I “cari” ausili

E alla fine, il genitore di una giovane con gravissima disabilità, come Giorgio Genta, da tempo appassionato “in modo patologico” di “ausili-fai-da-te”, elabora anche un sistema di motorizzazione per il suo ausilio denominato M.O.S.T.R.O. (Modulo Omnicomprensivo Sinergico alle Tecniche Riabilitative Olistiche), nato dall’esigenza di riunire il lettino da fisioterapia e il piano di statica in un unico manufatto

Ausilio elaborato da Giorgio Genta nella propria casa

La motorizzazione del M.O.S.T.R.O. (Modulo Omnicomprensivo Sinergico alle Tecniche Riabilitative Olistiche), “ausilio-fai-da-te” elaborato da Giorgio Genta

Come altre volte è accaduto, anche il titolo di questa mia nota è giocato su un doppio senso. “Cari” ausili perché costano molto, a chi li paga e a chi li usa (a questi ultimi in fatica e frustrazione, se non sono adatti o adattati alle sue necessità). Ma “cari” anche perché diventano qualcosa di prezioso, oggetto di un legame quasi affettivo, se permettono di attenuare o superare un handicap.

È uscito recentemente da Erickson il libro di Nicola Gencarelli Ausili fai da te. Creare e adattare oggetti e strumenti tecnologici per la disabilità, ove l’Autore analizza appunto il problema del costo degli ausili e delle soluzioni alternative al loro acquisto. Confesso di non averlo ancora letto (mi riprometto di farlo, appena rompo il salvadanaio), ma tale argomento mi appassiona “in modo patologico” da circa una ventina d’anni.
Chi ha abbastanza tempo da perdere per leggere le piccolezze che scrivo, sa della mia lunga carriera di “autocostruttore” o meglio di costruttore by appointment di Sua Maestà Silvia – mia figlia con una gravissima forma di disabilità – alla quale, poverina!, tocca poi collaudare e usare i miei lavori. Dal banco di scuola per l’asilo ai piani di statica “da viaggio” (pieghevoli e trasformabili in… contenitori per le bottiglie dell’alimentazione enterale!), sino al recente M.O.S.T.R.O. – che sta per Modulo Omnicomprensivo Sinergico alle Tecniche Riabilitative Olistiche – è stato tutto un susseguirsi di hobbistiche follie e il calo della manualità dovuto al progredire dell’età canuta, ha esacerbato la monomania anziché attenuarla.
L’idea di partenza è quasi sempre encomiabile: avere cioè un ausilio “perfettamente” personalizzato e a costo “quasi zero”. Su quest’ultimo “quasi” i pareri sono assai discordi. Malevoli voci familiari (Nemo propheta in patria) indicano tali costi due o tre volte superiori a quelli del corrispondente ausilio “griffato”, ma, si sa, i giovani, da che mondo e mondo, criticano gli anziani con un certo piacere.

Ma torniamo al citato M.O.S.T.R.O., già oggetto su queste stesse pagine di un delirante articolo: era pressoché perfetto, carente solo di motorizzazione, e anche gli svariati malanni ossei dell’addetto alla verticalizzazione – il sottoscritto – ne evidenziavano la necessità.
Quand’ecco che una sorta di “divina illuminazione” colpisce lo scellerato inventore: perché non collegare l’ausilio-fai-da-te al sollevatore a binario che troneggia con la sua severa tecnologia dall’alto del soffitto della medesima stanza ove esso giace? Presto fatto: 80 centimetri di cinghia da avvolgibili recuperata in un disordinatissimo garage/magazzino degli orrori, due viti a legno da 3 centimetri di lunghezza, alcune rondelle e oplà, il gioco è fatto e a costo zero!
La testata del M.O.S.T.R.O è ora munita di una sorta di bretella (naturalmente a scomparsa !) che ne permette il collegamento al bilanciere del sollevatore a binario e al piano di statica nonché alla sua graziosa occupante: oggi, quindi, tutti insieme assurgono dolcemente alla posizione verticale, con un semplice tocco al telecomando.
Per evitare a questo punto altre tre o quattro pagine di noiosissima descrizione tecnica, rimando all’immagine qui a fianco pubblicata. Esplicativamente chiara. Come la follia dell’autore.

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