I genitori di giovani con disabilità intellettive della Giordania si dicono estremamente preoccupati per il fatto che le istituzioni interessate non abbiano programmato alcun piano per assicurare un futuro ai loro figli. Queste famiglie, infatti, richiedendo che venga prestata una maggiore attenzione a tali problemi, hanno recentemente sollecitato il Ministero per lo Sviluppo Sociale e l’Alto Consiglio sulla Disabilità (Higher Council for the Affairs of Persons with Disabilities – HCAPD) del Paese mediorientale a delineare una strategia che possa garantire ai loro ragazzi una vita decente.
«Sono realmente preoccupato per mia figlia – ha dichiarato ad esempio Mohammad Assan al quotidiano «The Jordan Times» – che a 32 anni non ha un lavoro e tanto meno dei beni in grado di assicurarle una qualità della vita soddisfacente nel momento in cui io e sua madre non ci saremo più».
Hassan ha aggiunto che nonostante la disabilità intellettiva, la figlia possiede abilità che potrebbero essere sviluppate con il giusto supporto, per aiutarla a diventare più indipendente.
«Il pensiero “ce la farà a cavarsela quando noi non ci saremo” – ha concluso il genitore – mi accompagna sempre. Il mio auspicio è che il governo giordano prenda in considerazione questi casi, provvedendo ad esempio a trasferire a mia figlia la mia pensione quando resterà sola».
Anche Maha Masarweh – madre di Sawsan Mansour, atleta con disabilità intellettiva di 26 anni, componente della squadra giordana di Special Olympics – ha espresso la propria preoccupazione riguardo al futuro della figlia.
«La mia speranza – ha dichiarato a «The Jordan Times» – è che vengano istituiti dei centri con alti standard qualitativi, dove i nostri ragazzi possano essere accolti negli anni a venire. Non è infatti il presente ad impaurirmi, ma il fatto che la sua vita possa prendere una “svolta sbagliata” quando non ci sarò più».
Masarweh ha sottolineato inoltre la necessità di creare all’interno della comunità una maggiore consapevolezza riguardo alle abilità delle persone con disabilità intellettiva. «Indubbiamente – ha dichiarato – l’atteggiamento della società appesantisce ulteriormente la nostra situazione; la gente, infatti, non è affatto consapevole delle abilità di questa persone. Sono d’accordo sul fatto che esse potrebbero non essere in grado di soddisfare qualsiasi incarico loro affidato, ma ognuno di loro ha qualcosa che gli piace fare e che può svolgere con entusiasmo».
Sawsan, ad esempio, assicura che il suo sogno è quello di avere un lavoro stabile. «Mi piace lavorare – ha detto -, posso fare i letti e preparare le lenzuola. Vorrei avere uno stipendio come i miei amici».
Anche sua madre, come altri genitori, ha dunque voluto sollecitare le istituzioni competenti a pianificare progetti specifici per sviluppare le abilità delle persone con disabilità. Ma non tutte le persone con una disabilità intellettiva presentano lo stesso potenziale, come ha notato Um Zeid.
«Le persone con altre disabilità – ha spiegato infatti al giornale giordano – possono lavorare ed essere indipendenti, ma io ho un figlio di 19 anni che non ha alcuna possibilità di essere indipendente. Non posso permettermi di mandarlo in un centro privato e mi rifiuto di indirizzarlo in un istituto governativo, che sarebbe come una prigione. Quale sraà dunque il suo futuro? La strada? Non permetterò che questo accada», ha conclsuo Um Zeid, aggiungendo di essere davvero ormai stanca di sollecitare le autorità competenti a prendersi carico del futuro di suo figlio.
Quasi superfluo, poi, evidenziare anche le gravi difficoltà finanziarie vissute dai genitori di ragazzi con disabilità intellettive. Sumaya Salahi, che ha tre figli con disabilità intellettiva, il più vecchio dei quali di circa quarant’anni, ha dichiarato ad esempio che per la sua famiglia è quasi impossibile sostenere le spese e le necessità dei suoi ragazzi.
«Ho dovuto chiedere ai loro due fratelli non disabili di contribuire alle spese mediche. Sono stata altresì in Inghilterra, dove ho visitato alcune realtà altamente specializzate. Il mio sogno è che i miei figli possano essere inseriti in un posto del genere», ha spiegato, aggiungendo che il marito ha superato i 70 anni e questo la preoccupa ulteriormente.
Secondo Salahi ciò che molte persone con disabilità intellettive tollerano di meno è la prospettiva di restare rinchiusi in una stanza, ciò che accade proprio negli istituti presenti sul territorio nazionale.
I problemi economici sono una fonte di preoccupazione anche per Khawlah Khreishah, madre di un bambino con disabilità di otto anni.
«A malapena – ha raccontato – arrivo a pagare i trattamenti per mio figlio che ha una grave disabilità e ha bisogno di cure e medicazioni speciali. E tuttavia sto provando comunque a risparmiare un po’ di soldi, per realizzare un piccolo progetto finalizzato a garantirgli un futuro».
Nonostante dunque la Giordania sia considerata uno dei Paesi più sviluppati in termini di legislazione sulla disabilità, le persone con disabilità intellettiva non sembrano proprio avere alcuna garanzia di una futura vita decente, come spiega Ali Shawahin, manager responsabile per la regione del Medio Oriente/Nord Africa dello sviluppo organizzativo di Special Olympics.
«Nei Paesi occidentali – ha dichiarato recentemente – sono stati realizzati con successo molti progetti indirizzati alle persone con disabilità intellettiva, che potrebbero essere adottati anche in Giordania. In tal senso ho visitato molti centri interessati a queste tematiche, dove le persone con disabilità intellettive vivono in piccole comunità, assistite da caregiver in una situazione che li fa sentire come in casa propria. La speranza è quindi che le nostre istituzioni predano iniziative e lavorino su questo fronte».
Dal canto suo, il segretario generale dell’Alto Consiglio sulla Disabilità, Amal Nahhas, ha fatto sapere che la sua organizzazione non è autorizzata ad istituire delle comunità che ricalchino le peculiarità delle esperienze estere. «I familiari – ha aggiunto tuttavia – possono però formare un comitato o un’associazione e avviare un progetto. In tal caso possiamo fornire loro supporto».
Secondo Mohammad Khasawneh, segretario generale del Ministero per lo Sviluppo Sociale, sono già presenti nel Paese una serie di centri specializzati e in particolare sono diciassette quelli che agiscono sotto la responsabilità del Ministero stesso, inclusi nove che forniscono servizi e riabilitazione, tre che offrono residenzialità, due formazione professionale e altri due dedicati alla diagnosi precoce delle disabilità.
Le famiglie insistono però sul fatto che non affideranno mai e poi mai i loro figli ai centri governativi – per come essi sono strutturati oggi – e ribadiscono la necessità di realizzare strutture dagli alti standard qualitativi, sulla falsariga delle esperienze occidentali.
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Ricordiamo che la Giordania ha sottoscritto sia la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che il Protocollo Opzionale ad essa allegato il 30 marzo 2007 e ha ratificato la Convenzione (non il Protocollo Opzionale) il 31 marzo 2008.
All’interno del Comitato per i Diritti delle Persone con Disabilità – previsto dalla Convenzione per monitorare su scala internazionale l’attuazione di quanto da essa stabilito, oltre alla sua corretta e adeguata implementazione – vi è anche un esponente giordano, vale a dire Mohammed Al-Tarawneh, nominato insieme agli altri undici membri nel novembre scorso (se ne legga, sempre nel nostro sito, al testo disponibile cliccando qui).
Il presente testo – tradotto da Giuliano Giovinazzo e adattato dallo stesso, con la collaborazione di Stefano Borgato – è tratto da un servizio presentato dal giornale «The Jordan Times».
Ad oggi, 15 gennaio 2009, sono esattamente 44 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione. Questo il loro elenco (in ordine cronologico di ratifica):
– Giamaica (30 marzo 2007) – Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Cuba (6 settembre 2007) – Gabon (1° ottobre 2007) – India (1° ottobre 2007) – Bangladesh (30 novembre 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – Nicaragua (7 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Giordania (31 marzo 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Egitto (14 aprile 2008) – Honduras (14 aprile 2008) – Filippine (15 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Qatar (13 maggio 2008) – Kenya (19 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Australia (17 luglio 2008) – Thailandia (29 luglio 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Cina (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Turkmenistan (4 settembre 2008) – Nuova Zelanda (25 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Lesotho (2 dicembre 2008) – Corea del Sud (11 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008).
Per quanto riguarda invece il Protocollo Opzionale alla Convenzione (testo che consentirà al Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità di ricevere anche ricorsi individuali – di singoli o di gruppi di individui – e di avviare eventuali procedure d’inchiesta), a ratficarlo sono stati finora i seguenti 26 Paesi:
– Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Bangladesh (12 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008).
Ricordiamo poi che il Governo Italiano ha approvato il 28 novembre scorso il Disegno di Legge di ratifica (se ne legga, nel nostro sito, al testo disponibile cliccando qui), che ora dovrà passare dal Parlamento.