I tweet contro le persone con disabilità e i diritti vissuti come “privilegi”

Come interpretare il fatto che la denuncia della discriminazione subìta da una persona con disabilità da parte di un tassista coincida con il principale picco di affollamento dei tweet contro le persone con disabilità in tutto il 2022? Forse il diritto di usufruire di un taxi come tutti gli altri cittadini viene ritenuto un “privilegio”, degno come tale da essere preso di mira anche con toni di particolare violenza? Oppure è il voler “mettere in riga” la persona con disabilità che “osa alzare la testa” per far valere i propri diritti? Quel che resta è certamente un grande senso di sconcerto

Viso di uomo con mano sul volto ed espressione di sconforto«Tra le categorie più colpite dall’odio online, le donne sono ancora al primo posto, seguite dalle persone con disabilità»: lo avevamo riferito nel gennaio scorso, commentando le risultanze della nuova Mappa dell’intolleranza prodotta da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con le Università di Milano e Bari e con GiULia Giornaliste. Un dato sconfortante e al tempo stesso inquietante, che ha fatto quanto meno riflettere, oltre a far pensare che se quelle sono risultate le due categorie colpite dall’odio online, non proveremo neanche a immaginare come si classificherebbero, nella medesima triste graduatoria, le donne con disabilità
Degli esiti della Mappa dell’intolleranza nei confronti della disabilità, tra l’altro, si è parlato anche in questi giorni a Terni, durante la tavola rotonda intitolata La disabilità è una questione di diritti umani; dobbiamo comunicarlo, inserita nell’àmbito delle iniziative legate al progetto Welfare 4.0 Per una definizione di un welfare comunitario di inclusione.

Cambiamo per un istante completamente scenario. È il 3 ottobre dello scorso anno e Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e della FAIP (Federazione delle Associazioni di Persone con Lesione al Midollo Spinale), racconta: «Ero arrivato in treno a Verona da Roma, per partecipare a un evento e una volta sceso dal treno, l’assistenza della Sala Blu mi ha condotto alla pensilina dei taxi, dove avrei preso un mezzo per raggiungere il mio albergo. Pioveva. Sono salito su una vettura. Nel frattempo il tassista è sceso per vedere se avessi necessità con il bagaglio e si è accorto che ero in sedia a rotelle. Mi ha detto che sarei dovuto scendere dalla sua auto, perché “non prende a bordo persone nelle mie condizioni”. Manco avessimo la peste! Il tassista ha aggiunto che per il trasporto di disabili ci sono delle auto apposite. Nel mio caso, però, questo non è necessario, posso tranquillamente salire su vetture normali. La mia carrozzina si piega ed entra in auto. Inoltre il suo mezzo era molto spazioso. Ho provato a spiegargli tutto questo, ma ha ribadito il concetto che sarei dovuto scendere, sottolineando a più riprese che l’auto fosse sua e decideva lui chi poter trasportare. Inamovibile a ogni mia richiesta, alla fine l’ha spuntata e così sono stato costretto a scendere dalla sua vettura; siccome pioveva, mi sono anche inzuppato d’acqua. Gli ho chiesto il numero di licenza e lui me ne dato uno diverso, che corrispondeva a quello di un suo collega. Sono comunque riuscito a fotografare la fiancata del suo taxi con il suo vero numero di licenza che, per legge, è apposto sulle fiancate delle vetture».
Un chiaro caso di pura discriminazione, quindi, nemmeno degno di troppi commenti, se non di eventuali azioni legali.

Torniamo ora alla Mappa dell’intolleranza: ebbene, secondo i ricercatori che l’hanno elaborata, nello scorso anno uno dei principali picchi di affollamento dei tweet contro le persone con disabilità si è avuto proprio il 3 ottobre, in corrispondenza appunto della denuncia di quell’episodio che ha visto suo malgrado protagonista Falabella. Anzi, a quanto sembra, si è trattato effettivamente del picco principale registrato nel 2022, superiore persino a quello verificatosi in aprile, dopo le parole pronunciate da Papa Francesco sulla necessità di costruire insieme una società più inclusiva delle persone con disabilità. Come interpretare, dunque, questo dato a dir poco sconcertante?
Potrebbe essere una conferma eclatante di quanto scriveva su queste pagine il giurista Giuseppe Arconzo, dopo la presentazione della Mappa dell’Intolleranza: «I diritti delle persone con disabilità – sottolineava infatti – richiedono in modo molto più marcato l’adempimento di un dovere da parte della collettività. E, si sa, che nonostante quanto affermato dall’articolo 2 della Costituzione (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”), l’adempimento di “inderogabili doveri di solidarietà” non è una cosa che piaccia molto. Questa parte dell’articolo 2 è spesso considerata quasi un’inutile appendice dell’affermazione relativa ai diritti. Esempio banale, il parcheggio destinato alle persone con disabilità, o ancora – forse un po’ meno banale – le quote di riserva per l’ingresso nel mondo del lavoro. Quante volte si sente dire (quando va bene) che la disabilità, tutto sommato, comporta anche dei benefìci? Ecco, l’impressione è che questo meccanismo provochi forme di risentimento nei confronti delle persone con disabilità, ritenute in qualche modo beneficiarie di diritti che altri non hanno».
Il diritto ad usufruire del taxi come ogni altro cittadino e cittadina, quindi, interpretato come una sorta di “privilegio” e come tale degno di essere preso di mira anche con toni di particolare violenza? O anche il voler “mettere in riga” la persona con disabilità che “osa alzare la testa” per far valere i propri diritti, anziché stare “zitto e buono”, come in troppi vorrebbero?
Forse tutte e due le cose, forse altre ancora. Quel che certamente resta è un profondo senso di sconcerto. (Stefano Borgato)

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