Inclusione a scuola: quei dati sul sostegno che lasciano esterrefatti

«4.000 docenti specializzati e titolari su posti di sostegno – si è letto nei giorni scorsi – hanno ottenuto il passaggio su posto comune. Le difficoltà di copertura dei posti di sostegno continueranno dunque ad aumentare e gli alunni con disabilità sempre più spesso dovranno “accontentarsi” di docenti privi di specializzazione». «Se il Ministero non riprenderà seriamente in mano un piano pluriennale di specializzazione per i docenti di sostegno – commenta Salvatore Nocera – essi continueranno ad essere dei semplici “badanti”, per oltre un terzo dei quasi 300.000 studenti con disabilità»

Viso di uomo con mano sul volto ed espressione di sconforto«4.000 docenti specializzati e titolari su posti di sostegno hanno ottenuto il passaggio su posto comune. Questo significa che, in prospettiva, le difficoltà di copertura dei posti di sostegno continueranno ad aumentare, a tutto discapito degli alunni con disabilità che, sempre più frequentemente, dovranno “accontentarsi” di avere docenti privi di specializzazione. A questo punto, a settembre decine di migliaia di cattedre di sostegno rimarranno vacanti; la maggior parte saranno coperte da docenti non specializzati e ci saranno persino classi con alunni con disabilità in cui tutti i docenti del team saranno privi di adeguata formazione»: è quanto si legge in un articolo di Reginaldo Palermo, pubblicato da «La Tecnica della Scuola». A commentare qui di seguito tale situazione è Salvatore Nocera.

Sono rimasto letteralmente esterrefatto nel leggere i dati pubblicati da «La Tecnica della Scuola»: circa un terzo degli oltre 150.000 docenti per il sostegno è privo di specializzazione e 4.000 docenti specializzati vanno su posti comuni! Questa è la conseguenza di non aver mai voluto accogliere la domanda che molte Associazioni di famiglie e persone con disabilità, specie quelle aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), sollevano da anni, della creazione di apposite classi di concorso per il sostegno, una per ordine e grado di istruzione.
La classe di concorso, infatti, favorisce una chiara scelta professionale fin dagli studi universitari e non una scelta apparentemente professionale, ma in realtà di opportunismo, perché mentre le altre cattedre sono in calo a causa della riduzione delle nascite, quelle di sostegno sono in aumento come stanno dimostrando i dati statistici delle ultime decine di anni.
Così è molto più facile entrare in ruolo su un posto di sostegno e dopo i cinque anni di obbligo di permanenza (adesso ridotti a tre), una volta acquisiti i punteggi di continuità, è molto più semplice passare su cattedra comune, magari vicini a casa.
Questo – ovviamente e fortunatamente – non è l’“andazzo” della maggioranza dei docenti per il sostegno, molti dei quali permangono anche ben oltre i cinque anni. Che tuttavia sia l’orientamento di molti, come dimostrato dalla perenne carenza di docenti specializzati di ruolo, è purtroppo denunciato dai dati impietosi.

L’istituzione di apposite classi di concorso per il sostegno garantirebbe pure la continuità didattica, poiché per passare dal posto di sostegno a quello curricolare occorre partecipare a un concorso di mobilità “professionale”, che è a numero chiuso e necessita del possesso dei requisiti per poter ricoprire il posto curricolare su cui si chiede il trasferimento.
E ritengo ugualmente incredibile, per alcuni aspetti, il rifiuto delle organizzazioni sindacali all’effettuazione dei corsi di aggiornamento obbligatorio in servizio per i docenti supplenti nominati su posto di sostegno senza specializzazione, data, come detto, l’endemica carenza di docenti specializzati.
Se infatti le organizzazioni sindacali chiedono che le modalità di svolgimento dei corsi, già finanziati dall’ultima Legge di Bilancio, debbano essere oggetto di negoziazione sindacale, come per legge, concordo pienamente, se però ciò è motivato dal rifiuto di svolgere le 25 ore di formazione al di fuori dell’orario del servizio e per giunta con l’esonero dalle lezioni, allora, mi spiace dover essere in disaccordo.
Questi supplenti, infatti, devono essere “di sostegno” all’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità, ma come fanno se sono essi stessi ad avere bisogno di “sostegno”, data la loro totale impreparazione in proposito?
Si pensi che quanti frequentano i corsi di specializzazione vengono sottoposti a prove selettive rigorose prima di essere ammessi e poi devono sostenere esami pure selettivi prima di prendere la specializzazione; come si può pensare che questi frequentino per 25 ore (una miseria, rispetto alle circa 500 ore di specializzazione), lasciando le classi appena prese all’inizio dell’anno a loro supplenti e frequentando quelle ore “fuori dell’orario di servizio”, ciò che, in parole povere, significa che devono essere pagati come lavoro straordinario?
Tutti i docenti hanno, come orario di servizio, 80 ore annue che non sono di lezione, proprio per lo svolgimento di attività “funzionali all’insegnamento”; e cosa ci può essere di più funzionale che un minimo di formazione sul lavoro delicatissimo che devono svolgere?

Il Ministero deve seriamente riprendere in mano il fondamentale problema di un piano pluriennale di specializzazione dei docenti per il sostegno, con un aumento delle ore, oggi ridotto ad un solo anno, con una specializzazione che riguarda tutte le diverse tipologie di disabilità, quando fino al 1986 essi erano invece biennali e riguardavano ciascuno una sola tipologia di disabilità.
Che senso ha sbandierare a tutto il mondo che l’Italia è l’unica Nazione al mondo che ha attuato l’inclusione scolastica generalizzata di tutti gli alunni e le alunne con disabilità, se poi la prassi è quella che ci dimostrano i dati statistici vergognosi?

Credo sia indifferibile un’immediata riunione dell’Osservatorio Permanente del Ministero dell’Istruzione sull’Inclusione, scaduto da mesi e riconvocato in prorogatio, data l’urgenza del caso, per affrontare un problema che si trascina da anni e che deve assolutamente trovare un avvio di soluzione.
Mi rendo conto che il Ministero ha il gravissimo problema dell’avvio del programma rientrante nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilineza, ma questo aspetto dev’essere un passaggio qualificante di tale Piano. Altrimenti, così continuando, per oltre un terzo dei quasi 300.000 studenti con disabilità i docenti per il sostegno continueranno ad essere dei semplici “badanti” e per i circa 100.000 di ruolo il posto di sostegno continuerà ad essere uno splendido “trampolino di lancio” per il posto comune.

Presidente del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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