Perché la Vita Indipendente è tutt’altro

«La Regione Toscana stanzia pochissimi soldi per l’assistenza personale per la vita indipendente. Il risultato è che oltre 200 persone sono in lista di attesa di ricevere il contributo vita indipendente, mentre molti di coloro che lo percepiscono prendono il minimo previsto di 800 euro mensili (due ore al giorno di assistenza personale) e solo pochi disabili gravi percepiscono la cifra massima di 1.800 euro mensili (sei ore al giorno di assistenza personale)»: l’AVI Toscana (Associazione Vita Indipendente) individua varie criticità in una recente Delibera della propria Giunta Regionale

Manifestazione della Rete Liberi di Fare in Piazza della Repubblica a Firenze nel novembre 2017

Manifestazione della Rete Liberi di Fare in Piazza della Repubblica a Firenze nel novembre 2017

Vorremmo esprimere alcune considerazioni in merito alla notizia apparsa – fra l’altro – sull’edizione online de «la Repubblica» in cronaca di Firenze il 24 agosto scorso (Disabilità gravissime, dalla Regione in arrivo altri 12,5 milioni di euro).
Come premessa iniziale, va detto in primo luogo che la Regione Toscana stanzia pochissimi soldi per l’assistenza personale per la vita indipendente. Il risultato è che oltre duecento persone sono in lista di attesa di ricevere il contributo vita indipendente, mentre molti di coloro che lo percepiscono prendono il minimo previsto di 800 euro mensili, equivalenti a circa due ore al giorno di assistenza personale; pochi disabili gravi, infine, percepiscono la cifra massima di 1.800 euro mensili, equivalenti a circa sei ore al giorno di assistenza personale.
È da notare che un disabile grave necessita di almeno 12 ore al giorno di assistenza personale, se non 16, 18 o 24 ore. Quindi, è evidente che anche con tale cifra massima di 1.800 euro al mese non si vive. Infatti, si è costretti a concentrare tutte le attività nelle poche ore in cui si ha l’assistente personale e ciò significa che – senza adeguata assistenza personale – un disabile grave non può vivere con un grado di libertà comparabile con quello delle altre persone.
Anche quando la persona con disabilità vive in famiglia, è assolutamente inaccettabile che le Istituzioni cerchino in ogni modo di scaricare sui familiari il peso dell’assistenza al disabile stesso.
E ancora, la mancanza o la scarsità di assistenza personale impedisce ai disabili di prendersi cura dei genitori quando diventano vecchi e non ce la fanno più. Infatti, come tutte le persone che vanno in là con gli anni, anche i genitori dei disabili hanno necessità di aiuto da parte dei figli nella vecchiaia. Con un’adeguata assistenza personale, i figli disabili potrebbero aiutarli e contribuire in maniera decisiva ad evitarne una morte precoce.
Nonostante quanto sopra detto, la Regione dirotta risorse su aiuti diversi dal contributo vita indipendente e secondo quanto riportato nell’articolo citato inizialmente, la Delibera di Giunta sui «disabili gravissimi» prevede erogazioni tra un minimo di 700 euro e un massimo di 1.000 euro. Se si tiene conto di quanto scritto sopra sull’insufficienza di 1.800 euro mensili, la tragica inadeguatezza del massimale mensile di 1.000 euro risulta ancor più chiara.

Un altro aspetto da sottolineare consiste nel fatto che – citando testualmente dal suddetto articolo di giornale, basato a sua volta su una comunicazione della Regione – «alle Asl e alle Sds [Società della Salute, N.d.R.] […] il compito di […] predisporre il progetto di vita».
Cioè la Regione stabilisce che siano le ASL e le Società della Salute a decidere di quanta e quale assistenza personale un disabile grave ha necessità. E quindi, di fatto e al di là delle apparenze (utilizzate per ingannare chi, nella massima buona fede, non conosce la realtà della disabilità), la Regione vuole che siano le ASL e le SDS, e non il diretto interessato (come avviene per tutte le persone), a decidere come vivere, ad esempio su quando fare la pipì, quando bere un bicchiere d’acqua, se e quando fare la spesa, se e quando leggere un giornale, se e quando rivolgersi al Difensore Civico o incontrare un Consigliere regionale, se e quando partecipare alle riunioni della propria Associazione, se e quando incontrare amici, se e quando uscire di casa, se e quando andare in piscina, se e quando andare al cinema, se e quando mangiarsi un gelato ecc. ecc.
Tutto ciò è palesemente contro la Costituzione e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, nonché contro lo stesso Statuto della Regione Toscana.
In particolare, l’articolo 2 della Costituzione sancisce l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e chiama tutte le Istituzioni della Repubblica non solo a riconoscerli, ma a garantirli: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
L’articolo 3 sancisce poi che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di […] condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Quindi, non solo la Costituzione riconosce e garantisce anche ai disabili le libertà inviolabili, ma la stessa Costituzione impone a tutte le istituzioni della Repubblica di rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione di ciò.
Per quanto poi riguarda la «vita indipendente» sancita all’articolo 19 dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, essa altro non è che la concreta attuazione per i disabili dei due articoli della Costituzione sopra richiamati.
E infine, l’articolo 4 dello Statuto della Regione Toscana sancisce: «La Regione persegue, tra le finalità prioritarie: [] e) il diritto delle persone con disabilità e delle persone anziane ad interventi intesi a garantirne la vita indipendente e la cittadinanza attiva».
La Giunta Regionale, dunque, calpesta lo Statuto che dovrebbe ispirarne e regolarne le attività: davvero un bell’esempio di rispetto della legalità!

E da ultimo, sempre in riferimento all’articolo citato all’inizio, esso riporta che «Alle Asl e alle Sds il compito di valutare, attraverso le proprie unità di valutazione multidisciplinari per la disabilità (Uvmd), le condizioni di disabilità gravissima, secondo i parametri stabiliti dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali».
Ebbene, non risulta che la definizione di “disabilità gravissima” sia contenuta in una legge. L’articolo 3 comma 3 della Legge 104/92 attribuisce infatti la priorità dell’accesso ai servizi alle persone con disabilità in situazione di gravità. Aggiungere arbitrariamente la categoria dei “gravissimi” è il classico modo di dividere il fronte dei disabili per poterli gestire meglio.

Associazione Vita Indipendente Toscana (avitoscana@avitoscana.org).

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo