ALIBES, un’alleanza per la libertà di scelta e il bene-essere psicosociale

Si chiama ALIBES (Alleanza per la LIbertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale) l’organismo cui finora aderiscono numerose realtà, operanti in àmbito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune volta a un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone con un disagio psicosociale, comunemente definiti i “matti”, e coloro che agli stessi sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto, assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per se stessi

Alleanza ALIBESSi chiama ALIBES la neocostituita Alleanza per la LIbertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale, che si compone per ora di ventitré entità (se ne legga l’elenco nel box in calce), ma che si propone come una realtà aperta a nuove adesioni.
Si tratta appunto di un’alleanza tra numerose realtà organizzate, operanti in àmbito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune tra quanti intendono proporre un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone che vivono un disagio psicosociale, comunemente definiti i “matti”, e coloro che agli stessi sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto, assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per se stessi.

«Nell’àmbito delle attività pubbliche rivolte alle persone con disabilità psicosociale o a rischio di discriminazione in ragione della propria vulnerabilità – dichiarano i promotori e le promotrici dell’iniziativa – ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona e al persistere del modello organicista o bio-medico, che trascura gli aspetti psicosociali messi in rilievo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e, in campo giuridico, dalle Nazioni Unite, con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. La Legge 18/09, con cui il Parlamento Italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione, sottoscritta dal nostro Paese il 30 marzo 2007, è tuttora inattuata. La possibilità che la rivoluzione copernicana dettata dalla Convenzione possa compiersi, come da ultimo ha ricordato il Comitato preposto al monitoraggio dell’attuazione della stessa rivolgendosi all’Italia, è legata ad una vera e propria necessaria alfabetizzazione degli operatori e delle operatrici della cosiddetta “salute mentale” operanti negli àmbiti sociale, sanitario, giudiziario, amministrativo e in collaborazione con le famiglie su questi temi, ciò affinché la loro stessa attività sia improntata al riconoscimento e al rispetto dei diritti umani di ciascun individuo. Richiamando dunque le Istituzioni e i servizi operanti in questo campo alla conoscenza e al rispetto dei principi della Convenzione, ALIBES ritiene fondamentale che vengano introdotti specifici vincoli che pongano fine all’arbitrio sperimentato dalle persone e dalle famiglie nell’incontro coi servizi, e che si creino le condizioni utili e necessarie per garantire a tutti i cittadini e a tutte le cittadine il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di interventi sanitari coercitivi, perché nessuno e nessuna possa esservi sottoposto. Occorre, in estrema sintesi, che la condizione di “disagio” non possa più essere utilizzata come il “biglietto d’ingresso per una terra di nessuno” ove le più sacre prerogative dell’individuo, all’interno di uno Stato di diritto, sono cancellate».

«Per un verso – aggiungono i promotori e le promotrici di ALIBES – rileviamo con preoccupazione come siano state letteralmente ignorate dall’Italia le Raccomandazioni del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che nell’agosto 2016 segnalava al nostro Paese le urgenti riforme funzionali ad allineare la normativa e le prassi italiane ai diritti riconosciuti alle persone con disabilità psicosociale dalla Convenzione stessa. In particolare, il Comitato ha chiesto all’Italia di abolire l’interdizione e l’inabilitazione, e di riformare l’amministrazione di sostegno, affinché essa non possa più essere impropriamente intesa come regime decisionale sostitutivo della persona beneficiaria, ma si configuri come un supporto all’espressione delle volontà della persona stessa, e come uno strumento funzionale alla sua autodeterminazione; va inoltre rivista la disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (in accordo anche alle ripetute, da ormai vent’anni, raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura), e quella delle misure di sicurezza per i soggetti non imputabili (le REMS – Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza e l’eterna libertà vigilata)».

«Per altro verso – aggiungo ancora – constatiamo che il dibattito pubblico attorno ai temi della “salute mentale” si muove nella direzione di un ulteriore aggravamento di tale stato di clamorosa illegalità internazionale dello Stato italiano. L’azione pubblica in tema di “salute mentale” e la quotidiana operatività dei Dipartimenti di Salute Mentale sono carenti in quanto: ignorano le recenti Linee Guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; non consentono che alcun ruolo effettivo (culturalmente e pubblicamente riconosciuto) sia svolto da utenti ed ex utenti (del cui apporto ci si avvale in molte esperienze all’estero); non concedono alcuno spazio ad esperienze sociali che in altri Paesi hanno dato ottima prova di efficacia (qui in gran parte del tutto ignorate); “schiacciano” la libertà terapeutica dei medici, costringendoli a “condotte professionali difensive”, minando in radice ogni possibile alleanza con gli utenti; sono costruite senza alcuna consapevolezza della centralità del destinatario e della destinataria del servizio nella gestione delle risorse messe in campo, apparentemente, a suo beneficio».

«Non è rinviabile – è la conclusione – «una serena ed equilibrata, ma decisa, rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefìci e rischi nella somministrazione, soprattutto a lungo termine, delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare)». (Simona Lancioni)

Per informazioni e adesioni: infoalibes@gmail.com.

Aderiscono ad ALIBES:
° Associazione AMA Linea di Sconfine (Auto Mutuo Aiuto)
° Associazione Code per Curiosi
° Associazione Diritti Senza Barriere
° Associazione Istituto Sales
° Associazione Keep On
° Associazione Michele Baù – Angeli con le ali
° Associazione Professione in Famiglia
° Associazione Radicale Diritti alla Follia
° Associazione Spazio Disponibile
° Associazione superstiti e vittime della psichiatria
° Associazione UHRTA (United Human Rights Trieste Association)
° Centro di Relazioni Umane
° Centro Informare un’H
° Centro per l’alternativa alla psichiatria Francesco Lorusso
° Centro Poiesis
° Circolo Chico Mendez
° Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU)
° Cooperativa Incontrocorrente
° ENIL Italia (European Network on Independent Living)
° ENIL Lombardia (European Network on Independent Living)
° Mad in Italy portale di informazione scientifica
° Movimento Psicospirituale
° Poiesisolidale

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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