Una buona pista per una diagnosi meno invasiva di epilessia

Una diagnosi di epilessia può essere problematica per chi a volte deve indossare caschi ed elettrodi per periodi di tempo prolungati in attesa che si verifichi un episodio critico. In alternativa, la crisi può essere indotta artificialmente, causando ovviamente disagio. Una nuova ricerca svolta nel quadro del progetto europeo “Human Brain Project” ha portato a scoprire che nel cervello delle persone con epilessia è possibile rilevare cambiamenti nelle attivazioni neuronali anche quando non sono in corso delle crisi, aprendo quindi la strada a una diagnosi meno invasiva

Funzionamento elettrico del cervelloUna diagnosi di epilessia può essere problematica per i pazienti, che a volte devono indossare caschi ed elettrodi per periodi di tempo prolungati in attesa che si verifichi un episodio critico, in modo che i medici possano documentarlo con l’elettroencefalogramma. In alternativa, la crisi può essere indotta artificialmente, causando ovviamente disagio. Una nuova ricerca dello Human Brain Project, progetto europeo che sta per terminare dopo dieci anni di lavori, ha scoperto che nel cervello delle persone con epilessia è possibile rilevare cambiamenti nelle attivazioni neuronali su larga scala in stato di riposo, anche quando non sono in corso crisi epilettiche, aprendo quindi la strada a una diagnosi meno invasiva.

Lo studio – pubblicato dalla rivista «Epilepsia» -è nato da una collaborazione tra l’IRCCS Medea – La Nostra Famiglia (sede di Conegliano, in provincia di Treviso), l’INS di Marsiglia (Institut de Neurosciences des Systèmes) e il Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova ed è consistito nel confrontare l’elettroencefalogramma ad alta densità di 37 persone con epilessia del lobo temporale con controlli sani.
Mentre il cervello è a riposo, infatti, si generano costantemente onde spontanee di attivazione neuronale la cui funzione non è ancora del tutto chiara, anche se sembra che svolgano un ruolo importante nella funzionalità del cervello.
I ricercatori hanno dimostrato dunque che anche durante lo stato di riposo è possibile rilevare un’alterazione dei modelli di propagazione delle cosiddette “valanghe neuronali” su larga scala, suggerendo una potenziale applicazione diagnostica nell’epilessia. Tali valanghe neuronali sono innescate dall’attivazione spontanea di un gruppo di neuroni che poi si diffonde in vaste aree del cervello, con un effetto a cascata.

«Questo nuovo metodo – spiegano Gian Marco Duma e Pierpaolo Sorrentino, ricercatori rispettivamente presso IRCCS Medea e l’Institut de Neurosciences des Systèmes di Marsiglia, che hanno collaborato allo studio – è in grado di rilevare le caratteristiche rilevanti dell’epilessia semplicemente tenendo conto dell’organizzazione funzionale basale del cervello. Infatti, anche quando non si verificano crisi epilettiche, il cervello di un paziente con epilessia presenta alcune alterazioni nelle dinamiche di rete su scala cerebrale. Abbiamo quindi pensato che sarebbe stato possibile esaminare le dinamiche cerebrali aperiodiche osservando la diffusione delle valanghe neuronali spontanee».
«Ebbene – proseguono -, abbiamo scoperto che l’alterazione della diffusione delle valanghe neuronali nell’epilessia del lobo temporale si raggruppa intorno a quelle aree cerebrali che sono fondamentali per l’innesco e la diffusione delle crisi, il che apre la possibilità di un nuovo metodo diagnostico preliminare, particolarmente importante per i casi difficili in cui l’elettroencefalogramma del cuoio capelluto non riesce a rilevare le crisi e sono necessarie ulteriori indagini».

I risultati della ricerca hanno anche portato a rilevare un legame tra l’alterazione della diffusione della valanga neuronale e la memoria, spesso compromessa nei pazienti con epilessia. Il lobo temporale, infatti, è specificamente associato alla memorizzazione e modelli specifici di propagazione dell’attività neuronale allo stato di riposo potrebbero essere alterati dall’epilessia, intaccandone il funzionamento.
«Questa scoperta – suggeriscono in conclusione Duma e Sorrentino – ci offre ulteriori prove della rilevanza neurofisiologica e neuropsicologica delle valanghe neuronali, mettendo in relazione le dinamiche neurali con il funzionamento cognitivo». (C.T. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@lanostrafamiglia.it (Cristina Trombetti).

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