Olimpiadi e Paralimpiadi: inclusione a tutto campo

Un commento a caldo appena terminate le Paralimpiadi, e ricordando anche le Olimpiadi di inizio agosto: le parole di Giampiero Griffo valorizzano la comunicazione di qualità, dal punto di vista culturale, di entrambe le manifestazioni e in particolare delle relative inaugurazioni, che sono state capaci di offrire uno spettacolo “glamour”, ma all’insegna dell’inclusione sociale

Un’immagine della cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi

Il grande evento di quest’estate è stato senz’altro quello “olimpico-e-paralimpico”, da intendersi come un tutt’unico, secondo quanto vuole sottolineare qui Giampiero Griffo, membro del consiglio mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International). Durante tutto il mese di agosto, infatti, l’attenzione di moltissime persone è rimasta puntata su Londra, spostandosi in successione cronologica dallo svolgimento delle gare olimpiche a quello delle gare paralimpiche.
I significati più alti dello sport e dell’incontro tra i popoli sono stati celebrati, discussi, ammirati, criticati a livello internazionale. Il pubblico di tutto il mondo si è appassionato, emozionato, meravigliato. Oggi, per tirare le fila di questo evento estivo appena concluso – le Paralimpiadi, iniziate il 29 agosto sono terminate infatti ieri, domenica 9 settembre, mentre le Olimpiadi si sono svolte dal 27 luglio al 12 agosto – chiediamo il contributo di Griffo.
«Un evento di importanza e risonanza tale – inizia così il suo commento – e mi riferisco a quello olimpico e paralimpico mettendo tutto insieme, è carico di significati e messaggi che hanno l’opportunità di propagarsi in vaste aree del mondo. Perciò, quello che si riesce a rappresentare e trasmettere ha un valore altissimo».

Chi lo organizza ha la responsabilità di gestire ciò che comunica a livello mediatico.
«Esatto. Da questo punto di vista sono rimasto molto favorevolmente colpito dal messaggio di inclusione che è stato inviato, esplicito in particolare durante le cerimonie d’inaugurazione sia dei Giochi Olimpici che di quelli Paralimpici, direi “a pari merito”».

Cos’ha notato in particolare?
«Intanto in entrambi gli eventi c’è stata la partecipazione della regina Elisabetta. Questo va considerato a parte, ma dato che all’inaugurazione delle Paralimpiadi sono mancati i capi di Stato, che hanno inviato loro delegati mentre hanno garantito la loro presenza all’inaugurazione delle Olimpiadi, il coinvolgimento della Regina ha senz’altro valorizzato a livello internazionale il ruolo dello sport agonistico delle persone con disabilità. Ma non c’è solo questo da dire. Lo spettacolo, sia quello del 27 luglio che quello del 29 agosto, è stato molto inclusivo».

In che modo?
«Le persone che hanno composto le coreografie sono state scelte in rappresentanza di tutte le diversità. C’erano anziani e bambini, persone di etnie diverse, uomini e donne, persone con e senza disabilità. La disabilità è stata sempre rappresentata, anche alle Olimpiadi, ma non ricopriva un ruolo da sola: era soltanto una tra le diversità possibili. Il massimo livello dell’inclusione, quindi. Vista la rilevanza simbolica delle inaugurazioni in questo tipo di eventi, la visibilità che hanno e l’effettivo numero di spettatori (se ne è calcolato un miliardo per quella delle Olimpiadi), mi sembra un risultato da valorizzare».

È la terza volta che Londra ospita le Olimpiadi (1908, 1948 e appunto 2012), giunte quest’anno alla trentesima edizione. La regia della loro cerimonia d’inaugurazione è stata affidata allo sceneggiatore e regista cinematografico di Manchester Danny Boyle, Premio Oscar per il recente The Millionaire e ricordato da molti per il trasgressivo film che nel 1996 lo lanciò alla ribalta internazionale, Trainspotting.
Per l’occasione il filmaker ha realizzato anche il cortometraggio Happy and Glorious, che ha visto in scena lo 007 Daniel Craig e niente meno che la regina Elisabetta. E se durante l’inaugurazione delle Olimpiadi l’ha fatta da padrone l’attore comico Rowan Atkinson (“Mr Bean”), alle Paralimpiadi i fari sono stati puntati sullo scienziato Stephen Hawking che ha aperto la cerimonia con un discorso introduttivo. Le Paralimpiadi sono giunte quest’anno alla loro sedicesima edizione. Insieme a Hawking hanno raccontato la disabilità anche un gruppo di artisti circensi disabili, tutti diretti dai coreografi Jenny Sealey e Hemmings Bradley.

Cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Londra 2012

Un’altra immagine della cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Londra 2012. Al centro il celebre astrofisico Stephen Hawking

Le quattro cerimonie, d’apertura e chiusura di entrambe le manifestazioni sportive, sono state coordinate da un’altra figura artistica di spicco nel monto britannico: il regista cinematografico Stephen Daldry (autore di Billy Elliot e dei più recenti The Reader e Molto forte, incredibilmente vicino), e forse anche questa figura contribuisce alla percezione di unità intercettata da Griffo.
«Dal punto di vista della valorizzazione del messaggio di inclusione, non ho visto differenza tra le cerimonie – prosegue infatti lo stesso Griffo – e non è un aspetto da dare per scontato. Quando lo spettacolo raggiunge tali livelli mediatici, di solito non può sottrarsi alle regole del glamour che esclude tutta una serie di figure “non glamour”. Invece qui, senza nulla togliere alla bellezza, al senso di meraviglia e stupore, è stato possibile includere rappresentanti di tutte le diversità. Mi sono reso conto di come, a livello di comunicazione, questi coordinatori siano “avanti”, abbiano affrontato un percorso concettuale che ha permesso loro di proporre messaggi all’avanguardia. Da questa Londra noi abbiamo solo da imparare».

Noi chi?
«Noi mass media italiani. Se penso alla nostra televisione, non posso dire che tutte le diversità vi siano normalmente rappresentate. Piuttosto, mi pare che ci sia una fatica, ogni volta, perché una storia che abbia a che fare con la disabilità venga valorizzata, o che un personaggio con disabilità emerga non in quanto disabile, ma in quanto capace di qualcosa di specifico nell’ambito dello spettacolo.
Una famosa presentatrice televisiva olandese ha una disabilità motoria ed è famosa in quanto brava presentatrice, non in quanto persona con disabilità. Da noi le poche volte che un disabile “buca” lo fa ancora, troppo spesso, in termini pietistici oppure di “eccezionalità”. Gli interventi, anche quelli di qualità, sono comunque di nicchia. Nella RAI sono quasi di esclusivo appannaggio del Segretariato Sociale. È insomma una questione culturale».

Ma come si può fare per stimolare il cambiamento culturale nei nostri media?
«Innanzitutto studiando la situazione, e poi promuovendo interventi diversi. Per quanto riguarda lo studio della situazione, vorrei citare un report della Fondazione milanese IULM, intitolato Comunicare la disabilità, a cura di Vincenzo Russo, che conferma quanto sto dicendo. Il report si riferisce soltanto alla situazione milanese e si circoscrive alla comunicazione dei servizi alla persona, ma ci sono delle riflessioni che rispecchiano il trand generale».

A proposito di questo articolato e interessante studio, Superando prevede un approfondimento che permetterà di proseguire le riflessioni qui iniziate da Giampiero Griffo. Riguardo poi il tentativo di proporre nei media interventi di qualità che promuovano politiche di inclusione, invitiamo i Lettori a segnalarci buoni esempi apparsi nei tempi più recenti.

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