Solo così si potranno veramente chiudere gli istituti

Chiudere finalmente i grandi istituti e accogliere le persone con disabilità non autosufficienti in strutture di piccole dimensioni, inserite in un preciso contesto sociale. Ma la vera deistituzionalizzazione deve passare anche per un coinvolgimento sempre maggiore delle famiglie. Una riflessione successiva alla triste vicenda dell’istituto-ghetto di Serra d’Aiello, in provincia di Cosenza, di cui Superando.it sta seguendo gli sviluppi

René Magritte, La condizione umana, 1933, Washington, National Gallery of ArtCon le sue vergogne, Serra d’Aiello [la località in provincia di Cosenza, ove è sito l’istituto-ghetto del quale Superando.it segue da anni la triste vicenda, N.d.R.] non è un caso isolato. Ci sono infatti altri esempi nel nostro Paese, anche se non si registrano fenomeni di degrado che arrivano alla disumanità, come in questo caso specifico.
Il problema di fondo, però, è il concetto della deistituzionalizzazione delle persone disabili e non autosufficienti. È stato facile nel passato costruire grandi centri che poi sono diventati centri di potere e di malaffare a spese delle persone ricoverate. Era anche il tempo in cui, purtroppo, le famiglie si vergognavano di mostrare un figlio disabile e lo “chiudevano” (ricordate questa definizione che è esplicativa della condizione?) presso un istituto, senza quasi mai andarlo più a trovare.
La politica ci guadagnava perché assumeva personale per scopi clientelari e le persone soffrivano come nemmeno oggi nel Darfur, ma nessuno si scandalizzava. La Sofferenza non fa notizia, mentre se una famiglia abbandona un cane in autostrada… apriti cielo… (con tutto il rispetto, ovviamente).
 
Il bisogno di riconoscere dignità e rispetto della persona impone dunque che questi centri vengano chiusi subito. È necessario che i disabili non  autosufficienti siano deistituzionalizzati e quindi accolti presso strutture di piccole dimensioni e inseriti in un contesto sociale. Solo così si potrà riconoscere e garantire la dignità umana.
Ma la struttura di piccole dimensioni non potrà diventare automaticamente un “non istituto”, se le famiglie continueranno a lasciare i loro figli, senza più occuparsi della loro assistenza e dei loro bisogni.
È necessario perciò incoraggiare una politica di coinvolgimento della famiglia nel processo di vita indipendente della persona disabile. Ricordo a questo proposito uno slogan caro alle più grandi associazioni nazionali della disabilità: Nulla su di Noi Senza di Noi
Bisogna spiegare ai politici che in questo cambiamento non si possono confrontare i costi di gestione di un istituto con quelli di una struttura di pochi posti letto. Anche uno sprovveduto potrà capire che i costi saranno maggiori (anche se a Serra d’Aiello la retta pro capite era astronomica!), ma la qualità di vita sarà migliore e con il tempo diventerà minore la domanda di assistenza, con il conseguente calo degli stessi costi di gestione.
 
Bisogna infine far capire al mondo della politica che è determinante il ruolo delle famiglie oppure delle associazioni che rappresentano quella disabilità, quando si tratta di organizzare una politica di assistenza. Infatti, se si rendono protagoniste le famiglie o le loro associazioni, non ci saranno più casi come quello di Serra d’Aiello.
La Fondazione che ho creato per ospitare otto persone con autismo prevede che le famiglie siano parte del Consiglio di Amministrazione per il semplice loro diritto/dovere di essere protagoniste delle scelte assistenziali e di vita dei loro figli
Non può che essere questo il percorso verso la vera deistituzionalizzazione.
 
*Presidente nazionale ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici). Presidente della Fondazione Marino per l’Autismo ONLUS.
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