartenenza, quello cioè non accessibile. «Dopo aver salito con fatica la scala esterna – racconta – visto che il montascale fisso non funzionava, ho chiesto di poter votare in una Sezione al pianterreno, per evitare di percorrere quattro volte un lungo corridoio per prendere l’ascensore e raggiungere la mia Sezione al primo piano. Ebbene, dopo discussioni e consultazioni con il Presidente di Seggio, un’impiegata dell’Ufficio Elettorale, per altro gentile, ha effettuato una lunga telefonata a chi di dovere, spiegando la situazione e rimarcando il fatto che diverse persone avevano manifestato le medesime problematiche. Risposta: «Non si può fare nulla»!
«Una burocrazia un po’ più lungimirante e aperta – è la conclusione – non potrebbe prevedere un sistema per assegnare una volta per tutte un seggio privo di barriere architettoniche alle persone con disabilità, per risparmiare loro perdite di tempo e inutili peregrinazioni, nonché l’umiliazione di chiedere come un favore ciò che spetterebbe loro di diritto?».

Più articolato il racconto di un’altra nostra Lettrice, segnalataci da Pierpaolo Capozzi, promotore del blog ItaliAccessibile.
«Sono amica – scrive -, nonché accompagnatrice da diversi anni, di due persone cieche e con questa mia lettera non vorrei polemizzare sull’operato di chi è tenuto a fare rispettare una legge – seppur per certi versi insensata – quanto sensibilizzare più persone possibili. Il 5 giugno, dunque, ci rechiamo al seggio, munita di carta d’identità io, di carta d’identità e tessera elettorale i miei due amici, con il timbro che attesta la necessità di essere accompagnati fino in cabina. Una volta esibiti tutti i documenti, mi accomodo in cabina insieme a uno dei due, ma a quel punto una signora votante come noi, in fila dopo di noi e incurante del valore che a volte possono avere la discrezione e la sensibilità, dice a gran voce: “Perché vanno in due in cabina?”. “Abbiamo un timbro che ci permette di farlo”, rispondo, mentre il Presidente di Seggio, in modo discreto, cerca di far capire alla signora che il mio amico è cieco. Ma lei incalza: “Ma per essere accompagnati, non è necessario essere ciechi assoluti?”. “Beh, signora – le dico – mi dispiace aver dimenticato a casa il cartello che solitamente appendiamo al collo e  che attesta la malattia diagnosticata ai miei amici, ma mi dica, lei come fa a capire il grado di cecità delle persone che ha qui davanti?». A quel punto smette di ribattere e posso finalmente accompagnare i miei due amici, prima l’uno e poi l’altra, ad esercitare il loro sacrosanto diritto di voto».
Anche qui, però, arriva il 19 giugno una “seconda puntata” tutt’altro che piacevole. «Entro con la mia amica come sempre – racconta la Lettrice – con gli stessi documenti esibiti ogni volta e anche il 5 giugno precedente, ma vengo questa volta bloccata dalla richiesta della mia tessera elettorale. “Sono anni che esibisco solo la carta di identità – ribatto – perché oggi vuole anche la tessera elettorale?”. “Perché la volta precedente lei ha alzato un polverone…”. Amareggiata decido quindi di tornare a casa a prendere la mia tessera elettorale, ma mi viene anche precisato che se avessi accompagnato una persona, non avrei potuto accompagnare l’altra. E così torniamo a casa, senza che i miei amici possano votare, perché l’accompagnatore era uno e le persone da accompagnare erano due. E allora, chi si arrogava il diritto di decidere chi dei due dovesse esercitare il proprio diritto di voto (la ripetizione della parola “diritto” è volontaria)?».

A questo punto appare doveroso fare riferimento alla normativa che regolamenta la materia, ovvero all’articolo 55 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 361/57 (modificato in seguito dalla Legge 17/03), ove si legge che «i ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi o da altro impedimento di analoga gravità esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore della propria famiglia o, in mancanza, di un altro elettore, che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore, purché l’uno o l’altro sia iscritto in un qualsiasi Comune della Repubblica. Nessun elettore può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un invalido. Sul suo certificato elettorale è fatta apposita annotazione dal presidente del seggio, nel quale ha assolto tale compito».
La Legge, quindi, parla chiaro e non è dalla parte della nostra Lettrice. Ma quest’ultima, come lei stessa ribadisce, «non ha l’intenzione né di sindacare sul testo di una Legge Nazionale, né sull’operato di chi, a vario titolo, ha solo il dovere di farla rispettare. Vorrei soltanto precisare che la Legge in questione è un bel po’ datata e che quindi anche il 5 giugno avrebbero dovuto farci le stesse obiezioni, perché se è giusto che una Legge venga rispettata, dev’esserlo sempre e non solo dopo che una signora inizia a polemizzare e a “diagnosticare” arbitrariamente gradi di cecità a destra e a manca».
«Infine – conclude – vorrei soltanto ricordare a tutti che un bel bagno di umiltà e di sensibilità, prima di uscire di casa, non ha mai fatto male a nessuno e ricordare anche una frase, di paternità incerta, che forse può indurre a riflettere: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre!”». Come darle torto?

In questi due casi, dunque, è andata così. Ma per le altre persone con disabilità, chiediamo ai Lettori, è filato tutto liscio?
In ogni caso cogliamo l’occasione anche per segnalare la sezione del Servizio HandyLex.org interamente dedicata al diritto di voto delle persone con disabilità (Stefano Borgato)

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