Assistenti all’autonomia e alla comunicazione: un dibattito da riaprire

«Rispetto al ruolo degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione – scrive Salvatore Nocera – è necessario che il mondo associativo e politico riavviino il dibattito propositivo attualmente languente, approfondendo anche meglio l’idea della “statalizzazione” di questa figura professionale. Urge pertanto la ripresa del dialogo su questa figura professionale, oggi languente, come altri argomenti previsti dal Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, che sembrano dimenticati dal livello politico»

Assistente all'autonomia e alla comunicazione e bimbi

Un’assistente all’autonomia e alla comunicazione insieme ad alcuni bimbi

Ho letto in «Superando.it» l’interessante articolo del preside Gianluca Rapisarda sugli assistenti per l’autonomia e la comunicazione (Ora tocchi agli assistenti all’autonomia e alla comunicazione e ai tiflologi!) e ho notato in esso una grande fiducia nell’approvazione da parte del Senato del Disegno di Legge n. 788 (Disposizioni in materia di professioni pedagogiche ed educative) che, regolamentando quanto già disposto dalla Legge 205/17, istituisce l’Ordine delle Professioni Pedagogiche ed Educative. Anche il professor Carlo Hanau, in un articolo pubblicato a suo tempo sempre in «Superando.it» (Perché la specializzazione nel sostegno non basta più), aveva individuato nella cosiddetta Legge Iori sugli educatori una valida base per la definizione del profilo nazionale degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione agli allievi con disabilità. Al proposito, mi permetto di avanzare qualche perplessità circa l’individuazione di tali norme come primo nucleo normativo per gli assistenti di cui all’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92.

Mi spiego meglio. La figura professionale prevista dal citato articolo 13 della Legge 104/92 riguarda professionisti che debbono avere una base formativa nell’educazione orientata a fare apprendere agli alunni e alunne con disabilità la crescita nelle loro autonomie psicologiche e fisiche, a completamento di quelle ben maggiori acquisite durante lo svolgimento dei progetti riabilitativi. Ma agli assistenti di cui a quell’articolo della Legge 104 si richiede ulteriormente una specifica capacità professionale: essi debbono cioè espletare compiti non solo di assistenza educativa, ma fondamentalmente sapienti attività che aiutino gli allievi con disabilità a comunicare con gli altri e tra loro grazie proprio all’acquisizione di tecniche comunicative che superino i problemi comunicativi conseguenti alle loro specifiche minorazioni. Ebbene, le norme sopra citate non prevedono nulla di ciò.

Bisogna quindi pensare a una Proposta di Legge che risponda pienamente al profilo nazionale professionale di cui all’articolo 3 del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione. A tal fine non mi sembra risponda neppure il Disegno di Legge n. 236 presentato al Senato (Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, concernenti l’introduzione del profilo professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione nei ruoli del personale scolastico). Quest’ultimo, infatti, sembra prevalentemente orientato a riconfermare le caratteristiche professionali degli interpreti gestuali per le persone sorde, mantenendo come marginali gli interventi formativi degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione relativi a persone con altre tipologie di disabilità. Inoltre, quello stesso Disegno di Legge non formula realisticamente la copertura finanziaria, prevedendo la “stabilizzazione” nei ruoli dello Stato di tutti gli attuali assistenti interpreti della LIS (Lingua dei Segni Italiana), ma tramite una somma del tutto inferiore a quella che sarebbe necessaria; tanto è vero che, dopo numerose audizioni, i lavori della Commissione del Senato si sono arenati.

È quindi necessario che il mondo associativo e politico riavviino il dibattito propositivo attualmente languente. E a tal proposito sarà il caso di approfondire meglio l’idea della “statalizzazione” di questa figura professionale. Infatti, almeno per gli assistenti riguardanti le persone con minorazione visiva, ho notato che in buona parte d’Italia queste figure sono state collocate giuridicamente presso le Regioni, tramite la collocazione nell’àmbito degli ex istituti speciali per ciechi o presso enti da essi dipendenti. Ciò ancora non risolve il problema che attualmente riguarda il mondo degli assistenti. Oggi, infatti, gli Enti Locali, che hanno l’obbligo di fornire questo servizio all’inclusione scolastica, lo appaltano a cooperative, che non garantiscono la continuità educativa con la stessa persona ai singoli allievi con disabilità; inoltre, il loro contratto collettivo prevede che essi vengano pagati solo per i giorni in cui prestano effettivamente il loro lavoro, rimanendo escluse le assenze per malattia, motivi di famiglia e per le ferie.
Pertanto, se la statalizzazione risolverebbe questi problemi per gli assistenti di persone con minorazione della vista, in caso di istituzione del loro profilo professionale nazionale, trascurerebbe la presenza degli ex-istituti speciali per ciechi, che si sono positivamente e ottimamente riconvertiti in funzione dell’inclusione scolastica.
Sembra quindi necessario riaprire la riflessione sul nuovo profilo professionale degli assistenti, anche perché l’articolo del preside Rapisarda fa espressamente riferimento a due figure professionali che sono l’assistente per l’autonomia e la comunicazione degli allievi ciechi e al tiflologo che sarebbe una figura simile al supervisore di cui parla il professor Hanau per le persone con autismo e ADHD (disturbi da deficit di attenzione e iperattività).

E a questo punto sorge naturalmente la domanda se si voglia istituire una figura con formazione “polivalente”, come è attualmente di fatto, o “monovalente”, come sembra da questi due ultimi interventi di studiosi altamente competenti.
Tutto quanto fin qui detto sollecita pertanto la ripresa del dialogo su questa figura professionale, oggi languente, come altri argomenti previsti dal Decreto Legislativo 66/17 che sembrano dimenticati dal livello politico.
Ci si augura che le Associazioni, e specie quelle aderenti a FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), vogliano sollecitare la ripresa dello studio di questa importante serie di problemi, chiedendo di metterli all’ordine del giorno dell’Osservatorio Permanente del Ministero dell’Istruzione e del Merito, giunto alla fine della sua naturale operatività temporale naturale e che lo stesso Ministero potrebbe immediatamente rinnovare, guadagnando il tempo perduto dal mese di settembre dello scorso anno, quando se ne svolse l’ultima riunione, tenendo presente, infatti, che la riunione congiunta con l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, tenutasi all’inizio di marzo, in occasione dell’anniversario della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, è stato un incontro esclusivamente celebrativo.

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